Templari di San Bernardo
Congregazione laicale cattolico-cavalleresca di ispirazione templare
 
 
 
  Storia
 

Le origini dell’ordine Cistercense

Brevi osservazioni sugli studi degli ultimi quindici anni

(1954-1969)

Di P. Policarpo Zakar
 

Il presente studio è apparso in tedesco nella rivista “Analecta S. Ord. Cisterciensis” del 1964, vol. XX Fasc. 1-2, pp. 103-138 ed il suo titolo originale è: Die Anfänge des Zisterzienserordens. Kurze Bemerkungen zu den Studien der letzten zehn Jahre. La traduzione italiana fatta da P. Edoardo Liconti e P. Luciano Lucchetti, curata da P. Goffredo Viti, è stata anche aggiornata dallo stesso autore P. Policarpo Zakar. Ringraziamo l’autore e i collaboratori per l’edizione italiana.

Elenco delle abbreviazioni:

BOUTON

G. de beaufort (alias Jean de la Croix bouton), La Charte de Charité Cistercienne et son évolution, RHE 49(1954) 391-437.

CC

Carta Caritatis.

CC1

Carta Caritatis prior, ed. turk 1,52-56.

CC2

Carta Caritatis posterior, ed. turk 1,57-61.

Documenta

Documenta pro Cisterciensis Ordinis historiae ac juris studio collecta a J.B. Van Damme, Westmalle 1959.

Ex. Cist.

Exordium Cistercii (incipit: In Episcopatu Lingonensi) ed. lefèvre 2, 97-98.

Ex. Parvum

Exordium Parvum (incipit: Nos Cistercienses), ed. Documenta, 5-15.

FICHES

J. de la Croix bouton, Histoire de l’ordre de Citeaux, Westmalle 1958-1968.

GUIGNARD

Ph. GUIGNARD, Les monuments primitifs de la règle cistercienne publiés d’après les manuscrits de l’Abbaye de Cîteaux, Dijon 1878.

KNOWLES

D. KNOWLES, The Primitive Cistercian Documents, in: Great Historical Enterprises. Problems in Monastic History, London – Edinburgh, s.a. (1963) 199-224.

LAIBACH 31

Laibach (Ljubljana), Universitätsbibliothek, Ms. 31, ed. Anacleta S.O. Cist. 6 (1950) 1-124.

LEFÈVRE 1

J.-A. LEFÈVRE, La véritable Carta Caritatis primitive et son évolution. 1114-1119. Coll. OCR. 16 (1954) 5-29;

LEFÈVRE 2

ID.,La véritable constitution Cistercienne de 1119, Coll. OCR 16 (1954) 77-104.

LEFÈVRE 3

ID., A propos de la composition des Instituta Generalis Capituli apud Cistercium, Coll. OCR 16 (1954) 157-182.

LEFÈVRE 4

ID., Pour une nouvelle datation des Instituta Generalis Capituli apud Cistercium, Coll. OCR 16 (1954) 241-266.

LEFÈVRE 5

ID., Les traditions manuscrites des Usus Conversorum de Cîteaux, Coll. OCR 17 (1955) 11-39.

LEFÈVRE 6

ID., L’évolution des Usus Conversorum de Cîteaux, Coll. OCR 17 (1955) 65-97.

LEFÈVRE 7

ID., Un texte inconnu de l’Exordium Cistercii et de la Summa CC dans le ms. Melun 55, Coll. OCR 17 (1955) 265-271.

LEFÈVRE 8

ID., A propos des sources de la législation primitive de Prémontré, Anal. Praem. 30 (1954) 12-19.

LEFÈVRE 9

ID., Le vrai récit primitif des origines cisterciennes est-il l’Exordium Parvum?, Le Moyen Age 61 (1955) 79-120 e 329-361.

LEFÈVRE 10

ID.,A propos d’un nouxeau texte de la CC Prior dans le ms. Metz 1247, Revue Bénéd. 65 (1955) 90-109.

LEFÈVRE 11

ID., Une bulle inconnue d’Alexandre III dans le ms. Dijon 87, Cist.-Chronik 62 (1955) 1-8.

LEFÈVRE 12

ID., S. Robert de Molesme dans l’opinion monastique du XIIe et du XIIIe siècle, Anal. Bollami. 74 (1956) 50-83.

LEFÈVRE 13

ID., Que savons nous du Cîteaux primitif?, RHE 51 (1956) 5-41.

LEFÈVRE 14

ID., Les traditions manuscrites des l’Exordium Parvum, Scriptorium 10 (1956) 42-46.

LEFÈVRE 15

ID. – B. LUCET, Les codifications cisterciennes aux XIIe et XIIIe siècle d’après les traditions manuscrites, Analecta SOC 15 (1959) 3-22.

SUMMA CC

Summa Cartae Caritatis, ed. LEFÈVRE 2, 99-181 e Documenta 23-25.

TRENTO 1711

Trento, Biblioteca Comunale, Manoscritto 1711, ed. Documenta 21-28 (Ex. Cist.; Summa CC, Capitula) e Analecta SOC 12 (1956) 153-288 (Eccles. Officia).

TURK 1

J. Turk, Charta Caritatis Prior, Analecta SOC 1 (1945) 11-61.

TURK 2

ID., Cistercii Statuta antiquissima, Analecta SOC 4 (1948) 1-159.

VAN DAMME 1

J. B. VAN DAMME, Autour des origines cisterciennes Coll. OCR 20 (1958) 37-60; 153-168; 374-390 e 21 (1959) 70-86; 137-156. Gli articoli sono apparsi anche in “estratto” sotto lo stesso titolo: Westmalle 1959, pag. 95. Noi citiamo secondo il numero originale delle pagine degli articoli, dunque van damme 1, 1958, 40 significa: Coll. OCR 20 (1958) 40.

VAN DAMME 2

ID.,Genèse des Instituta Generalis Capituli, Cîteaux 12 (1961) 28-60.

VAN DAMME 3

ID., Formation de la Constitution Cistercienne, Esquisse historique, Studia Monastica 4 (1962) 111-137.

VAN DAMME 4

ID., La Constitution Cistercienne de 1165, Analecta SOC 19 (1963) 51-104.

WINANDY

J. WINANDY, Les origines de Cîteaux et les travaux de M. Lefèvre, Rev. Bénéd. 67 (1957) 49-76.

 

N. B. – Supponiamo una conoscenza, anche se molto sommaria, dei documenti da noi discussi. Due di essi riferiscono le origini dell’Ordine: il primo (Ex. Parvum) consta di diciannove capitoli, riporta nel testo anche otto documenti; il secondo (Ex. Cistercii) consta di solo due capitoli. Quanto alla CC sono da distinguersi quattro documenti: la CC primitiva, la CC1, la Summa CC e la CC2. Il loro contenuto sarà esposto nel nostro articolo.

 

Il vecchio maestro della storia dell’Ordine Cistercense, P. Gregorio Müller, nel 1927, all’epilogo della sua Storia dell’Ordine ha scritto quanto segue:

“Proprio alla fine apprendiamo una notizia sensazionale, cioè che il tolosano D. A. Trilhe avrebbe scoperto un codice dal contenuto del quale si rileva che la Storia della fondazione e delle origini dell’Ordine dovrebbero essere esposte in un modo del tutto diverso, dato che perfino la CC, come ora generalmente è conosciuta, non sarebbe l’originale, ma una posteriore amplificazione. Noi aspettiamo con ansia le pubblicazioni che il nominato Autore farà su ciò”[i].

Trilhe non poté pubblicare il testo scoperto, poiché morì poco dopo (3 maggio 1930). Altrettanto poco fece il suo amico P. Otto Ducourneau O.C.S.O. († 1929), dell’Abbazia di Acey, il quale pure voleva farne una pubblicazione. Il testo apparve stampato solamente nel 1932. L’edizione fu curata dal P. Tiburzio Hümpfner dell’Abbazia di Zirc[ii]. Si tratta del codice manoscritto latino 4346 della Biblioteca Nazionale di Parigi, il quale accanto al già conosciuto Exordium Parvum ed Exordium Cistercii contiene ancora altri quattro capitoli, ai quali egli, a causa di una espressione nel testo diede il titolo di Summa Cartae Caritatis[iii]. Hümpfner si limitò all’edizione del testo[iv] ed espose la sua opinione dicendo che si trattava di un riassunto della “primitiva CC”, che fu approvata da Eugenio III nel 1152, ma che tuttavia presentava un testo della CC più antico di quello conosciuto fino allora[v]. Per lungo tempo non si andò oltre, non si esaminò minuziosamente il testo scoperto e non lo si paragonò con la tradizionale CC in tutte le sue particolarità, ma si tentò di trovare la originale CC[vi].

L’anno 1939 portò finalmente la sorpresa: Joseph Turk, professore della Università di Laibach scoprì, nel manoscritto 31 della Università di Laibach, una versione più antica della CC, che egli chiamò CC Prior, per distinguerla dal testo fino allora conosciuto, al quale egli diede il nome di CC Posterior. Nel 1942 pubblicò, in una prima edizione in sloveno, il suo lavoro con un sommario latino[vii] ed infine nel 1945 pubblicò il suo lavoro in latino[viii]. Nel 1948 investigò ancora più minuziosamente le origini dell’Ordine Cistercense e pubblicò le sue opinioni sotto il titolo “Cistercii Statuta Antiquissima”[ix]. Con queste pubblicazioni venne fatto un passo molto grande nella nostra storiografia. Le opinioni di Turk vennero generalmente apprezzate e nessuno sospettava perciò che le origini di Cîteaux, per gli storici, avrebbero suscitato ben presto gravi problemi[x].

Infatti già nel 1952 Jean Leclercq O.S.B. pubblicò un articolo su un manoscritto da lui scoperto nella biblioteca di Trento, e questo manoscritto è certamente più antico di quello scoperto da Turk[xi]. Questa scoperta rianimò le ricerche intorno alle origini dell’Ordine Cistercense. Tra il 1954 e il 1956 J.-A. Lefèvre pubblicò 14 articoli su diverse riviste[xii], che in parte egli compendiò, ampliò e corresse nella tesi presentata nel 1956 alla Università di Lovanio, la quale, però, ancora non è stata pubblicata[xiii].

Lefèvre con i suoi articoli ha messo in dubbio molte tesi tradizionali, parecchie le ha rigettate ed ha fatto apparire l’origine dell’Ordine Cistercense in una luce del tutto diversa da quella considerata fino allora. Lefèvre fu aspramente criticato da parecchi storici, ma egli dopo il 1956 scrisse molto poco, senza rispondere alle obiezioni posteriori[xiv]. Il risultato è che circa l’origine dell’Ordine Cistercense non ci si vede troppo chiaro[xv].

Non si distingue chiaramente ciò che è sicuro da ciò che è una semplice ipotesi, ciò che è essenziale da ciò che è secondario.

Da qualche anno si ha un po’ più di quiete sulla questione. Noi ci serviamo di questo fatto per riferire semplicemente lo stato della questione, poiché a noi mancano relazioni compendiate[xvi], ed in italiano fino a questo punto non è stato scritto quasi nulla. Si tratta solo di una discussione agitata dai francesi[xvii].

Abbiamo deciso di scrivere questo lavoro non senza preoccupazioni, poiché la materia è molto estesa[xviii] e noi non desideriamo aggiungere una nuova teoria alle molte già esistenti. Ma poiché abbiamo trattato la questione nelle lezioni di Storia dell’Ordine Cistercense nella facoltà teologica dell’Ateneo Pontificio di Sant’Anselmo, abbiamo creduto che la nostra opinione, esposta a modo di annotazioni, sarebbe stata forse utile ad alcuni.

Nelle nostre note spesso useremo espressioni come “ci sembra”, “la tesi non ci ha convinto” ecc., ciò perché noi non vogliamo giudicare categoricamente con un sì o con un no. Queste espressioni significano che noi riteniamo insufficienti le prove portate fino a questo punto. Un modo di parlare più deciso, richiederebbe di formulare delle tesi proprie e provarle, ma noi con questo lavoro non abbiamo in mente di fare ciò. Per evitare ripetizioni, le nostre osservazioni critiche si limitano solo agli studi del P. Van Damme, poiché se da una parte i risultati positivi e i limiti saranno messi a punto chiaramente già nella descrizione degli autori che lo precedono, d’altra parte solo i lavori del P. Van Damme, almeno per quanto ne sappiamo, sino ad ora non sono stati sottoposti ad un esame critico.

Sia anche rilevato espressamente, che spesso non vogliamo toccare questioni particolari e che in nessun modo abbiamo in mente di dare una bibliografia completa. Anche l’omissione di alcuni articoli o opinioni non vuole essere un giudizio[xix].

La discussione odierna verte principalmente su due questioni, che del resto dipendono l’una dall’altra, cioè sulle questioni di datazione e del testo critico. Queste hanno una grande importanza, poiché tutta la storia delle origini dell’Ordine Cistercense dipende dalla soluzione di questo problema e solo in questo modo può essere vista e compresa l’evoluzione del diritto primitivo dell’Ordine.

I. Tesi e ipotesi di J.-A. Lefèvre

a) La tesi fondamentale

Lefèvre cerca soprattutto di stabilire la relazione tra la CC, CC2 e la Summa CC e la loro rispettiva datazione. Già dopo una lettura superficiale appare chiaro che la CC2 è il documento più recente tra questi, mentre è molto più difficile stabilire le relazioni tra la CC1 e la Summa CC e quindi datarle.

Per risolvere il problema, Lefèvre esaminò sistematicamente i manoscritti, che prima di lui molto poco erano stati tenuti in considerazione[xx]. Oltre a ciò egli ha constatato che in alcuni manoscritti si trova prima una introduzione storica, poi una composizione di testi, quindi statuti più piccoli, il “Liber Usuum” e spesso anche 1’”Usus Conversorum”[xxi].

Secondo Lefèvre, specialmente i primi quattro elementi sono necessari per una completa codificazione e perciò divide i manoscritti in “completi” ed “incompleti”. Il confronto dei manoscritti “completi”, cioè Trento 1711 e Laibach 31[xxii] presenta il seguente quadro[xxiii].

 

Trento 1711:

Laibach 31:

1) Introduz. letteraria:

Ex. Cistercii (cap. 1-2)

Ex. Parvum

2) Costituzioni:

Summa CC (cap. 3-6)

CC1

3) Statuti dei Cap. Gen.:

Capitoli 7-26 del Ms.

Instituta Cap. Gener.

4) Ecclesiastica Officia:

Capitoli 27-143 del Ms.

123 numeri[xxiv]

5) Usus Conversorum:

Propria numerazione[xxv]

Oggi mancano

Poiché i testi non dicono niente rispetto alla loro origine[xxvi], Lefèvre cominciava col confrontare i testi corrispondenti. Gli “Usus Conversorum” non vennero messi in questione, poiché essi in Laibach 31, per lo meno oggi, mancano e anche in Trento 1711, e come mostra la enumerazione a se stante, non facevano parte del “corpus” primitivo.

