Templari di San Bernardo
Congregazione laicale cattolico-cavalleresca di ispirazione templare
 
 
 
  Araldo dei Templari
 

Accogliamo, in un tempo di confusione, l'invito rivolto dall'abate Stefano a San Bernardo ed ai suoi Confratelli

“Siate uomini!”

L'antidoto ai guai ed alle fragilità del mondo d'oggi -dice Benedetto XVI- è la Croce. Da testimoniare. Desiderando l'Infinito.

Ciò che colpisce, nel Magistero di Papa Benedetto XVI, è la concretezza della fede proposta, incarnata nella nostra vita quotidiana. Del resto, già lo evidenziò il Beato Giovanni Paolo II nell'enciclica “Centesimus Annus”, al n. 57: “Per la Chiesa il messaggio sociale del Vangelo non deve esser considerato una teoria, ma prima di tutto un fondamento ed una motivazione per l’azione. Oggi più che mai la Chiesa è cosciente che il Suo messaggio sociale troverà credibilità nella testimonianza delle opere, prima che nella sua coerenza e logica interna”. Non bastano quindi le astrazioni, né servono castelli in aria: occorre agire.

Nell'ultimo messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù, svoltasi a Madrid nell'agosto dello scorso anno, il Santo Padre ebbe proprio modo di evidenziare le sfide, con cui siamo chiamati ogni giorno a confrontarci: quella del laicismo, “che vuole emarginare Dio dalla vita delle persone e della società”, inventandosi paradisi artificiali alternativi, che in realtà divengono poi “un inferno: prevalgono gli egoismi, le divisioni nelle famiglie, l'odio tra le persone e tra i popoli, la mancanza di amore, di gioia e di speranza”. Nei fedeli “contagiati da idee estranee al Vangelo”, sedotti dalla secolarizzazione oppure da correnti religiose, “che allontanano dalla fede in Gesù Cristo”, si notano una fede ed una moralità raffreddate ed impoverite, quasi disarmate, con gravi limiti di fronte alle grandi, inevitabili domande, che prima o poi si propongono al cuore di ogni uomo. Cos'ha la Chiesa, allora, da proporre quale antidoto a tutto questo? La Croce. Gesù Cristo si è offerto sulla Croce, proprio per donarci il Suo amore, liberarci dalla schiavitù del peccato, farsi carico delle nostre sofferenze ed ottenere per noi il perdono e la riconciliazione col Padre, spalancandoci le porte della vita eterna. Certo, “spesso la Croce ci fa paura -osserva il Sommo Pontefice- perché sembra essere la negazione della vita. In realtà, è il contrario”, è fonte di vita nuova, è il “sì di Dio all'uomo”, che accetta di alzare gli occhi verso il Crocifisso. Come fecero, come fanno i santi ed i martiri, superando così ogni avversità. In quest'ottica si comprende bene il richiamo che l'allora abate di Cîteaux, Stefano Harding, rivolse a Bernardo ed a ciascuno degli altri 31 novizi, tra familiari ed amici, entrati con lui in monastero, per abbracciare la vita religiosa: “Viriliter age” ovvero “agisci in modo virile”, altrimenti tradotto con “Siate uomini! Agite da uomini, fate ogni cosa in modo virile, forte e determinato, perché così sempre Cristo si comportò negli anni della Sua vita terrena”. Ed ancora l'abate Stefano spiegò la modalità: “Siate intenti solo a quello che fate in quel momento; se siete occupati in un lavoro, umile o meno che possa apparire, nella preghiera o nello studio, nel canto o nella meditazione, mettete il cuore ed ogni vostra energia sia dedicata a quel preciso scopo, escludete in quell'istante ogni altra cosa”. Consiglio “pedagogico” ancor più utile oggi, in un contesto sociale in cui i messaggi costantemente e da ogni parte (cellulare, mail, messenger, social network, colleghi, amici,...) ci sottopongono alla prova della distrazione, quasi mai vinta. L'abate Stefano ci invita a concentrare le nostre menti ed i nostri cuori, invece, su ciò per cui valga la pena d'agire, sull'essenziale. E' un richiamo costante a tornare alla radice, all'origine del nostro essere. Noi siamo “per servire Dio - ricordava San Bernardo- Gli affari di Dio sono i miei affari. Nulla di ciò che Lo riguarda, mi è estraneo”. Era questo -e nient'altro- a spinger lui, fatto per il chiostro, a percorrere invece le strade d'Europa, dirimendo questioni delicatissime, sciogliendo intricatissimi nodi teologici, affrontando lo scisma con le armi della fede.