Riguardo agli “Ecclesiastica Officia”, dalla comparazione dei testi appariva chiaro fin dall’inizio che Trento 1711 mostrava una redazione più antica di almeno venti anni[xxvii]. Il confronto degli “Instituta Generalis Capituli apud Cistercium” mostrò che anche in questo caso Laibach 31 ha una forma più recente[xxviii]. Lefèvre esaminò poi “l’introduzione letteraria” dei documenti e pensò che il breve e semplice Ex. Cistercii fosse molto più antico dell’Ex. Parvum, e che questo, secondo lui, era una specie di “libro bianco”[xxix]. Ciò significa che per Lefèvre, fra i tre testi confrontati, quello di Trento 1711 conteneva sempre un testo più antico di Laibach 31. In base a queste ragioni, Lefèvre supponeva la stessa cosa per il quarto documento, la Charta Caritatis, cioè la priorità del testo contenuto nel Ms. Trento 1711 (Summa CC) rispetto alla CC1. Egli poi cercò di provare la sua tesi anche con argomenti interni[xxx].

I manoscritti di Trento 1711 e Laibach 31 contengono – così pensava Lefèvre – due codificazioni: Trento la prima, Laibach la seconda. E poiché noi conosciamo fino al 1152 soltanto due conferme pontificie di tutta la codificazione cistercense, Lefèvre datò la codificazione contenuta in Trento 1711 al 1119, e quella del manoscritto di Laibach 31 al 1152[xxxi]. Questa opinione forma la tesi fondamentale di Lefèvre.

Accettare però che la Summa CC sia stata presentata a Callisto II e confermata come parte della codificazione del 1119 è una grande difficoltà, per la sua teoria. Infatti la" Summa CC viene introdotta dall’Exordium Cistercii con le seguenti frasi:

“Nec cessavit ei Deus in dies multiplicare gentem…, donec tam de suis quam de filiis filiorum suorum viginti, infra annos circiter duodecim, de solis patribus rnonaste-riorum… laeta mater conspiceret…[xxxii].

…Unde et scriptum illud Cartam Caritatis competenter voluit nominari… Quae quidem carta, sicut ab eodem patre [Stephano] digesta et a praefatis viginti abbatibus confirmata, sigilli quoque apostolici auctoritate munita est, largius continet ea, quae diximus, sed nos summam tantum eorum hic breviter perstringemus”[xxxiii].

Dal testo si deduce che in quel tempo:

1)     La conferma già aveva avuto luogo (munita est);

2)     l’Ordine aveva già venti abati;

3)     la Summa CC è solo un riassunto (largius continet… breviter perstringemus).

La Summa CC non poté dunque essere presentata a Callisto II in questo modo con l’Ex. Cist. nel 1119.

“Nec cessavit ei Deus in dies multiplicare gentem donec tam de suis quam de filiis donec tam de suis quam filiis filiorum suorum, filiorum suorum viginti, viginti infra annos circiter, infra annos circiter duodecim, duodecimi de solis patribus monasteriorum de solis patribus monastenorum … laeta mater conspiceret … laeta mater conspiceret

La questione è dunque: Cîteaux ha avuto 12 abati in 20 anni – così pensò Turk 2, 74-78 e lefèvre 2, 90 e lefevre 9, 83-84 oppure 20 abati in 12 anni come pensano altri autori.

Inoltre è da tener presente che gli autori non convengono né in riferimento al “terminus ad quem” di questi anni, né in riferimento al “terminus a quo” di questi dodici o venti anni (1118/19: venti anni dalla fondazione di Cîteaux; 1124/25: dodici anni dalla entrata di S. Bernardo, ecc.).

Per quanto riguarda la interpunzione, la seguente frase sia per Turk che per Lefèvre è decisiva: “Non enim arbitrata est incongruum (mater cisterciensis) si Sancti Benedicti,. cuius amplectebatur instituta, imitaretur et exempla”, dove essi vedono una allusione ai 12 monasteri di S. Benedetto a Subiaco. Anche l’Ex. Parvum, cap. XVIII, parla di dodici monasteri.

Una terza possibilità di interpunzione offrirebbe del testo ancora un terzo senso: “… donec tarn de suis quam de filiis filiorum suorum, viginti infra annos, circiter duodecim de solis patribus monasteriorum…”

Lefèvre pensa perciò che:

1)     La frase della susseguita approvazione sia una interpolazione posteriore[xxxiv].

2)     I “viginti abbates” sia un errore di uno dei primissimi copisti, il quale invece di dodici abati abbia scritto venti[xxxv].

3)     La parola “Summa” in nessun modo significa un riassunto, ma un nuovo ordine sistematico degli statuti[xxxvi].

Lefèvre ha considerato tutte queste affermazioni come tesi dimostrate. Nei suoi articoli relativi alla questione non appare nessuna esitazione e nessuna incertezza[xxxvii].

b) L’origine della Carta Caritatis

Accanto alla questione fondamentale della datazione, Lefèvre si occupò nello stesso tempo anche di una analisi critica dei testi nominati. Anche su questo punto egli ha presentato molte tesi.

Già nel suo primo articolo pensa di poter provare che il testo della CC1 pubblicato da Turk sia interpolato[xxxviii], anzi afferma persino che dal testo si può vedere come la CC1 sia nata. Secondo Lefèvre:

1)     Nel 1114 nacquero i primi tre capitoli, che solo l’abate di Cistercio diede ai suoi monasteri figli; egli parla sempre in prima persona plurale (Cap. I-Ili);

2)     Nel 1115-1116 vennero aggiunti a questi capitoli nuove decisioni che furono redatte dopo la fondazione, da parte di Cîteaux, di nuovi monasteri figli: i capitoli che parlano del “conventus annuus abbatum”. Questi capitoli hanno uno stile diverso. Sono impersonali, congiuntivi, non sono più dati solo dall’abate Stefano, ma sono decisioni collettive degli abati, le quali più tardi nella CC2 saranno ancora modificate un poco (Cap. IV-VII);

3)     Nel 1118-1119, dopo la fondazione dei monasteri figli anche da parte delle prime fondazioni di Cîteaux, divennero necessari ancora altri statuti (Cap. VIII-XI)[xxxix].

Lefèvre non fu il primo a fissare l’origine della CC prima del 1119. Già O. Ducourneau dedusse dalla prefazione della CC (“antequam abbatiae Cistercienses florere inciperent”), che doveva essere datata nel 1113[xl]. Lefèvre data i primi tre capitoli al 1114 e si basa sul documento di fondazione di Pontigny[xli] e sul giuramento che il primo abate di Pontigny prestò al Vescovo di Auxerre[xlii]. Secondo Lefèvre, nella fondazione di La Ferté (1113) questa Carta ancora non esisteva e non era necessaria, poiché questa abbazia come la stessa Cîteaux era situata nella medesima diocesi di Chalon-sur-Saône, mentre per Pontigny diventava necessaria, perché questa fondazione era soggetta al vescovo di Auxerre[xliii]. Ma poiché nel 1114 tutta la CC non poteva ancora esistere, Lefèvre credette di poter constatare l’evoluzione descritta sopra.

Così però nasce la questione: come si può sostenere che la CC1 esistesse già nel 1119, quando, secondo Lefèvre, nello stesso anno, non già questa costituzione, ma la Summa CC fu approvata dalla S. Sede, mentre la CC1 come la possediamo nel manoscritto di Laibach, solamente nel 1152 avrebbe ricevuto per la prima volta la conferma pontificia?

Lefèvre non vede in ciò una grande difficoltà, per lo meno quando egli, secondo il suo sistema, deve datare la Summa CC al 1119 e la CC1 al 1152 come costituzione approvata dal papa. L’evoluzione, secondo la sua opinione, si è svolta nel modo seguente: la CC è nata negli anni 1114-1118 con successive aggiunte al nucleo originale che costituivano i primi tre capitoli. Noi non possediamo più il testo puro di questa originale CC, ma certamente lo possiamo ricostruire con una analisi minuziosa. Nel 1119 si fece una chiara e ben ordinata codificazione nella Summa CC e nei capitula. Col tempo divennero necessarie nuove prescrizioni. La Summa CC, in quanto costituzione sancita dal Papa – rimase intatta, mentre la CC – che non aveva l’approvazione di Roma – fu rielaborata molte volte. Nel 1152 si volle ricevere perciò dal Papa una nuova approvazione dell’allora diritto dell’Ordine e si presentò perciò la CC1, come essa si trova nel manoscritto di Laibach[xliv].

Riassumendo, secondo Lefèvre, l’ordine dei documenti è il seguente:

1.     La CC originale, che nacque tra il 1114 e il 1118 e che non si differenzia in sostanza dalla CC1, di cui oggi noi non conosciamo il testo esatto;

2.     La Summa CC dell’anno 1119;

3.     La Carta Caritatis Prior, che fu approvata nel 1152 da Eugenio III;

4.     La Carta Caritatis Posterior, la quale solamente verso il 1190 ricevette la forma che noi oggi conosciamo[xlv].

Lefèvre, dunque, non pensa in nessun modo che l’intera CC1 sia derivata dalla Summa CC, ma sostiene che il testo che si trova nella CC1 in sostanza sia quello della CC primitiva che era nata negli anni 1114-1118. Noi sottolineamo questi punti perché la questione dell’ordine dei documenti, secondo la nostra opinione, ha importanza maggiore della questione della loro datazione.

c) Gli Instituta Generalis Capituli apud Cistercium

Lefèvre esaminò, come già abbiamo ricordato, anche il rapporto dei venti capitula del manoscritto di Trento 1711 con gli “Instituta Generalis Capituli apud Cistercium”[xlvi]. Questi ultimi furono pubblicati diverse volte, ma datati molto diversamente. J.-M. Canivez, per esempio, ha pubblicato nella edizione degli Statuta Capitulorum Generalium il testo del manoscritto di Dijon 114 (una volta 82), ma lo divise in due parti, senza indicare la ragione di questo modo di procedere. Egli pubblicò gli statuti 1-85 sulla base di una ipotesi del Manrique[xlvii] con il titolo: “1134: Statutorum annorum praecedentium prima collectio” e pose gli statuti 86-92 sotto l’anno 1152, poiché lo Statuto 86 comincia con le parole “Anno… 1152”[xlviii]. Lefèvre ha esaminato circa una dozzina di manoscritti, per stabilire quale manoscritto ci conserva la versione più antica. Egli si decide per Laibach 31, perché gli statuti contenuti in esso, in corrispondenza alle tre anteriori compilazioni, sono divisi in tre gruppi[xlix], ed anche perché egli pensava che questi statuti furono messi insieme in questa forma prima del 1151, dato che i quattro statuti (30-33-37-36) circa l’erezione dei monasteri si trovano in una forma che fu poi cambiata dal Capitolo Generale del 1152[l].

d) L’Exordium Parvum

Abbiamo già riferito l’opinione di Lefèvre, secondo la quale l’Ex.Cistercii è da considerarsi come la lettera di accompagnamento alla domanda di approvazione della Summa CC scritta nell’anno 1119, e I’Exordium Parvum sia stato compilato solo nel 1151[li]. Prima di Lefèvre tutti ritenevano senz’altro che l’Exordium Parvum fosse stato scritto dallo stesso S. Stefano Harding, anche se era già noto che il primo sostenitore di questa ipotesi era stato B. Tissier nel 1660[lii]. Inoltre fu ammesso che l’Exordium Parvum fosse stato compilato nel 1119[liii]. Lefèvre respinse questa affermazione nella sua “tesi fondamentale”[liv], e cercò di dimostrarla anche con una analisi interna del testo. Egli confrontò perciò le singole parti dell’Exordium Parvum con l’Ex. Cistercii e ritenne di poter constatare che il primo (Ex. P.) descrive gli avvenimenti con stile libellistico e satirico per difendere Cîteaux contro le accuse dei suoi avversari, mentre l’Ex. Cistercii tratta tutte le questioni molto oggettivamente, anche se non contiene alcun documento come l’Exordium Parvum[lv].

Lefèvre con tutto ciò diede la propria interpretazione ad alcuni documenti dell’Ex. P.[lvi], esaminò però bene i manoscritti, e li divise in due gruppi, a seconda che contengono o no, una frase importante nel terzo capitolo[lvii].

Egli scoprì inoltre che tutti i manoscritti non contenevano una clausula del “Privilegium romanurn” di Pasquale II del 1100[lviii].

e) Le cinque Bolle “Sacrosancta”.

Lefèvre esaminò parimenti le approvazioni papali della CC emanate dopo il 1152; queste bolle iniziano tutte con la parola “Sacrosancta”. Scoprì anche una bolla scritta il 15 ottobre 1163, bolla sconosciuta prima di lui[lix]. L’importantissima novità in questa approvazione papale è l’introduzione della visita canonica annuale dell’Abbazia di Cîteaux, che prima di allora non era stata prescritta.

La visita doveva essere fatta dai primi quattro abati. Tra costoro per la prima volta appare l’abate di Morimondo[lx].

Lefèvre ha così delineato un quadro degli inizi dell’Ordine Cistercense che in molti punti si differenzia da quello tradizionale Egli esaminò molti manoscritti, rilevò bene alcune debolezze delle tesi tradizionali, e nello stesso tempo dimostrò che i primi testi costituzionali dell’Ordine Cistercense, e ancor maggiormente le istituzioni,ebbero una vera e notevole evoluzione. Coi suoi numerosi lavori, pubblicati nello spazio di appena tre anni, diede un impulso vitale alle ricerche storiche.

2. La posizione di p. Jean de la Croix Bouton

Il Padre Jean de la Croix Bouton O.C.S.O. dell’Abbazia di Aiguebelle fu il primo che, sotto lo pseudonimo di Gérard de Beaufort, mosse rilievi alle tesi di Lefèvre. Egli pubblicò uno studio sulla Carta Caritatis quasi contemporaneamente ai primi due articoli di Lefèvre e nel postscriptum prese posizione contro la tesi di quest’ultimo[lxi], posizione che più tardi conservò nella storia dell’Ordine da lui redatta[lxii].

Nel suo articolo P. Bouton analizzando la CC la confrontò con la Summa CC, e giunse alle seguenti conclusioni: il prologo della CC è posteriore, perché Stefano Harding non poteva parlare di sé in terza persona[lxiii]; nei diversi manoscritti la CC1 non presenta un contenuto identico e le differenze non si limitano a minute varianti dì manoscritti[lxiv]; egli dice che a prima vista la Summa CC appare di origine posteriore alla CC1: infatti la Summa CC usa già la terminologia abbas-pater e abbas-filius per riferirsi alle generazioni di monasteri susseguenti alla prima, mentre la CC1 conosce solo il rapporto fra Cîteaux e le abbazie-figlie fondate direttamente da Cîteaux. La Summa CC inoltre compendia diverse volte le prescrizioni della CC1; d’altra parte i due documenti si scostano l’uno dall’altro in alcuni punti[lxv]. Le differenze principali, secondo lui, sono tre:

a)     I diritti del visitatore sono più ampiamente descritti, cioè più esattamente limitati dalla Summa CC che dalla CC[lxvi];

b)    La Summa CC non dice ancora nulla circa l’uniformità dell’osservanza e dei libri liturgici[lxvii];

c)     La Summa CC non conosce il divieto fatto agli abati di una filiazione di venire assieme al capitolo annuale, divieto che invece è presente nella CC1[lxviii].

Da ciò egli conclude che la Summa CC si riferisce ad un testo precedente alla CC1, testo che noi non conosciamo e che, egli dice, dobbiamo chiamare la primissima CC, Carta anteprior[lxix].

Circa la datazione, il P. Bouton, specialmente nella già nominata Storia dell’Ordine, prende la seguente posizione:

1)     Il testo approvato da Callisto II nel 1119 non era la CO, e nemmeno la Summa CC, ma un testo più breve e più semplice della CC1, testo che noi ancora non conosciamo[lxx].

2)     La Summa CC ha avuto origine fra il 1120 e il 1123.

3)     La CC originaria (“CC primitive”) è dell’anno 1114 e contiene in sostanza i primi sette capitoli della CC’.

4)     Il capitolo ottavo fu scritto nel 1118 o 1119, dopo la fondazione di Trois Fontaines, la prima figlia di Clairvaux.

5)     I capitoli nono e undicesimo non possono esser nati prima del 1116.

6)     Il capitolo decimo fu preso dalla Summa CC e incorporato più tardi.

7)     La CC2 va situata fra il 1165 e il 1178; la sua divisione in cinque capitoli con i rispettivi titoli (De uniformitate Ordinis, etc…) non è anteriore al 1316[lxxi].

8)     L’Exordium Parvum è degli anni 1111-1112, poiché fu scritto dalla prima generazione dei Cistercensi, anzi dallo stesso Abate Stefano Harding, per la seconda generazione; il capitolo decimottavo fu aggiunto però soltanto nel 1120[lxxii].

Dunque, P. Bouton non tiene né le tesi “tradizionali”, né quella di Lefèvre.

Anzi, nel già menzionato postscriptum del suo articolo[lxxiii], P. Bouton critica le tesi di Lefèvre:

1)     Egli non può credere che i Cistercensi abbiano presentato a Callisto II solamente un riassunto della CC (per lui infatti la Summa CC è solamente un riassunto, ciò che invece Lefèvre contesta);

2)     La tesi di Lefèvre secondo il quale la proposizione del secondo capitolo dell’Exordium Cistercii[lxxiv] «sicut ab eodem patte digesta… munita est” è una interpolazione, non è provata[lxxv];

3)     L’Exordium Cistercii non può derivare da Stefano Harding, poiché vi si legge: “Venerabilis Pater Stephanus sagacitate pervigili mire providerat discretionis scriptum…Domnus Stephanus…religionis, paupertatis disciplinaeque regularis ardentissimus amator, fidelissimus aemulator”. Queste frasi non le avrebbe potute scrivere lo stesso Stefano Harding.

Come si vede, P. Bouton ha contribuito con le sue osservazioni alla soluzione delle questioni riguardanti l’origine dell’Ordine Cistercense[lxxvi].

3. Le varie reazioni alle tesi di Lefevre

Alla breve critica di P. Bouton[lxxvii] e del P. Colombano Spahr[lxxviii] seguirono varie recensioni. Le più importanti sono quelle di A. d’Herblay[lxxix], F. Masai[lxxx], J. Marilier[lxxxi], che accettano le tesi di Lefèvre. Alle tesi di Lefèvre si allinearono anche alcuni libri, quali L. J. Lekai[lxxxii] e C. Bock[lxxxiii], e negli ultimi anni J. F. Lemarignier[lxxxiv] e V. Dämmertz[lxxxv]. Solo C. Noschitzka espresse alcune riserve[lxxxvi].

4. La critica di Winandy

J. Winandy, abate emerito di Clervaux (Lussemburgo)[lxxxvii] fu il primo a sottoporre a critica profonda le tesi di Lefèvre. Egli riconosce a Lefèvre il grande merito di aver posto la questione in una maniera completamente nuova, pensa però che «la bella costruzione da lui edificata si presenti in alcune parti pericolosamente debole»[lxxxviii].

Riassumiamo così le sue osservazioni:

1)     La tesi secondo la quale l’Exordium Cistercii sia il prologo letterario della codificazione del 1119 non è accettabile, perché per l’autore del prologo l’approvazione papale è stata già data (“sigilli quoque apostolici auctoritate munita est”) e la teoria di Lefèvre che la frase sia una interpolazione tardiva non è in nessun modo provata[lxxxix].

2)     La Summa CC è un riassunto della CC (“hic breviter perstringemus”), e non il testo presentato al papa.

3)     Non è probabile che Santo Stefano nel 1119 abbia potuto scrivere frasi tanto laudative della sua persona quali quelle che si trovano nell’Exordium Cistercii[xc].

4)     Winandy non crede che si possa correggere “viginti abbates” dell’Exordium Cistercii in “duodecim abbates”, perché tutti i manoscritti hanno la lezione “viginti”; nella frase precedente dell’Exordium Cistercii non bisogna leggere “venti anni e dodici abbati”, ma “venti abbati e dodici anni”[xci]. Secondo Winandy il terminus ad quem di questi dodici anni è il 1119, e il terminus a quo è il 1107, che, secondo lui, è l’anno della elezione di Stefano Harding ad abbate di Cîteaux, e non l’anno 1112, che spesso è preso come anno dell’ingresso di San Bernardo a Cîteaux (secondo Winandy, San Bernardo entrò a Cîteaux nel 1113)[xcii].

5)     L’Exordium Parvum è, sempre secondo Winandy, di origine certamente posteriore all’Exordium Cistercii (come del resto pensa anche Lefèvre), ma esso non è l’introduzione storica della CC presentata ad Eugenio III: infatti Eugenio III, cistercense, non ne avrebbe avuto bisogno; per di più, la CC1 con gli Instituta Generalis Capituli non potevano essere presentati al papa a motivo del contenuto ibrido e di scarsa importanza. Winandy osserva anche che la CC1 non corrisponde in alcuni punti alla bolla “Sacrosancta” di questo papa: questo è per lui un altro argomento contrario alle tesi di Lefèvre. L’Exordium Parvum e la CC1, secondo Winandy, sono nati tra il 1134 (anno della morte di Santo Stefano Harding) ed il 1152[xciii].

Così D. Winandy è giunto a conclusioni del tutto diverse da quelle di Lefèvre, anche se egli riconosce che le sue tesi e le sue ipotesi devono molto ai lavori di Lefèvre[xciv].

5. Le ricerche di p. Jean Baptiste Van Damme

P. J. B. Van Damme O.C.S.O, dell’abbazia di Westmalle curò per primo una minuziosa indagine sulle singole questioni suscitate da Lefèvre. Egli scrisse prima cinque articoli nel Collectanea O.C.R.[xcv], poi esamino gli Instituta Generalis Capituli apud Cistercium[xcvi], le questioni giuridiche degli inizi[xcvii] e finalmente i singoli statuti della CO che egli fa risalire al 1165[xcviii];

P. Van Damme nei suoi articoli procede sistematicamente: tratta in primo luogo la questione della primissima, originaria CC, poi CC del 1119, l’Exordium Parvum e in fine la CC2. Noi qui seguiamo là sua esposizione, ma aggiungiamo subito le nostre osservazioni.

a) La primissima Carta Caritatis

Secondo P. Van Damme la primissima CC (“la véritable CC primitive») è del 1113, e risale quindi, al più tardi, al tempo della fondazione di La Ferté. Egli ammette che i documenti non ci dicono esplicitamente niente di ciò[xcix], ma pensa che la prima origine della

apparence qu’un tel fatras ait été présenté à l’approbation pontificale?”. Winandy non dimostra che l’Exordium Parvum non ha avuto origine prima del 1134. Egli scrive soltanto (p. 70): «…on le voit malaisément rédigé avant la mort de Saint Etienne (1134)» – perché egli vede nell’Exordium Parvum una certa critica al terzo abate di Cîteaux. Si noti inoltre che Winandy sbaglia riguardo alla canonizzazione di San Roberto di Molesme quando scrive; «Quant à l’opinion cistercienne, il ne faudrait pas oublier que c’est le chapitre général de Cîteaux qui a demandé k canonisation de Saint Robert (cfr. lettre d’Honorius III aux évêques de Langres et de Valence et à l’abbé de Cluny, 25 janvier 1221, P.L. 157, 1228). On ne voit pas sur quoi M. Lefèvre peut s’appuyer pour attribuer cette démarche à l’habilité du successeur de Saint Robert à Molesme (Anal. Bolland., 1956, p. 8)»: Winandy 67, n. 3. L’Abate emerito di Clervaux evidentemente non conosceva lo statuto 53 del capitolo generale dell’anno 1220: «Petitio Abbatis Molismensis de scribendo Domino Papae pro canonisatione venerabilis Roberti Abbatis exauditur”.

Carta Caritatis debba farsi risalire a quegli anni, poiché in quegli anni Cîteaux già pensava certamente alle nuove fondazioni, e senza un documento giuridico il nuovo Ordine non sarebbe stato al sicuro dalle ingerenze dei Vescovi. Una nuova fondazione di Cîteaux, pur non essendo esente dalla giurisdizione vescovile, significava una limitazione del diritto del vescovo diocesano su questa nuova abbazia; per cui, al momento della fondazione diveniva necessario presentare al vescovo la Carta Caritatis, onde evitare eventuali futuri malintesi.

P. Van Damme pensa di poter provare le sue asserzioni anche dalle parole dell’Exordium Cistercii dove si dice che l’abate Stefano “con grande previdenza aveva provveduto” (providerat) ed aveva redatto uno scritto improntato ad ammirevole discrezione e prudenza, e precisamente (come dal canto suo dice il prologo della CC) «antequam Abbatiae Cistercienses florere inciperent”. Secondo P, Van Damme dunque la CC primissima risale al più tardi al 1113[c], come già aveva cercato di provare P. Otto Ducourneau con gli stessi argomenti[ci]. Egli vede confermata la sua teoria nel documento di fondazione di Pontigny, nel quale si fa menzione della CC[cii].

In seguito P. Van Damme cercò di identificare il testo di questa primissima CC, testo che Lefèvre e Winandy avevano identificato nei primi tre capitoli della CC1 e P. Bouton nei primi sette[ciii].

Da una attenta lettura della CC1 egli pensa si possa arguire che la primissima CC è costituita dal primo capitolo della CC1.

Secondo lui infatti la prima parola del prologo della CO “Antequam” è in stretto rapporto con la prima parola del secondo capitolo “Nunc”. Ciò che sta prima di questa parola “Nunc” del secondo capitolo e viene introdotto da “Antequam”, prima parola del prologo, è stato scritto prima della fondazione di La Ferté e costituisce perciò la primissima CC. Egli cerca anche di provare la sua argomentazione con un confronto tra il prologo della CC1 e il primo capitolo della medesima CC1: in ambedue i passi crede di trovare le medesime idee[civ]. Non è facile dire quale grado di certezza P. Van Damme voglia attribuire alle sue asserzioni. Si tratta di una tesi o semplicemente di una congettura più o meno probabile? Egli dice che non si hanno elementi positivi per precisare l’evoluzione della CC dal 1113 al 1119: in queste condizioni si possono fare solo ipotesi e supposizioni, e lo storico dovrebbe conservare un prudente silenzio. Egli invece, nel titolo premesso a queste conclusioni promette una “risposta semplice e sicura”; e un po’ oltre scrive: “Il confronto del prologo col primo capitolo della CC1 ci mostra con evidenza che il redattore della CC intendeva isolare in qualche modo il primo capitolo della CC da tutto il resto appunto perché il capitolo primo della CC costituiva da solo il testo del 1113[cv].

L’esposizione dell’autore non ci ha convinto. Che si sia dovuto fare un accordo col vescovo di Chalon-sur-Saône per la fondazione di La Ferté, è certo per il diritto generale della Chiesa[cvi]. Ma da questo fatto alla conclusione di una CC originaria c’è un salto che diventa tanto più grande se si vuole Identificare questa primissima CC con il primo capitolo della CC1. Gli argomenti portati non sono solidi.

Sarebbe necessario esaminare attentamente ancora una volta il testo conosciuto come carta di fondazione di Pontigny. Il testo è sicuramente dell’anno 1114?[cvii]. Non si potrebbe trattare di una interpolazione posteriore nella frase “Cartam vero Caritatis et unanimitates inter Novum Monasterium et Abbatias ab eo propagatas compositam et corroboratam”?[cviii].

Noi abbiamo l’impressione che dall’Exordium Cistercii e dal prologo della CC1 P. Van Damme deduca molto più di quello che gli stessi testi riferiscono. “Porro a principio cum novos in ramos novella coepisset pullurare plantatio” (Exordium Cistercii) significa difficilmente la fondazione di La Ferté: è più probabile che questa frase si riferisca ad anni successivi (pullulare)[cix]. Il testo del prologo della CC1 in nessun caso voleva precisare l’anno della composizione della CC. P. Van Damme stesso sa che il testo del prologo è problematico in alcuni punti[cx], ed ha avuto difficoltà per la sua datazione[cxi].

Noi siamo quindi d’accordo col P. Van Damme nel riconoscere che fino a questo momento non esiste una prova positiva per dimostrare che la primissima CC non possa risalire fino al 1113; pensiamo però non sia neppur provato che fin dal 1113 esistesse già una parte della CC, fosse pure il solo capitolo primo. Il compito dello storico non consiste nel dimostrare che una possibilità debba essere esclusa, bensì quello di risalire dalle fonti ai fatti.

b) La Carta Caritatis del 1119

Relativamente alla CC del 1119 il P. Van Damme concorda con la tesi di Dom Winandy, secondo il quale il testo approvato da Callisto II nel 1119 non era in nessun modo la Summa CC che noi conosciamo oggi[cxii]; discorda però da Dom Winandy quando si tratta di determinare il testo del 1119. P. Van Damme pensa cioè che Dom Winandy abbia sostenuto la tesi secondo la quale la CC del 1119 fosse costituita dai capitoli 3°, 4° e 9° del manoscritto ritrovato a Trento (Ms. 1711)[cxiii], e si meraviglia non poco che l’Abate emerito di Clervaux non abbia provato la sua (pretesa) tesi[cxiv]. Inoltre P. Van Damme esclude il 1119 e fa risalire la Summa CC al 1123-1124[cxv].

Dopo questa esposizione, egli si sforza di ricostruire il testo approvato nel 1119, sottomette ad analisi la CC1 e tenta di respingere l’asserzione di Lefèvre e Winandy circa la pretesa ibridità della CC1 mostrandone la sua logica costruzione[cxvi].

la teneur originale de la CC-prior est exclue ou douteuse: Introduction: la première partie date d’après 1119”. Intanto egli non precisa quando la seconda parte abbia avuto origine, non dice cioè con esattezza in quale degli anni successivi al 1119 la prima parte sia stata scritta. bouton 394, pensava che il prologo fosse del 1120, mentre egli, nel Fiches 28, pag. 110-111 menziona il prologo soltanto assieme alla CC1 del 1151.

Alla fine della sua analisi P. Van Damme giunge alla conclusione che la CC1 “presenta una forma lievemente evoluta rispetto alla CC del 1119”[cxvii]. In particolare egli pensa che:

1)     il prologo fu interpolato più tardi, perché la disposizione di presentare la CC ai vescovi per la ratifica fu stabilita dopo l’approvazione papale; i vescovi erano quelli nelle cui diocesi venivano fondati i monasteri[cxviii].