“Non vergognatevi del Signore”, ha detto Benedetto XVI a Madrid, lo scorso anno. E' importante non “nascondere la propria identità cristiana”. Anzi: è importante “desiderare qualcosa di più della quotidianità regolare e sentire l'anelito per ciò che è realmente grande. L'uomo è veramente creato per l'infinito. Qualsiasi altra cosa è insufficiente. Sant'Agostino aveva ragione: il nostro cuore è inquieto sino a quando non riposa in Te. Il desiderio della vita più grande è un segno del fatto che ci ha creati Lui, che portiamo la Sua impronta”. Nelle parole di Benedetto XVI rileggiamo in controluce un breve passo del sermone scritto da San Bernardo a Ugo di Payens: “E' senza dubbio impavido e sicuro su tutti i lati quel cavaliere, che riveste il corpo della corazza di ferro, l'anima della corazza della fede: munito di ambedue le corazze, non teme né demonio, né uomo. E neppure teme la morte”. Ecco, di quale divina protezione -ieri come oggi come domani- necessitiamo: indossiamo, allora, la “corazza della fede”. In un tempo in cui mancano punti di riferimento stabili, in cui il relativismo uccide le certezze e sparge opinioni, diffondendo nella migliore delle ipotesi instabilità, smarrimento o conformismo, occorre offrire basi sicure, solide, alla scuola di San Paolo: “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede” (Col 2,7). Radicati quindi nella famiglia, nella cultura e nell'identità di un popolo, ma soprattutto nella fiducia in Dio, in una fede personale in Cristo: “La fede cristiana -ha osservato il Santo Padre- non è solo credere a delle verità, ma è anzi tutto una relazione personale con Gesù Cristo, è l'incontro con il Figlio di Dio”. Ancora una volta è una proposta concreta, quella che avanza... Ma come? Dove? Dio, ci ricorda Benedetto XVI, “nei Sacramenti si fa particolarmente vicino a noi, si dona a noi”. L'importante è imparare “a 'vedere', a 'incontrare' Gesù nell'Eucaristia, dove è presente e vicino fino a farsi cibo per il nostro cammino; nel Sacramento della Penitenza, in cui il Signore manifesta la Sua misericordia nell'offrirci sempre il Suo perdono”. Oltre che nel servirLo nei poveri, nei malati, nei fratelli in difficoltà. Non solo: “Aprite e coltivate un dialogo personale con Gesù Cristo nella fede. Conoscetelo mediante la lettura dei Vangeli e del Catechismo della Chiesa Cattolica; entrate in colloqui con Lui nella preghiera, dategli la vostra fiducia: non la tradirà mai!”. Disse ancora San Bernardo: “Tu ti elevi con la tua preghiera e la tua vita verso il regno di Dio, sali giorno dopo giorno la scala della perfezione che rende la nostra vita così bella, anche se spesso là fuori, nel mondo, ridono di noi, della nostra povertà ricercata, della liturgia e del trascorrere del tempo segnato dall'Ufficio e dalla preghiera”. Lasciamoli ridere. Ed indossiamo la nostra corazza, la corazza della fede. Oggi come ieri, accogliamo l'invito dell'abate Stefano: “Siamo uomini!”.

Mauro Faverzani


Scudetto della Congregazione T.S.B.

 

 
   

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