2)     Nel sesto capitolo, forse un periodo è di origine posteriore[cxix].

3)     L’autenticità del capitolo decimo non è del tutto sicura.

4)     Fatte queste eccezioni, il testo della CC1 che noi oggi conosciamo è il testo approvato da Callisto II.

Noi siamo d’accordo col P. Van Damme nell’ammettere che il testo presentato al Papa nel 1119 non era la Summa CC, ma la CC, anche se possiamo pensare che questa CC del 1119 fosse un po’ più breve e più semplice della CC1 che conosciamo oggi.

La ricostruzione del prologo fatta dall’autore non ci ha convinti. Noi siamo molto più inclini ad ammettere che tutta la prefazione sia di origine posteriore. L’espressione del testo “in diversis mundi partibus», il fatto che si parli di Santo Stefano Hardìng in terza persona

Diamo qui il testo ricostruito da Van Damme accanto al testo dei manoscritti (in corsivo le parole che Van Damme ritiene interpolate):

 

Testo dei manoscritti:

Prefazione della CC del 1119 secondo Van Damme:

«Antequam abbatiae

«Antequam abbatiae (ecclesiae?)

Cisterdenses florere inciperent

florere inciperent

Domnus Stephanus Abbas

et fratres sui

Stephanus Abbas

et fratres sui

ordinaverunt, ut nullo modo in alicujus antistitis dioeces fundarentur,…

 

In hoc ergo decreto praedicti fratres

 

mutuae pacis futurum praecaventes nau fragium, elucidaverunt et statuerunt…”

mutuae pacis futurum praecaventes naufragium, elucidaverunt et statuerunt…”

 

(mentre nel primo capitolo se ne parla in prima persona plurale) sembrano indicare un’origine posteriore[cxx].

Non sappiamo invece spiegarci come abbia fatto P. Van Damme ad attribuire a Dom Winandy la tesi secondo la quale il testo approvato nel 1119 consiste nei capitoli 3°, 4° e 9° del manoscritto 1711 di Trento (e cioè i capitoli 3° e 4° della cosiddetta Summa CC e il capitolo 9° dei Capitula). Noi abbiamo letto attentamente più volte il testo di Dom Winandy, ma non abbiamo trovato in nessun punto una simile asserzione. La tesi di Dom Winandy relativamente ai capitoli in questione ha il senso seguente: L’Exordium Cistercii, che con la Summa CC forma un tutt’uno, è di origine posteriore al 1119, e per conseguenza non potè essere presentato al Papa nel 1119[cxxi]. Inoltre, secondo Dom Winandy la Summa CC non è giunta a noi nella sua forma originale. La Summa CC coi Capitula che conosciamo ha un carattere ibrido: anche per questo motivo non potè essere presentata al Papa nella forma che conosciamo oggi. Dom Winandy cercò poi di ricostruire la forma originale della Summa CC, che egli pensa di aver ritrovato nei tre capitoli in questione; ma non solo non sostiene mai che questi vennero presentati nel 1119 a Callisto II; che anzi esclude una tale possibilità quando pensa che l’Exordium Cistercii fu redatto dopo il 1119 (e prima del 1148) e che questi tre capitoli seguivano l’Exordium Cistercii e formavano un tutt’uno con esso[cxxii].

Lo stesso P. Van Damme tenta di costruire un “sistema”, sistema che egli pensa sia sostenuto anche da Dom Winandy[cxxiii]. Ma l’abate di Clervaux era prudente, corresse la tesi di Lefèvre[cxxiv] in punti essenziali e rinunciò a costruire un sistema completo, che egli riteneva cosa prematura.

c) L’ Exordium Cistercii e la Summa Cartae Caritatis P. Van Damme formula così le sue tesi:

«La Summa CC risale all’anno 1123 o 1124 e ci da fedelmente il contenuto della CC del 1119. Questa però non vuole essere un riassunto servile della CC completa, ma ne costituisce una redazione molto personale»[cxxv].

Egli rifiuta con Dom Winandy la proposta, fatta da Turk e da Lefèvre, di correggere tutti i manoscritti riducendo il numero degli abbati da venti a dodici[cxxvi] e riferisce l’espressione citata ai venti abbati già attivi nel loro incarico[cxxvii]. Così è dato il terminus post quem: il 1123, l’anno in cui l’Ordine contava venti monasteri. Un altro elemento utile alla datazione della Summa CC, il P. Van Damme lo trova in un luogo dell’ Exordium Cistercii nel quale si dice che 1’Ordine in circa dodici anni aveva venti monasteri[cxxviii], mentre l’Exordium Parvum (Cap. XVIII) ci riferisce che l’Ordine in otto anni possedeva dodici monasteri. Secondo P. Van Damme il terminus a quo di questi due enunciati è l’anno 1112, cioè l’anno in cui, secondo lui, San Bernardo entrò nell’Ordine[cxxix]. Stando così le cose, la Summa CC può essere datata al 1124.

La Summa CC da sola non sarà datata da lui né nella forma conservataci dai manoscritti né nel suo (di Winandy) testo ricostruito, perché essa secondo lui forma un tutt’uno con l’Exordium Cistercii; e quindi se l’Exordium Cistercii è posteriore al 1119, posteriore al 1119 dovrà essere anche la Summa CC.

Una certa difficoltà presenta anche il fatto che dopo l’approvazione della CC da parte dei venti abbati, il testo dell’ Exordium Cistercii parla di una conferma papale: “quae quidem carta, sicut…a praefatis viginti abbatibus confirmata, sigilli quoque apostolici auctoritate munita est…». Ma noi non sappiamo nulla di una conferma papale della CC intorno al 1124. P. Van Damme tuttavia pensa che la espressione non significhi una conferma susseguente all’approvazione dei venti abbati, ma che si tratti semplicemente di quella del 1119. Non si dice infatti che la CC “dopo di ciò” fu confermata anche dal papa, ma che essa aveva “anche” (quoque) questa conferma. P. Van Damme crede di poter interpretare così la frase surriferita, anche se il testo dell’ Exordium Cistercii parla prima dell’approvazione dei venti abbati e poi della conferma papale[cxxx].

P. Van Damme vede il terminus ante quem nell’anno 1124, pur ammettendo che questa datazione presenta una certa difficoltà[cxxxi]. Egli si appoggia in primo luogo sugli studi miranti a provare che la Summa CC fu usata dai Premonstratensi e dai Canonici di Arrouaise nel 1128-1130 per i loro statuti, e in secondo luogo sul fatto che la Summa CC nel manoscritto 1711 di Trento forma un tutt’uno con gli Ecclesiastica Officia, che sono da datarsi fra il 1130 e il 1134[cxxxii]. Egli crede di poter fissare le date con sufficiente precisione servendosi dei testi dell’Exordium Cistercii perché “una relazione storica, a meno che non vi siano ragioni positive contrarie, viene datata in base all’ultimo avvenimento in essa menzionato»[cxxxiii]. L’ Exordium Cistercii parla di venti abbati esistenti nell’Ordine tra la fine del 1123 e l’inizio del 1124: quindi la Summa CC, come pure l’Exordium Cistercii sono di questo tempo.

Circa la datazione dell’ Exordium Cistercii e della Summa CC P. Van Damme è andato per la sua strada. La sua tesi può essere presa come una ipotesi probabile, anche se alcuni elementi di cui egli si è servito rimangono problematici: non è in nessun modo sicuro, per esempio, che San Bernardo sia entrato a Cîteaux nel 1112; le migliori tradizioni manoscritte e molti grandi dotti che precedettero Vacandard, quali Manrique, Mabillon e i Bollandisti hanno fissato l’entrata di San Bernardo a Cîteaux nel 1113[cxxxiv].

Sorge ora la questione se l’Exordium Cistercii e l’Exordium Parvum abbiano in comune il terminus a quo[cxxxv]. Anche la cronologia delle prime fondazioni è molto incerta: lo si può constatare attraverso una accurata lettura di Janauschek[cxxxvi]. P. Van Damme si serve del principio in base al quale una relazione storica è contemporanea all’ultimo avvenimento in essa menzionato. Ma se questo principio è generalmente valido per il terminus post quem, non lo è altrettanto per il terminus ante quem. Del resto le ricerche circa il diritto primitivo dell’ Ordine dei Premonstratensi e dei Canonici di Arrouaise sono in alto mare e ancora cariche di molte ipotesi[cxxxvii].

d) L’ Exordium Parvum

Lefèvre pensa che l’ Exordium Parvum sia stato scritto solo nel 1151 e che contenga molti anacronismi[cxxxviii]. P. Van Damme confuta in due articoli gli argomenti di Lefèvre[cxxxix], quindi in un terzo articolo tenta di provare la sua tesi che suona così:

«L’Abate Stefano Harding compilò l’Exordium Parvum in nome e con la collaborazione di quelli tra i primi fondatori di Cîteaux che al tempo della compilazione erano ancora in vita. La compilazione si svolse in diverse fasi e terminò prima del 23 dicembre 1119»[cxl].

Dalle parole della introduzione «Nos Cistercienses primi hujus Ecclesiae fundatores» P. Van Damme pensa si debba arguire che alcuni tra i primi fondatori presero parte alla redazione del lavoro. Secondo lui, tuttavia, l’Abate Stefano Harding rimane l’autore principale perché la prefazione del Hymnarium (scritta certamente da questo abbate) concorda in molte cose con l’introduzione dell’ Exordium Parvum. Inoltre l’ Exordium Parvum somiglia molto alla CC1: ambedue «hanno lo stesso tono, la stessa levatura mistica, lo stesso zelo per l’osservanza regolare»[cxli].

Il nostro autore tenta anche, allo stesso modo, di rispondere ad una possibile obiezione: il capitolo XVII dell’ Exordium Parvum parla dell’Abate Stefano Harding in terza persona è lo loda; si può ancora conciliare ciò con la sua paternità ed umiltà? P. Van Damme è dell’opinione che questo testo non è in alcun modo inconciliabile con l’umiltà del grande abate poiché i confratelli avrebbero imposto il testo alla redazione. Con ciò si spiegherebbe anche l’uso della terza persona.

Circa la datazione al 1119, egli si appoggia all’ultimo (XVIII) capitolo dell’ Exordium Parvum, dove si dice che l’Ordine, dopo otto anni, oltre a Cîteaux contava già dodici monasteri. La dodicesima fondazione (Fontenay) ebbe luogo nell’ottobre del 1119, e la tredicesima (Tiglieto) nell’ottobre del 1120. E dato che nell’ Exordium Parvum non è ancora menzionata la bolla di Callisto II del 23 dicembre 1119, egli pensa di poter sostenere con molta probabilità che l’Exordium Parvum era stato definitivamente redatto prima del 23 dicembre 1119.

Le nostre osservazioni:

Gli argomenti avanzati da P. Van Damme circa la partecipazione di alcuni tra i fondatori di Cîteaux alla redazione dell’ Exordium Parvum non convincono.

Né molto meglio è dimostrato che Stefano Harding sia l’autore dell’ Exordium Parvum. È vero che nella prefazione all’Hymnarium e nella introduzione all’Exordium Parvum si trovano molte espressioni simili. Certo però, la prefazione all’Hymnarium può anche non essere stata scritta dallo stesso Abate Stefano, bensì da un altro che scriveva a nome suo.

Né lo stile vale a dimostrare l’identità dell’autore: non si tratta infatti di uno stile molto caratteristico e personale.

Una difficoltà molto più grave contro questa tesi noi la vediamo nel tenore stesso del capitolo XVII: “Huic successit quidam frater Stephanus nomine… qui et ipse… de Molismo illuc advenerat, qui amator Regulae et loci erat. Hujus temporibus…». È molto difficile dire che la parola erat sia una esigenza della grammatica (advenerat – erat). Erat viene detto di Stefano Harding al passato, come di uno il quale non è più in vita. L’autore dell’ Exordium Parvum scrive, certo, per i posteri (“Nos… fundatores successoribus nostris…»); tuttavia egli non può parlare del suo tempo come di una cosa ormai passata[cxlii]. Questa maniera di parlare non solo esclude Santo Stefano quale autore dell’ Exordium Parvum, ma rende anche impossibile datare l’ Exordium Parvum al 1119. Almeno, così ci sembra.

Né più stringente è l’argomento portato da P. Van Damme per il capitolo XVIII. Nel capitolo XVII il discorso era sullo sviluppo dell’Ordine. Che in otto anni siano nati dodici monasteri, viene addotto come esempio di ritmo dello sviluppo[cxliii]. Ma può darsi che l’autore citi proprio questo esempio con l’intenzione di limitarsi agli inizi dell’Ordine[cxliv].

Il silenzio dell’ Exordium Parvum circa la bolla papale del 1119 non è un argomento per dimostrare che l’Exordium Parvum sia stato scritto prima della concessione della bolla papale. L’autore voleva appunto limitarsi ai primi documenti, e probabilmente pensò che la CC con la sua introduzione e la seguente bolla del 1119 completassero in maniera eminente il suo testo[cxlv].

e) Lo sviluppo posteriore della CC

Turk pensava che una prima forma della CC fosse stata approvata da Eugenio III nel 1152 perché nella bolla di questo papa si trovano statuti che, mentre mancano nella CC1, sono invece conservati nella CC[cxlvi]. L’opinione di Lefèvre dice invece che la CC1 sarebbe stata confermata solo nel 1152[cxlvii], e colloca la CC2 fra il 1190 e il 1200[cxlviii].

Ciò induce P. Van Damme a indagare sul processo di trasformazione per il quale la CC1 diventò la CC2. Egli affronta la questione in un lungo articolo[cxlix], in cui si avvale anche delle ricerche di Turk e di P. Bouton[cl].

Secondo P. Van Damme il testo della CC approvato da Callisto II nel 1119 subì modifiche fin dal 1124[cli]; alle prime modifiche ne seguirono altre più tardi. Pur non conoscendo tutti i motivi per cui la CC1 si trasformò nella CC2, il nostro autore non si trattiene dall’indagare su questo processo di trasformazione; che anzi vuol precisare anche il tempo in cui le varie modifiche furono approvate da Roma. Secondo la sua opinione, l’Ordine avrebbe prima modificato qualche punto della CC1 e poi avrebbe presentato alla Santa Sede il testo modificato[clii].

Dal giorno in cui Lefèvre scoprì la bolla di Alessandro III del 1163[cliii], noi conosciamo cinque conferme papali, che cominciano sempre con la parola “Sacrosancta”. La prima fu data da Eugenio III nel 1152, la seconda nel 1153, la terza nel 1157, la quarta nel 1163, e l’ultima il 5 agosto 1165. Queste bolle riportano spesso alla lettera gli statuti della CC ed hanno quasi tutte lo stesso tenore; si differenziano proprio in quei punti in cui approvano le modifiche intervenute.

P. Van Damme riporta, uno accanto all’altro, i testi distribuiti in 30 statuti [cliv] della CC1, della CC2 e delle bolle; poi confronta i testi e analizza le modifiche che spesso cerca anche di spiegare in base a dati storici. Egli conclude che con la quinta bolla “Sacrosanta” gli statuti della CC2 erano ormai completi, e che completa era la CC2 già prima del 5 agosto 1165[clv]: egli tuttavia presenta questa tesi come un risultato non assolutamente definitivo[clvi].

Questo lavoro diventa in alcune sue parti un commento ad ambedue le CC. L’autore determina sistematicamente lo sviluppo dell’Ordine Cistercense tra il 1119 e il 1165[clvii], e ci fa vedere chiaramente come i padri del capitolo generale del secolo XII, aperti alle circostanze di tempo che andavano mutando, sapevano adattarsi ad esse, modificando, quando era necessario, anche la CC.

Questo articolo ci pare il più utile e prezioso fra quanti ne sono apparsi finora: con esso si giunge davvero ad una migliore intelligenza della CC. L’abbondante materiale raccolto da P. Van Damme con tanta diligenza merita da solo il nostro plauso. Grande importanza, anche se non sono del tutto nuove, hanno le precisazioni circa l’unità di osservanza nel secolo XII (specialmente dopo l’affiliazione di Cadouin e di Savigny)[clviii], le osservazioni sul capitolo genreale[clix] e sui diritti dell’abate di Cîteaux[clx].

Altra questione è invece affermare che l’autore sia riuscito a dimostrare la sua tesi, secondo la quale la CC2 esisteva già prima del 5 agosto 1165. Facciamo queste riserve non solo a causa dello statuto 18 (conferma del neo-abate da parte dell’abate-padre), che l’autore, come egli stesso ammette, non è riuscito a datare[clxi], ma anche perché nutriamo dei dubbi circa la maniera di modificare la CC come la (maniera) espone il P. Van Damme.È vero che conosciamo alcuni manoscritti (per esempio il ms. 31 di Laibach) i quali, pur conservando la forma della CC1, presentano già alcuni nuovi statuti nella forma propria della CC2[clxii], tuttavia ci pare non sia stato dimostrato che i cistercensi si siano sempre comportati come dice P. Van Damme, e cioè che prima abbiano modificato la CC e poi abbiano presentato all’approvazione papale il testo appositamente modificato. In questo caso l’ordine progressivo degli statuti contenuti nelle bolle dovrebbe corrispondere all’ordine progressivo degli statuti contenuti nelle CC corrette: il che non avviene nella bolla del 1165, la quale segue molto più da vicino l’ordine progressivo della CC1.

Possiamo dunque affermare che tutti gli statuti della CC2 avevano la conferma papale fin dal 1165. Essi tuttavia, con grandissima probabilità, non erano ancora riuniti nella forma della CC2 che noi conosciamo oggi. P. Van Damme non ha studiato sufficientemente questa problematica[clxiii].

f ) Il libretto “Documenta pro Cisterciensis Ordinis historiae ac juris studio”

Nel 1959 P. Van Damme ha pubblicato un libriccino che, per il suo formato (sono solo 28 pagine) e per il modico prezzo, ha reso possibile a molte persone una facile consultazione dei primi testi della storia dell’ Ordine Cistercense. In esso sono riportati anche due documenti riguardanti Molesme: il primo si riferisce alla erezione di Aulps in abbazia (1097); il secondo tratta la sistemazione dei rapporti fra Molesme, Aulps e Balerne (1110) e da P. Colombano Spahr è chiamato «Concordia Molismensis»[clxiv]. Nello stesso libriccino sono riportati anche l’Exordium Parvum, la CC1 secondo un manoscritto di Zurigo[clxv] e i primi 26 capitoli del manoscritto 1711 di Trento.

Questo libriccino ci è stato spesso utile nelle nostre lezioni; ed ottima fu l’idea di darlo alle stampe. Purtroppo l’edizione lascia molto a desiderare: non vengono riportate importanti varianti dei manoscritti[clxvi]; l’edizione segue nella numerazione dei capitoli la numerazione del manoscritto di Zurigo, che non è quella abituale, il che può causare difficoltà nelle citazioni[clxvii]; l’interpunzione è difettosa e alcuni errori tipografici sono di fastidio alla lettura[clxviii].

Nelle seguenti righe, L. significa Laibach 31, ed. noschitzka, Analecta S.O.Cist. 6 (1950); P. significa Paris, Bibl. S. Geneviève 1207, ed. turk 2, 81-82 e lefevre 2, 97-104.

A pag.; 6 riga 5 e 9: “Privil. Romanorum”, mentre gli altri codici hanno «Privil. Romanum», come del resto anche nel libriccino, a pag. 10 riga 9.

A pag. 10 riga 23, viene data a “Romanorum” quale lectio varians “L D Romano” anziché “Romanum”.

A pag. 12 riga 1, si trova di nuovo “Privil. Romanorum”.

A pag. 10 riga lì, “prudentiae” – L. ha “providentiae”.

A pag. 11 riga 10, “promiserunt” – L. “proposuerant”.

A pag. 15 riga 26, “domnus Stephanus et fratres sui” – L.: “Domnus Stephanus abbas et…».

A pag. 16 riga 6, “exactionis” – L.: “exactionem”.

A pag. 17 riga 9, “abbates” – L.: “abbatias”.

A pag. 17 riga 28, “gaudeat (alia)” – L.: “gaudeant (monachi)”.

A pag. 20 riga 24, “ecclesia”abbatem qui” – L.: “ecclesiae abbatem quae”.

A pag. 22 riga 9, “discedere” – P.: “dissidere”.

A pag. 21 riga 20, nel testo si dovrebbe mettere il titolo: “De egressu Cisterciensium monachorum de Molismo” (secondo il codice P. e l’elenco dei capitoli di Trento 1711). La frase “Incipit usus cisterciensium monachorum” dovrebbe essere riportata meglio nell’apparato.

Non abbiamo potuto consultare il manoscritto di Zurigo. Ma le varianti di T si trovano nell’apparato di turk 1, 53-56. È tuttavia possibile che alcune delle varianti riportate a pagina 133 numero 3 siano lezioni errate oppure siano errori tipografici. Anche gli errori tipografici da noi riportati possono essere varianti, che tuttavia dovrebbero almeno essere corrette nell’apparato. Se si eccettuano i due primi documenti che sono stati tratti dalla edizione di J. Laurent, l’ortografia degli altri documenti è lunatica.

Sarebbe stato bene anche numerare i righi onde renderne più facile e spedita la consultazione.

È desiderabile una seconda edizione in cui vengano corretti questi difetti: intanto sarebbe bene avvertire i lettori con un foglio da allegarsi al volumetto.

P. Van Damme cominciò ad interessarsi delle origini dell’Ordine Cistercense quando volle confutare le tesi di Lefèvre. In molti punti egli ha raggiunto il suo scopo, tanto più facilmente in quanto Dom Winandy con stringenti argomentazioni aveva già confutato la tesi fondamentale di Lefèvre, il quale supponeva che la Summa CC fosse la Costituzione dell’Ordine del 1119 e che la CC1 fosse la Costituzione dell’ Ordine del 1152.

In questo suo lavoro P. Van Damme ha quasi sempre riproposto le tesi tradizionali. Purtroppo non ha sempre attentamente distinto ciò che è scientificamente provato da ciò che può essere accettato come semplice ipotesi, o addirittura da ciò che deve rimanere indeterminato data la povertà delle fonti.

Alcune ipotesi, che sono semplici possibilità, sono usate più tardi da P. Van Damme come tesi dimostrate, senza avvedersi che con tale procedimento viene compromessa la stabilità di tutta la sua costruzione.

Nonostante questi difetti che ci permettiamo di segnalare, dobbiamo riconoscere che il vasto materiale raccolto dal noto studioso e le sue osservazioni rendono un grande servizio alle ricerche sulle origini dell’ Ordine Cistercense.

6. La relazione del professore David Knowles

David Knowles, insigne storico dei monachesimo in Inghilterra[clxix], professore emerito dell’Università di Cambridge, tenne nel 1962, nel quadro del “Birkbeck Lectures” nel Trinity College di Cambridge delle lezioni sui problemi più discussi della storia monastica, e cioè sui rapporti della Regula Magistri colla Regola di S. Benedetto e sui primi documenti della storia dell’Ordine Cistercense. Il testo di queste due lezioni è apparso nel 1963[clxx].

L’autore mise in iscritto le sue lezioni limitandosi ad esporre le tesi di Lefèvre[clxxi] senza analizzarle a fondo. Knowles non intese presentare una propria teoria. Perciò il nostro compito è di precisare se egli ha interpretato rottamente le tesi di Lefèvre e le sue affermazioni corrispondono ai dati di fatto.

La relazione di Knowles è di gradevole lettura, poiché l’autore più che discutere le questioni tecniche descrive il significato della problematica introdotta da Lefèvre per la storia delle origini dell’Ordine Cistercense. Ma proprio in ciò si rileva la sua debolezza; infatti egli nelle sue affermazioni resta superficiale e poco esatto. In più la sua relazione presenta pochissime note; ciò costituisce forse un’altra causa delle molte inesattezze che in essa si trovano.

Se avesse tentato di documentare le sue osservazioni avrebbe rilevato sia elementi discussi ai quali gli autori non hanno neppure pensato, sia elementi assolutamente alieni dalle affermazioni degli autori citati.

Dopo una breve esposizione della scoperta di Turk, Knowles descrive la tesi fondamentale di Lefèvre. Egli pensa che Lefèvre abbia confrontato tre codificazioni “complete” trovate nei manoscritti di Trento 1711, Laibach 31 e nei testi di Digione che il Guignard aveva pubblicati. Knowles oltre a ciò afferma che Turk abbia ritenuti i testi editi da Guignard per il «dossier» presentato nel 1153 ad Eugenio III[clxxii], mentre Lefèvre li avrebbe fissati circa nel 1163[clxxiii].

Questa osservazione attribuisce a Turk e a Lefèvre qualche cosa che loro non hanno mai asserito. Turk sapeva molto bene dall’esame delle Bolle “Sacrosancta” che la CC2, nella forma pubblicata da Guignard, non potè essere presentata nel 1152[clxxiv]. Inoltre la teoria dei manoscritti “completi” (Knowles li chiama dossier) deriva soltanto da Lefèvre, il quale però non incluse nella sua tesi fondamentale il terzo gruppo (i testi di Digione) nominati da Knowles, poiché questo terzo «gruppo», almeno nei manoscritti conosciuti oggi, non esiste affatto, in quanto Guignard ha raccolto i testi del suo Monuments primitifs cercando qua e là in diversi manoscritti.

Knowles in vari punti sembra dimenticare tutto ciò. All’inizio del suo articolo esplicitamente parla di diversi manoscritti di Digione, che pubblicò Guignard e li indica anche in una nota[clxxv]; confonde poi Digione 601 (già 354), che contiene la CC2, con Digione 114 (già 82) delle Consuetudines[clxxvi], e nella descrizione della tesi fondamentale di Lefèvre questi testi di diversi codici diventano un’unico «gruppo»[clxxvii]. Lefèvre non ha mai asserito ciò, poiché conosceva molto bène che questo «gruppo», anche se poi forse esistette in qualche manoscritto, in nessun modo era paragonabile alla codificazione contenuta in Trento 1711 ed in Laibach 31. Così dobbiamo rilevare che Knowles non ha descritto affatto bene la tesi fondamentale di Lefèvre.

In altre occasioni il nostro autore non solo non rigetta alcune tesi di Lefèvre sulla CC, ma in molti punti le approva[clxxviii]. Egli vede l’essenziale non nella datazione dei documenti, ma nel fatto che la CC ha avuto un lungo sviluppo, che oggi è innegabile.

In modo del tutto diverso egli giudica la teoria di Lefèvre in riferimento all’Ex C. e all’Ex.P. Egli afferma che Lefèvre in nessun modo ha provato che l’Ex.P. non sia stato scritto prima del 1152 e che l’Ex. C. esisteva già nel 1119. È vero che Knowles accetta la tesi di Lefèvre secondo cui l’Ex.P. è uno scritto ufficiale sugli inizi dell’Ordine, ma rigetta proprio per questo l’opinione di Lefèvre il quale avrebbe voluto sostenere che l’Ex. P. tratta dell’origini dell’Ordine Cistercense in una maniera più o meno falsa. Ciononostante Knowles dichiara in seguito che ha delle difficoltà a datare al 1119 l’Ex.P. nella forma conosciuta oggi, poiché si afferma troppo esplicitamente che lo scritto deriva dai veri fondatori di Cîteaux.

Ma una tale insistenza è troppo vistosa per essere accettata incondizionatamente[clxxix]. Knowles non cerca di risolvere questo problema, ma vuole solo indicarlo.

Riepilogando, diciamo di prevedere che la relazione del professore Knowles troverà ampia diffusione fra gli studiosi e finirà coll’attirare la loro attenzione sul nostro problema: in ciò consisterà il suo merito. Dobbiamo però deplorare che questo famoso professore, il quale criticò tanto aspramente il metodo di esposizione di Turk e di Lefèvre[clxxx], non abbia, egli stesso, evitato errori tanto spiacevoli[clxxxi].

7. Gli articoli della dottoressa Edith Pásztor

Dopo la pubblicazione del nostro articolo in tedesco[clxxxii], la dottoressa Edith Pásztor ha scritto due articoli sulle origini cistercensi. Il primo[clxxxiii] potrebbe essere definito in qualche modo una recensione del nostro lavoro, il secondo[clxxxiv] invece esamina tutta la problematica dal punto di vista metodologico, poiché, afferma la Pásztor, «il fatto che molti interrogativi siano ancora rimasti sospesi, dipende soprattutto…dai limiti di molti di questi studi, condotti senza quelle esigenze critiche, filologiche e storiche, che sono invece indispensabili in tali ricerche»[clxxxv]. La Pásztor applica questi criteri agli studi di Lefèvre e di Van Damme, analizzando i problemi della CC[clxxxvi] e delle fonti narrative, e specialmente i documenti contenuti nell’Ex. Parvum[clxxxvii]. Alla fine l’Autrice insiste molto opportunamente sulla necessità di inserire le origini cistercensi nel quadro storico del tempo[clxxxviii].

L’articolo della Pásztor è stato recensito da Van Damme[clxxxix] che lo ha salutato con “gioia e grande speranza”, mettendo in rilievo il pregio dell’oggettività e dell’imparzialità[cxc]. Van Damme in genere accetta le critiche mossegli dalla Pásztor, ma in parecchi punti cerca di difendere le sue posizioni senza però corroborarle con nuovi argomenti[cxci].

L’articolo della Pásztor ripete e completa quello che è stato detto nel nostro articolo pubblicato in tedesco. È fuor di dubbio che non sarà fatto nessun passo avanti nelle ricerche sulle origini Cistercensi, finché non saranno osservate scrupolosamente le raccomandazioni metodologiche dell’Autrice.

8. La bolla “Ad hoc in” di Callisto II (1119)

Nel 1964 J. A. Lefèvre ha dedicato un lungo articolo per discutere se la bolla “Ad hoc in” di Callisto II, che per la prima volta approvava la costituzione dei Cistercensi, avesse una “sottoscrizione lunga” o no[cxcii].

Per diverse ragioni in questo articolo, fino adesso, non abbiamo recensito il lavoro di Lefèvre, ma prima di concludere la presente rassegna desideriamo trattarlo.

Lefèvre fu incuriosito dal fatto che nel ms. Car. C. 175 della Biblioteca Centrale di Zurigo la bolla finisce col testo seguente:

«Ego Kalixtus katholicae ecclesiae episcopus confirmavi ut pitantiae non administrentur in refettorio apud Cistercium tempore generalis capituli. Finit Karta caritatis. Amen»[cxciii].

Lefèvre si domandava se le parole “ut pitantiae…capituli” potessero essere considerate come aggiunte dal papa stesso nel momento della firma o no, cioè poneva la questione dell’autenticità di questa «sottoscrizione lunga». Per questo scopo ha descritto ampiamente i tredici manoscritti anteriori al secolo XVI contenenti la bolla per vedere le loro derivazioni e per arrivare a delle conclusioni che la sottoscrizione gli permetta di risolvere[cxciv].

L’esame mostra che dei tredici manoscritti soltanto nove riportano la firma: tre di essi l’hanno in forma breve, dunque senza le parole «ut pitantiae…capituli»[cxcv], quattro in forma lunga[cxcvi] e due altri manoscritti hanno un testo ancora più lungo[cxcvii].

Lefèvre si è chiesto spesso se poteva essere probabile che il papa, nella sua firma, avesse aggiunto questa decisione sulle pietanze. Ora propende per l’ipotesi[cxcviii] della autenticità della firma lunga[cxcix] e crede che le regole della cancelleria di Callisto II non facciano difficoltà[cc].

La formula strana del ms. di Zurigo era già stata osservata dal Turk:

«Scriptor… subscriptionem Papae inepte ad aliquod statutum adiunxit[cci] quod capitulum generale Ordinis Cisterciensis a. 1120, postquam CC a Papa iam approbata fuit, decreverat, scil. ne abbatibus in capitulo generali congregatis pictantiae amplius administrarentur. Textus hoc modo confusus est…»[ccii].

Per Turk si trattava di un errore del copista e per lui la “sottoscrizione lunga” non era affatto autentica.

Van Damme recensendo l’articolo del Lefèvre ha espresso parecchi dubbi sull’autenticità della firma[cciii]. Egli rileva che Lefèvre non ha esaminato sufficientemente se si tratta dell’errore di un copista, poiché i manoscritti contenenti la firma breve sembrano essere di ben maggiore importanza: tre manoscritti contenenti la CC1 ed altri due manoscritti completi della bolla hanno la firma breve[cciv].

Entrare nell’esame dei singoli manoscritti per la questione della “sottoscrizione lunga” sarebbe qui fuori posto, ma ci sia permesso di proporre per la spiegazione del fenomeno una ipotesi che non vediamo proposta fino ad ora da nessuno.

Dopo gli studi di Lefèvre, gli studiosi ritengono concordemente questa ordinaria successione dei documenti nelle famiglie di manoscritti contenenti il primitivo corpus cistercense:

1)     Exordium Parvum

2)     CC colla bolla di Callisto II

3)     Instituta Capituli Generalis apud Cistercium, Eccl. Officia, etc.

Fino ad oggi conosciamo sette manoscritti contenenti la CO[ccv]. In tutti questi, la CC1 è preceduta dall’Ex. Parvum, il quale è dunque una introduzione alla CC1 È da notare che tutti questi manoscritti contengono anche il capitolo De abbatiis dell’ Ex. Parvum, il quale capitolo manca però alla fine dell’Ex. Parvum quando è seguito non dalla CC1 ma dalla Bolla di Callisto II e dalla CC2. La tabella seguente permette di vedere meglio la succesione dei documenti:

Ms.

Ex. Parvum

 

cc1

Bolla

CC2

Inst.Cap.Gen.

c. 1-17

c. 18 De abbatiis

= c. 12 della CC1

= c. 18 dell’Ex. P.

Tipo I

1

2

3

4

 

 

5

Tipo II

1

manca

manca

 

2

3

4

 

Il fatto curioso è dunque il seguente: la bolla di Callisto II nel tipo II dei manoscritti appare come numero 18 del documento. Ma nel manoscritto di Zurigo il capitolo de abbatiis ha il numero 17[ccvi], così che anche là la bolla, anzi tutta la CO colla bolla costituisce praticamente il numero 18. Ora la formula “ut pitantiae… capituli” è il titolo nel n. 19 degli Instituta Capituli Generalis. La spiegazione più semplice dell’errore del copista ci sembra la seguente: il copista dopo aver trascritto i primi diciotto numeri, invece di cominciare dal numero 1 degli Instituta Capituli Generalis, è passato al numero 19 di questi il quale ha il titolo: “Ut pitantiae,.. capituli». In altre parole: il fatto che il titolo «Ut pitantiae… capituli” porti il numero 19 lascia supporre come si sia arrivati all’errore[ccvii]. E una volta fatta la confusione, tutta una famiglia di manoscritti è stata contaminata.

Vediamo ora la “sottoscrizione lunga” nei sei manoscritti descritti da Lefèvre. I sei manoscritti si dividono chiaramente in tre gruppi: il primo è costituito dal Ms. Car. C. 175 di Zurigo, il quale contiene la CC1; il secondo da due manoscritti inglesi; il terzo da tre manoscritti austriaci.

a) Il ms. Car. C. 175 della Biblioteca Centrale di Zurigo

Poiché il ms. non dà nessun numero agli Instituta monachorum cisterciensiutn de Molismo venientium che costituisce in tutti manoscritti ed edizioni il capitolo 15 dell’Ex. Parvum, il capitolo De abbatiis diventa capitolo 17.

La CC costituisce il capitolo o numero 18 – da notare che la bolla di Callisto II, di nuovo per un errore, diventa capitolo 11 anziché 12 della CC -ed alla fine c’è la “sottoscrizione lunga”, che è il titolo del numero 19 degli Instituta Capituli Generalis.

Che la numerazione continua dei documenti fosse in uso, si vede chiaramente per es. nel caso nel ms. 88 di Tarragona, nel quale la CO dopo i 18 numeri dell’Ex Parvum riceve il numero 19[ccviii].

Certamente non era il copista del ms. di Zurigo il primo ad introdurre la “sottoscrizione lunga”, poiché questo codice non contiene gli Instituta Cap. Gen., ma le «Consuetudines quae servantur in domo Cisterciensi matre Ordinis»[ccix]. L’errore si trovava dunque già nel ms. trascritto da colui che copiò il ms. di Zurigo.

b)I mss. Londra, British Mus. Addit. 18148 e Manchester, Rylands Libr. lat. 319

Questi due manoscritti si possono trattare insieme: manca in ambedue il capitolo de abbatiis, la bolla di Callisto II constituisce il numero 18, e la firma del papa è seguita dal testo seguente:

“Ego Calixtus catholice ecclesie episcopus confirmavi ut pitancie non administrentur in refectorio apud Cistercium tempore generalis capituli. Nos abbates illo tempore decem, sicut solemus Cistercium post annum, venientes, rogabamus domnum Stephanum et, fratres, ne nobis in refectorio solite pitantie post duo pulmenta regularia presentarentur quia et in refectorio in distributione harum rerum videbatur esse quedam inquietudo fratrum et in mora illa diminutio dormitionis fratrum. Tuncque abbate illo et fratribus consentientibus stabilivimus ne ista nobis illo tempore amplius fièrent»[ccx].

Qui abbiamo non soltanto il titolo, ma anche il testo del numero 19 degli Instituta Cap. Gen.! Perciò qui l’errore è ancora più chiaro, tanto che anche nel ms. di Londra il testo “ut pitantie… fierent” è stato poi barrato.

e) I mss. Heiligenkreuz 131, Lilienfeld 108 e Zwettl 141

I manoscritti sono della medesima famiglia, ma non sono “tipi puri” per quanto alla successione dei documenti. Sono anche tardivi, e contengono la CC2.

Dopo i 17 numeri dell’Ex. Parvum (manca dunque il caput de abbatiis) segue la bolla di Callisto II, seguita a sua volta dalla CO. Anche qui ci fa pensare il fatto che dopo la bolla, la quale diventa numero 18 dell’Ex Parvum, viene il tìtolo del num. 19 degli Instituta Cap. Gen.

Notiamo ancora che Lefèvre ha tentato di dare anche una edizione critica della bolla di Callisto II. Purtroppo l’edizione non può soddisfare poiché contiene numerosi errori di trascrizione[ccxi]. La sottoscrizione nella sua edizione è breve, nonostante la sua ipotesi dell’autenticità della “sottoscrizione lunga”. Così per il testo completo bisognerà ricorrere ancora all’edizione Nomasticon Cisterciense[ccxii], poiché il testo nelle edizioni Mansi, Migne, ed anche nel Marilier contengono alcuni errori[ccxiii].

Siamo giunti alla fine della nostra relazione. Speriamo di essere riusciti a rendere chiare, per quanto era possibile, le diverse tesi. Da quanto è stato detto appare evidente che la questione della datazione dei primi documenti storici dell’Ordine Cistercense presenta una problematica molto difficile. Ciò potrebbe dispiacere a qualcuno.

 

Ad altri la nostra potrà sembrare una questione vana: se per la retta interpretazione della CC l’abate di Cîteaux e i quattro proto-abati prima della Rivoluzione francese non esitarono ad intentare processi l’uno contro gli altri per oltre cento anni, gli storici contemporanei vorranno forse, magari sotto un’altra forma, riprendere le antiche ostilità? Noi pensiamo invece che questa discussione sia molto utile, anzi necessaria. Essa ha portato, fino ad ora, al bilancio seguente:

1)     Il problema della datazione dei documenti più discussi non è ancora definitivamente risolto. La discussione perciò non ha raggiunto il fine che si era proposto.

2)     Dai contributi della discussione, che si è svolta fino ad ora, è confermato chiaramente che la CC e le istituzioni dell’Ordine Cistercense hanno subito una lunga evoluzione, che già oggi può essere descritta a grandi linee, anche se saranno possibili piccoli spostamenti a causa della datazione non ancora definitivamente risolta.

3)     La discussione, come già abbiamo detto, non ha completamente chiarito la storia dei primi decenni della CC, ma ha contribuito molto alla retta conoscenza della CC, che per secoli era la sola conosciuta e sulla quale si era tanto discusso.

4)     L’indagine sulle origini dell’Ordine Cistercense ha ancora molto cammino da percorrere. Ci sembra che sia giunto il tempo di preparare una edizione veramente critica dei documenti recensiti sulla base di tutti i manoscritti, e di pubblicare un particolareggiato commentario almeno sulla CC2. Con ciò sì farebbe un grande passo avanti nella storiografia degli inizi dell’Ordine Cistercense[ccxiv]. In attesa di ciò sarebbe utile abbandonare le dispute inutili e sterili.

P. Policarpo Zakar
Ordinano di Storia Ecclesiastica
all’Ateneo “S. Anselmo” in Roma


[i] G. müller, Vom Cistercienser Orden, Bregenz 1927, 258 (una ristampa degli articoli pubblicati in Cist.-Chronik 37 (1925) – 39 (1927).

[ii] T. hümpfner, Exordium Cistercii cum Summa Cartae Caritatis et fundatio primarum quattuor filiarum Cistercii, Vác 1932, 31 pagine.

[iii] “Quae quidem Carta [Caritatis] largius continet et quae diximus, sed nos summam tantum eorum hic breviter perstringemus”.

[iv] L’edizione di Hüpfner fu criticata da turk 2, 139 e lefèvre 2, 79.

[v] T. hümpfner, op. cit., 28: “In his capitulis habemus summam Cartae Cari-tatis primitivae, illius scilicet Cartae, quam Papa B. Eugenius III approbavit. Secundum approbationem Eugenii III, correctio Cistercii, si necessarium esset, fit a tribus abbatibus Firmitatis, Pontiniaci et Claraevallis. De abbate Morimundi Eugenius III nihil dicit, sicuti et textus noster hic publicatus. Quaeritur nunc, quando, cur et quomodo mutata sit Carta Caritatis? Quaestiones istae adhuc sunt dilucidandae.”

[vi] O. ducourneau, Les origines cisterciennes, Revue Mabillon 23 (1933) 189: “On le voit, par le peu qui vient d’être dit, entre le texte original de la Charte de Charité et le texte connu, il devait y avoir bien des divergences; combien donc il est à souhaiter qu’on retrouve le texte primitif”.

[vii] Prvotna Charta Caritatis; Akademija znanosti in umetnosti v Ljubljani, Fi-lozofsko-filolosko-historicni razred, historicna sekcija, Ljubljana 1942, 57 pag.

[viii] Cfr turk 1, l’elenco delle abbreviazioni.

[ix] Cfr turk 2 (il volume infatti è apparso solo nel 1949).

[x] Cfr tuttavia l’articolo di K. spahr, Neue Beiträge zur Ordensgeschichte, Cist.-Chronik 58 (1951) 30-34.

[xi] J. leclercq, Une ancienne rédaction des coutumes cisterciennes, RHE 47 (1952) 172-176.

[xii] Sono gli articoli citati nell’elenco delle abbreviazioni da lefèvre 1 fino a lefèvre 14.

[xiii] J. A. lefèvre, Les codifications du droit constitutionnel de Cîteaux (1114-1265), dattiloscritto, 327 pagine. Anche qui desideriamo esprimere al Signor J. A. Lefèvre il nostro sincero grazie, poiché ci mise a disposizione un esemplare di questa tesi già nel 1956.

[xiv] Egli pubblicò soltanto un articolo insieme a B. Lucet nel 1959, vd. le-fèvre 15; l’articolo La Bulle “Apostolicae Sedis” pour Cîteaux avait-elle une souscription longue?: Revue Bénéd. 74 (1964) 111-143 e l’articolo A propos de la division des “Instituta Generalis Capituli” en collections séparées dans le ms. de Laibach 31: Analecta Cisterciensia 21 (1965) 110-111.

[xv] Si legga per es. la frase seguente del grande medievista D. J. Leclercq O.S.B.: «L’histoire de ces débuts (de Cîteaux) fait actuellement l’objet de recherches dont les résultats ne sont pas encore définitifs. On retient aujourd’hui que les abbés des quatre premières filiales de Cîteaux se donnèrent, en 1114, un premier statut qu’il appelèrent Charte de Charité, puis avant 1119, une première législation, désignée, à cause du récit par lequel elle commence, comme le Petit Exorde”: J. leclercq-f. VANDENBROUCKE-L. BOUYER, La spiritualité du Moyen Age, Aubier, Paris 1961, 234. A tutti è chiaro che a Don T. Leclercq devono essere sfuggiti diversi errori, poiché nel 1114 Cîteaux aveva solo due filiali e non quattro; i primi quattro abati appaiono, in quanto tali, solo nel 1163; “L’Exordium Parvum» è nato certamente non prima del 1119 e nessuno include sotto questo nome la «prima legislazione» cistercense. Questa prima svista dimostra però la confusione di oggi. Si vedono ancora le difficoltà, se si confrontano p. es. le tre edizioni della nota storia dell’Ordine di L. J. Lekai: “The White Monks”, Okauchee 1953. segue le opinioni di Turk; “Les Moines Blancs”, Parigi 1957, segue le opinioni di Lefèvre e quella tedesca, edizione curata dal P. Dr. Ambrogio Schneider (“Storia ed opera dei monaci bianchi”, Colonia 1958) porta una terza versione. Così anche le prossime traduzioni spagnole ed italiane contengono ancora alcune varianti.

[xvi] Vd. però il lavoro di Knowles del quale parleremo alla fine dell’articolo.

[xvii] Le tesi di Lefèvre sono seguite anche da V. Dammertz, Das Verfassungsrecht der benediktinischen Mönchskongregationen, St. Ottilien 1963, 26-32.

[xviii] Solo gli articoli di Lefèvre contano 381 pagine.

[xix] Noi tratteremo, per esempio, le indagini su S. Bernardo solo se esse hanno riferimenti con le nostre questioni. Cfr tra l’altro L. grill, Der hl. Bernhard als bisher unerkannter Verfasser des Exordium Cistercii und der Summa CC, Cist.-Chronik 66 (1959) 43-57 e J. leclercq, L’Exordium Cistercii et la Summa CC sont-ils de Saint Bernard?, Revue Bénéd. 73 (1963) 89-99.

[xx] Nella sua tesi (vedi sopra pag. nota 13) egli descrive 44 manoscritti in
90 pagine; anche nei suoi articoli ne parla abbondantemente.

[xxi] In Laibach 31 non si trova nessun Usus Conversorum. Mancano anche gli ultimi capitoli degli Ecclesiastica Officia (cfr. sotto n. 5).

[xxii] “Completi” sono in certo senso anche il manoscritto 1207 della Biblioteca Santa Genoveffa di Parigi e il ms. 1247 della biblioteca comunale di Metz (Cfr. le-fèvre 15, 8-9).

[xxiii] Cfr. per es. lefèvrb 12, 53, oppure 5, 25.

[xxiv] Nell’indicazione dei capitoli (foglio 25r) si trovano 123 numeri, ma di fatto mancano le ultime pagine del manoscritto e perciò mancano la fine del n° 118 e i seguenti statuti. Cfr. C. noschitzka, Codex ms. 31 Bibliot. univ. Labacensis, Analecta SOC 6 1950) 1-124. turk 1, 17 dunque nelle sue indicazioni non è esatto quando parla solo dei numeri 121: «Capita ultima 118-121 tantummodo desunt». lefèvre 12, 53 parla anche solo dei numeri 121.

[xxv] J. A. lefèvre 5, 25.

[xxvi] La data di origine dei manoscritti Laibach 31 e Trento 1711 è abbastanza determinabile. L’origine del codice 1711 di Trento venne assegnata dal Prof. B. Bischofi verso la metà del secolo XII (Analecta SOC 12 (1956) 157). Il Laibach è certamente anteriore al 1175 (cfr. ibidem 6 (1950) 3). Lefèvre, seguendo Turk, crede, sulla base degli statuti 30-33-36-37 degli “Instituta generalis Capituli” (i quali nel Laibach 31, confrontando le determinazioni del Cap. Gen. del settembre 1152, hanno una forma più antica) di poter fissare l’origine del manoscritto prima del 1152; lefèvre 3, 165 e ID., 9, 93.

[xxvii] B. griesser, Die Ecclesiastica Officia Cisterciensis Ordinis des Cod. 1711 von Trient, Analecta SOC 12 (1956), 174, data la redazione del testo “subito dopo il 1134». Già J. leclercq (cfr. pag. 5 nota 11) li ha fissati «prima del 1140».

[xxviii] lefèvre 3 e lefèvre 4.

[xxix] lefèvre 9 e lefèvre 10. L’espressione «una specie di libro bianco» si tro-va in lefèvre 12, 55, che del resto segue Turk 2, 39.

[xxx] lefèvre 2. Noi ritorneremo presto su questa questione.

[xxxi] Cfr per es. lefèvre 5, 25 e id., 12, 53-54.

[xxxii] L’interpunzione di questa proposizione è un problema difficile. Noi poniamo le due possibilità una di fronte all’altra.

[xxxiii] Ex. Cist., cap. II.

[xxxiv] LEFÈVRE 2, 85: “La phrase comprend une incise, dans laquelle s’est préci-sément glissée la contusion entre les XX années et les XII abbés: quaequidem carta (sicut ab eodem patre digesta, a praefatis XX (!) abbitibus confirmata sigilli quoque apostolici auctoritate munita est) largius continet ea quae diximus”. Lefèvre non parla altrimenti di questa difficoltà che risulta per lui dalla susseguita approvazione.

[xxxv] LEFÈVRE 2, 80, nota 17. Già turk 2, 76 pensava di dover correggere i 20 abati dei manoscritti col numero di 12.

[xxxvi] LEFÈVRE 2, 85.

[xxxvii] Vd. p. es. lefèvre 2, 93: “Tels sont les preuves convergents qui font de la Summa CC, la vraie constitution de 1119…”. Cfr. id., 1253; lefèvre 4, 242 nota 6 egli scrive però: “Je donne les arguments convergents qui militent en faveur de cette hypothèse…”.

[xxxviii] lefèvre 1, 8-14. Le interpolazioni sarebbero: una proposizione al cap. IV in cui viene descritto che il visitatore, quantunque prenda il posto dell’abate della casa visitata, come del resto anche gli altri abati supervenienti, non deve mangiare con gli ospiti, ma nel refettorio con la comunità (“excepto quod non… in hospitio comedat”); un’altra proposizione al cap. VIII: “Ipsi vero cum his quos genuerint, annuum capi-tulum non habebunt)», che Lefèvre data tra il 1135-1140, e altre ancora.

[xxxix] Cfr lefèvre 2, 77-78.

[xl] D. O. ducourneau, Les origines cisterciennes, Revue Mabillon 23 (1933) 187.

[xli] lefèvre 1, 17-18. La riferita frase del documento suona: “Eo tempore… suscepit Domnus Stephanus abbas Pontiniacensem ecclesiam ad abbatiam ibi ordinandam, cartata vero caritatis et unanimitatis inter Novum Monasterium et abbatias ab eo propa-gatas compositam et corroboratam idem pontifex (Autissiodorensis) et canonicorum conventus ratam per omnia habuerunt”: T. hümpfner, Exordium Cistercii…, Vác 1932, 19. Lefèvre pensa che l’espressione in plurale “et abbatias ab eo propagates” si può spiegare dicendo che Pontigny era già “virtualmente fondata nel momento di queste trattative”.

[xlii] «Ego Hugo, Pontiniacensis Abbas subjectionem, reverentiam tibi Domino Humbaldo episcopo… et sanctae sedi Autissiodorensi, salvo ordine nostro, perpetuo me exhibiturum promitto». Il testo manrique, Cisterciensium… Annaliutn t. I, Lione 1642, 76.

[xliii] lefèvre 1, 21-22.

[xliv] lefèvre 2, 93-94.

[xlv] lefèvre 15, 13.

[xlvi] Si tratta del Cap. VII (Ut nemo recipiat ad aliam ecclesiam conversum ire volentem) fino al cap. XXVI (De sculpturis et picturis et cruce lignea), in cui Trento 1711 ha una continuata enumerazione dei documenti. Lefèvre ha pubblicato per la prima volta questi capitula: lefèvre 2, 101-104.

[xlvii] A. manrique, Cisterciensium… Annalium t. I, Lione 1642, 271. L’ipotesi del Manrique venne già rigettata da F. kovacs, A propos de la date de la rédaction des Instituta Gen. Cap. apud Cistercium, Analecta S.O. Cist. 7 (1951) 85-89.

[xlviii] J.-M. canivez, Statuta capitulorum generalium O. Cist., Vol. I, Lovanio 1933, 13-32 e 45-49. Canivez pubblicò sotto l’anno 1134 e datò anche gli Statata “ipsius anni 1134» (secondo il manoscritto latino 12169, f. 115 della Biblioteca Nazionale di Parigi), senza domandarsi quale è la relazione di questi statuti con gli altri. Già questo esempio dimostra con quanta cautela bisogna usarsi del primo volume del Canivez. E poiché i primi cinque volumi di questa edizione sono esauriti, ci si permetta di esprimere il desiderio che questi volumi non siano riprodotti fotomeccanicamente, ma che siano rielaborati profondamente, tenendo in considerazione le recensioni (per es. quelle di G. rath, Cist. Chronik 48 [1936] 50-61) e i nuovi studi.

[xlix] lefèvre 3, 166-171, specialmente pag. 106, nota 26. Gli statuti del secondo gruppo non sono numerati in Laibach 31, che al terzo gruppo rincominciano con uno, mentre quelli degli altri codici sono numerati in continuazione.

[l] lefèvre 3, 165.

[li] lefèvre 9; id., 12 e 13.

[lii] B. tissier, Bibliotheca Patrum Cisterciensium, Bonnefontaine 1660, Vol. I alla fine della prefazione: “Parvi (Exordii) authorem arbitramur esse S. Stephanum, Ci-stercii Abbatem. Initio enim eius haec verba habentur: Nos primi huius Ecclesiae fun-datores, etc. Unus ergo ex illis primis hoc scripsit. Hunc autem fuisse S. Stephanum, videtur elici ex iis quae de ipso S. Stephano dicuntur. Nam cum de S. Alberico agit, de eo honorifice loquitur: cum autem de seipso S. Stephano agitur, quilibet alius ab ipso laudes eius non tacuisset…”.

[liii] guignard -F., XXX-XXXIV, pensava che già nel secolo XII ci sarebbe stata la consuetudine nella Curia papale di aggiungere une relazione storica della nascente Istituzione per ottenere l’approvazione delle Costituzioni. Nel 1119 questa relazione sarebbe stata l’Exordium Parvum. Secondo il guignard l’abate Stefano Harding avrebbe pubblicato nel 1120 questa relazione, dopo aver ricevuto l’approvazione papale della CC e avrebbe aggiunto il capitolo XVIII, in cui si fa menzione di dodici abbazie allora esistenti. Il guignard voleva riferire gli otto anni asseriti in questo capitolo, alla fondazione di La Ferté: “… en moins de huit ans depuis que l’Abbaye de La Ferté… était sortie de Cîteaux”: ivi, XXXIV.

[liv] Cfr sopra p.

[lv] lefèvre 9, 104-105: “Quant à l’Exordium Parvum, il traite ces événements dans le ton du pamphlet et de la satire…”. L’Exordium Cistercii “est un récit sobre et serein des origines cisterciennes, présentées selon un ordre strictement chronologique et sans tentative de les expliquer ou de les justifier par des arguments très subjectifs…».

[lvi] Dal fatto che il capitolo I dell’Exordium Parvum ha già per titolo “Exordium Cist. Cenobii”, mentre il terzo Capitolo è intitolato “De egressu Cisterciensium mo-nachorum de Molismo”, Lefèvre conclude che l’Exordium Parvum non ordina cronologicamente le sue parti e che la “Epistula Hugonis Legati” in realtà è stata data ai monaci che già si trovavano a Cîteaux il 21 marzo 1098, e che perciò tale giorno deve significare il termine in cui Cîteaux fu eretta canonicamente ad Abbazia. Secondo il nostro autore la lettera non contiene in nessun modo il permesso di abbandonare Molesme, come invece presenta l’autore dell’Exordium Parvum. Cfr in relazione a quanto detto: lefèvre 13, 10-11.

[lvii] lefèvre 9, 90 e ID. 14: il testo suona: “Nam viri isti apud Molismum positi… videntes se hanc regulam solemni professione servaturos promississe eamque mi-nime custodisse et ob hoc perjurii crimen scienter incurrisse et propter hoc…». La frase “et ob hoc… incurrisse” manca in molti manoscritti e in tutte le vecchie edizioni.

[lviii] lefèvre 13, 16-17: “sub apostolicae Sedis tutela specialiter protegi quam-diu vos ac successores vestri in ea quant hodie observatis disciplinae ac frugalitatis obser-vantia permanseritis, salva Cabilonensi Ecclesiae canonica reverentia». Lefèvre ha tro-vato la frase mancante nel bollano dell’Abate Giovanni di Cirey, pubblicato in Digione nel 1491 (le pagine del bollano non sono numerate; secondo la nostra numerazione sarebbe la pagina 8), in Mansi (XX, 980) e in Cherubini (I, 30). La frase si trova anche in ch. henriquez, Régula… et privilegia O. Cist., Anversa 1630, 51 e in A. manrique, Cist. Ann. t. I, Lione 642, 22, ma manca in J. paris, Nomasticon Cisterciense seu Anti-quirores Ordinis Cisterciensis Constitutiones, Parigi 1664 (21670), sebbene a lui questa proposizione, nella lotta per i diritti della “Strictior observantia”, avrebbe potuto rendere grandi vantaggi, come anche nel piccolo libro, L’ancien gouvernement de l’Ordre de Cîteaux, Parigi 1674, 347. Varrebbe la pena ricercate la storia di questa proposizione. Si potrebbe anche pensare che questa proposizione fosse stata inventata nel 1491, per mostrare che il permesso dato dalla S. Sede e dal Capitolo Generale rispettivamente negli anni 1475 e 1481, con la quale si permetteva di mangiare carne tre volte la settimana, sarebbe contrario al “Privilegium Romanum” del 1100. L’edizione dell’Ex. Parvum curata da J. marilier, Chartes et documents concernant l’abbaye de Cîteaux, Bibliotbeca Cisterciensis, I, Roma 1961, 48-49 riporta la proposizione “quamdiu… permanseritis”, ma non accenna al problema.

[lix] lefèvre 11.

[lx] “Quoniam autem Cisterciensis Ecclesia mater est omnium vestrum et alium patrem Abatem super se non habet, per quatuor primos Abbates, de Firmitate, de Pon-tiniaco, de Claravalle, de Morimundo annua ibidem visitatio fiat». Il Capitolo V della Summa CC usa l’espressione “Abbas Cisterciensis… ipse omnium caput», La bolla parla della «Cisterciensis Ecclesia mater….omnium. van damme 4, 75 pensa che l’abate di Morimondo divenne proto-Abate già tra gli anni 1142-1147, poiché nel 1142 accanto all’Abate di Cîteaux solo gli abati di La Ferté, Ponti-gny e Chiaravalle hanno sottoscritto il patto di amicizia con i Premonstratensi. Ma nel 1147 nella procedura di affiliazione di Savigny, già si parla dei primi quattro proto-abati: «… et in continenti concessus est ei (Abbati Saviniacensi) prioratus omnium Abbatum Ordinis per Domum Cisterciensem et quattuor primos Abbates” (S. baluze, Miscella-neorum t. IL Paris, 1679, 311). Di fatto l’abate di Savigny ha ricevuto nel Capitolo Generale il posto dopo l’abate di Morimondo, cosa che tuttavia poteva accadere molto bene a causa della fondazione di Savigny, avvenuta probabilmente nel 1115 come del resto già notava bouton, 425. La Bolla “Sacrosancta” di Adiriano IV dell’anno 1157 conosce ancora solo tre proto-abati.
Del resto, oggi sappiamo che Baluze non ha trascritto bene l’abbreviazione p’ del ms.lat. 4862 della Biblioteca Nazionale di Parigi: Egli ha letto per invece di post. Il testo giusto dunque è: post Domnum Cisterciensem et quattuor primos abbates”. Il testo dice solo che l’abate di Morimondo aveva il quinto posto nella precedenza, essendo nell’ordine delle fondazioni il quinto monastero e non afferma affatto che esisteva già nel 1147 il “gruppo dei quattro protoabati”. Vedi su questa questione le ulteriori precisazioni nell’articolo: P. zakar, Réponse aux Quelques à-propos du Père Van Damme sur les origines cisterciennes: Quelques conclusions: Andecta Cist. 21 (1965) 139-143.

[lxi] bouton, 437.

[lxii] Fiches 23-29, pag. 89-116.

[lxiii] bouton, 394.

[lxiv] Ibid., 395.

[lxv] Ibid., 395-6.

[lxvi] bouton, 397: « On est déja surpris de voir le resumé plus détaillé que le texte... ». La Summa CC Cap. III ha le seguenti prescrizioni che mancano nella CC1: «...non ejus novitium in monachum benedicere; non ejus monachum ipso invito inde abducere; non alium ad habitandum introducere ».

[lxvii] bouton, 397. Bisogna però notare che tra i « capitula » (X) si trova già lo statuto: Quos libros non licet habere diversos. P. Bouton pensa tuttavia che i capitula siano di origine leggermente posteriore, altrimenti sarebbero stati inseriti nel testo. Egli scrive ancora: «Il nous semble que l'enchaînement des idées dans le chapitre de generali statuto de la Summa parait plus logique dans le développement du principe posé en premier lieu: nullam exactionem imponere ».

[lxviii]CC1, cap. VIII: « Ipsi vero cum his quos genuerint, annuum capitulum non habebunt ». bouton, 401, scrive: « Là encore il y a eu évolution, et la Summa se rélève une disposition à laquelle la CC prior a apporté une modification ». Si potrebbe tuttavia obiettare a P. Bouton: Se la Summa CC è un compendio della CC ad uso dei noviziati (corne egli sostiene seguendo Turk, nell'articolo citato, pag. 432: « manuel d'histoire de l'Ordre...en vue d'instruire les novices »), allora egli non deve meravigliarsi se è stato tralasciato qualche punto della CC che non era importante per i novizi.

[lxix] bouton, 401-402: «Constatons-le une fois de plus: la Summa se réfère à un texte antérieur au ms. 31 de Laybach ». Più tardi egli usò per la primitiva CC il titolo di «CC primitive» al posto della infelice espressione « Carta anteprior ».

[lxx] Fiches 23, p. 89.

[lxxi] Vedi specialmente fiches 28, p. 110-111, dove egli presenta la sua tesi in maniera schematica e cerca di datare tutti gli statuti della CC1 e CC2.

[lxxii] Fiches 23, p. 90. Frattanto P. Bouton ha cambiato opinione. Nell'introduzione alla traduzione francese dell'Exordium Parvum, apparsa in ciclostile nel volume Autour de la spiritualité cistercienne III (volume 15° della serie Pain de Cîteaux, Chambarand, 1962), p. 102, egli a causa del capitolo XVIII data l'Exordium Parvum tra l'ottobre del 1119 e l'ottobre del 1120.

[lxxiii] bouton, 433.

[lxxiv] Vedi pp. 10-11 Not. Cist. III (1970), n. 1-2.

[lxxv] A questa obiezione rispose fin dal 1955 A. d'uerblay, Le problème des origines cisterciennes, RHE 50 (1955) 164: Lefèvre ha dimostrato fin dall'inizio che il tutt'uno costituito da Exordium Cistercii - Summa CC - Capitula venne presentato a Callisto II È chiaro che nell'Exordium Cistercii. presentato al Papa non poteva esserci alcun cenno alla approvazione. Se nel testo che oggi possediamo essa c'è, bisogna concludere che si tratta di una interpolazione: « la preuve qu'il réclame est déjà donnée car il est clair comme le jour - c'est une lapalissade - que dans un document présenté au Pape pour demander son approbation, il ne peut pas être question de trouver mention de cette approbation comme déjà obtenue. Si elle y figure, c'est qu'elle a été ajoutée postérieurement. Rien d'étonnant qu'après l'approbation obtenue en 1119, les copistes se soient plus à en faire état dans leurs codifications».

[lxxvi] Qualche volta però egli ha veramente sbagliato. A pag. 426 egli traduce.lo statuto 34 dell'Instituta Generalis Capituli (Ed. turk 2; 21) che suona così: « Quod filia semel per annum visitet matrem ecclesiam: Statuit... Cisterciensis conventus, quatinus...matrem ecclesiam per abbatem suum, si sanus fuerit, visitet filia ». « Si sanus fuerit » (se egli è in buona salute) presso Bouton diviene: « s'il est de bon sens » (se egli è di buon senso), anziché « s'il est en bonne santé » come aveva già notato A. D'Herblay. bouton, 426 ha anche un'altra osservazione che può indurre in errore: « L'Abbé di Cîteaux qui n'avait que dix monastères à visiter en 1119, en avait 40 en 1130 (Cfr. lettre de S. Etienne Harding à l'Abbé de Sherborne, dans Collectanea O.C.R. 1936, t. III, p. 66-69) et deux cents en 1145». Nella lettera di Santo Stefano cui Bouton si riferisce non c'è alcuna parola circa il suo diritto e dovere di visita in quelle quaranta abbazie. Santo Stefano scrive semplicemente così: « Nunc enim qui solus de terra mea et pauper egressus sum: dives et cum quadraginta turbis viam universae carnis laetus ingredior...». In nessuna maniera è dimostrato che l'abate di Cîteaux ai primi tempi dell'Ordine abbia avuto - anche solo per un breve periodo il diritto di visita su abbazie non direttamente fondate da Cîteaux. Il testo della CO, capitolo IV, « Cum vero Novi Monasterii Abbas ad aliquod horum coenobiorum visi-tandi gratia venerit...» (TURK 1, 54) si riferisce solo alle abbazie figlie dirette di Cîteaux. L'affermazione delle 200 abbazie da visitarsi nell'anno 1145 cade da sé. Cfr. anche V. hermans, Commentarium Cisterciense historico-practicum in Codicis canones de religiosis, Roma 1961, 156-157.

[lxxvii] Vedi sopra pag. 90-91.

[lxxviii] K. spahr ha scritto una piccola nota sull'ultimo articolo di lefèvre: Die Anfänge von Cîteaux, in Bernhard von Clairvaux, Internationaler Bernhardkongress Mainz 1953, Wiesbaden 1955, 222, nota 19. Cfr. anche il suo articolo: Charta Caritatis, in Lexikon für Theologie und Kirche, 2 ed., II (1958) 1033, dove lo Spahr data la CC2 al 1152. Le tesi di lefèvre saranno descritte anche da V. dammertz, Das Verfassungsrecht der benedik-tinischen Mönchskongregationen, St. Ottilien 1963, 26-32.

[lxxix] Vedi sopra pag. 91, nota 56.

[lxxx] Scriptorium 11 (1957) 119-123.

[lxxxi] Annales de Bourgogne 29 (1957) 132.

[lxxxii] Les moines blancs, Histoire de l'Ordre Cistercien, Paris 1957, passim. P. Lekai ha però mitigato alcune tesi di Lefèvre. Un po' più tardi (Cîteaux 11, 1960, 159) scrìsse la seguente frase: « Inoltre il problema è ancora soggetto ad ulteriori discussioni, e allo stato attuale delle ricerche è estremamente pericoloso proporre una qualche opinione attribuendole valore duraturo ».

[lxxxiii] Les Codifications du droit Cistercien (serie di articoli apparsi in Collectanea O.C.R. 1947 - 55); l'estratto: Westmalle 1955, 157-59.

[lxxxiv] Les institutions ecclésiastiques en France de la fin du Xe à milieu du XIIe siècle, Histoire des institutions françaises au Moyen Age (edito da F. Lot e R. Fawtier) volume III, Parigi 1962, 127-132.

[lxxxv] Vedi pag.-92, nota 59.

[lxxxvi] Die kirchenrechtliche Stellung des resignierten Regularabtes..., Analecta S.O. Cist. 13 (1957) 157-178, dove egli tratta dello jus constitutionale primigenium dell'Ordine. A pagina 171 scrive: « Per quanto riguarda la Summa CC potremmo dunque dire in generale che essa, quando tratta il nostro tema, costituisce uno stato intermedio tra la CC1 e la CC2; ma, stando alle parole e all'uso delle espressioni, la Summa CC è molto più vicina alla CC1». Due sono gli argomenti principali di C. Noschitzka: primo, la sostituzione dell'espressione «Abbas Novi Monasterii » della CC1 coll'espres-sione « pater-abbas » della Summa CC (pater-abbas = abate della casa madre); secondo, nella Summa CC l'abate di Cîteaux assume la denominazione di « Abbas Cisterciensis » e non quella di « Abbas Novi Monasterii ».

[lxxxvii] Vedi nell'elenco delle abbreviazioni, sotto winandy.

[lxxxviii] winandy, 49: «...les pages qui suivent voudraient relever, dans la belle construction édifiée par M. Lefèvre, les endroits qui me paraissent grevés d'une dan-geureuse faiblesse ».

[lxxxix] Ibid., 51.

[xc] « Cui successit Domnus Stephanus, homo natione Anglicus, religionis, pauper-tatis disciplinaeque regularis ardentissimus amator, fidelissimus aemulator ». Winandy scrive (pag. 53): « Pour parler en ces termes de saint Etienne, l'Exordium Cistercii a dû être écrit soit après la mort de ce dernier (1134), soit ailleurs qu'à Cîteaux; de toute façon, à l'insu de l'intéressé ». Egli data il testo tra il 1119 e il 1148. (Nel 1148 venne scritto il primo libro della Vita prima Bernardi, per la quale Guglielmo di S. Thierry usò certamente l'Exordium Cistercii.

[xci] Vedi pag. 10, nota 13, Not. Cist. III (1970), n. 1-2.

[xcii] Il problema dell'anno di entrata di San Bernardo lo tratteremo più oltre, a pag. 103, nota 114.

[xciii] winandy, 69 contesta che la CC' e gli Instituta Generalis Capituli siano una vera codificazione presentata alla Santa Sede, come sostiene la tesi principale di Lefèvre e scrive: «C'est une compilation informe, où abondent les redites, où les status sont venus sans ordre s'ajouter les uns aux autres, au fur et à mesure qu'en édictaient les chapitres généraux successifs, où l'on passe et repasse des règles concernant la Constitution de l'Ordre à des prescriptions ayant trait aux détails les plus minimes de l'observance, où la mesure d'avoine à donner aux chevaux des moines de passage voisine avec la punition à infliger aux abbés négligents ou boudeurs qui, présents à Cîteaux, s'abstiennent à paraître à une réunion du chapitre général. Y a-t-il quelque

[xciv] Ibid., 75: «...si elles (les conclusions) s'écartent notablement de celles de M. Lefèvre, elles lui doivent néanmoins beaucoup ».

[xcv] Vedi nell'elenco delle abbreviazioni, sotto van damme 1.

[xcvi] van damme 2. Questo articolo, che tratta un argomento molto complicato, è stato esaminato in Réponse aux « Quelques à-propos » au Père Van Damme sur les origines cisterciennes: quelques conclusions: Analecta Cist. 21 (1965), 155-162.

[xcvii] van damme 3.

[xcviii] van damme 4.

[xcix] van damme l, 1958, 30: « Si les documents n'en ont conservée aucune trace au moment de k première fondation, celle de La Ferté en 1113... ».

[c] van damme 1, 1958, 40-41. Per intendere il metodo dell'autore dovremmo citare il relativo capoverso, cosa che non possiamo fare per mancanza di spazio. P. Van Damme in quelle pagine è dell'opinione che fin dal 1113 si pensava al capitolo generale di una grande famiglia (sous la dépendance... du Patriarche de k grande Famille »). Citiamo anche le ultime frasi: « Enfin, on lit dans les sources qu'Etienne avait eu la prévoyance, « providerat », de rédiger un écrit admirable de discrétion et de prudence (Exordium Cistercii), et cela préalablement aux premières fondations, « ante-quam abbatiae Cistercienses florere inciperent » (CC prior et CC posterior). Aucune raison ne permet pas de fixer ce début à la seconde plutôt qu'à la première fondation. Les documents nous enseignent que la CC existait dès le début de l'expansion de l'Ordre, c'est-à-dire dès, 1113, et aucun indice positif n'a été allégué jusqu'ici pour écarter de cette date ».

[ci] D. Othon ducourneau, Les origines cisterciennes, Revue Mabillon 23 (1933) 186-188. Per Doucourneau la parola « florere » significa solo « esistere » (« exister, prendre naissance »). Van Damme non cita il lavoro di Ducourneau, ma i suoi argo­menti sono quasi identici. Egli non accetta la teoria di Ducourneau secondo il quale k frase del prologo della CC « decretum inter cistcrciense coenobium et caetera ex eo nata » debba essere tradotta « l'accordo fra teaux e gli altri monasteri che sarebbero fondati da teaux »: egli ritiene che la suddetta frase sia una interpolazione posteriore: van damme 1, 1958, 159.

[cii] Cfr. pag. 12, nota 20 Not. Cist. III (1970), n. 1-2, e le seguenti osservazioni subito in nota.

[ciii] Vedi sopra, pag. 11 Not. Cist. III (1970), n. 1-2 e pag. 90-92, e winandy, 52.

[civ] van damme 1, 1958, 47-48: « Chose intéressante: cette introduction à la CC composée par Etienne et ses frères, avant l'expansion de l'Ordre, renferme trois idées que l'on retrouve exactement dans le chapitre premier de la CC-prior ». « A l'Antequam de l'introduction répond... le nunc vero; le lien logique est clair».

[cv] Ibid., 46: « Toutes ces réflexions nous engagent à garder un silence prudent sur le texte exacte de la CC primitive »; ma alla pagina 47 scrive: «... La comparaison montre à l'évidence que, dans l'intention du rédacteur de la CC-prior, celle de 1113 fut constituée uniquement par le premier chapitre de la CC-prior ». In un seguente articolo (VAN damme 3, 129) qualifica la sua tesi come « opinione », ma la tratta come cosa che non possa essere messa in dubbio. In van damme 1, 1959, 155 si legge anche quanto segue: «D'après l'état actuel des textes, la CC originale date de 1113 et nous est conservée intégralement dans le chapitre 1 de la CC-prior ». Qui ci si deve di nuovo domandare che cosa voglia significare la frase « d'après l'état actuel des textes ». O i testi che oggi conosciamo non ci danno alcuna sicura informazione, e allora dobbiamo limitarci ad avanzare semplici congetture senza proporre solide affer­mazioni come fa qui il P. Van Damme; oppure i testi sono già sufficienti per una solida affermazione, e allora lo « status quaestionis » non cambierà neppure se domani scoprissimo nuovi manoscritti.

[cvi] Vedi per esempio J. gaudemet, Histoire des Institutions françaises au Moyen Age, volume 3, Parigi 1962, 237-238.

[cvii] J. B. mahn, L'Ordre Cistercien et son gouvernement dès origines au milieu du XIIIe siècle (1098-1265), Parigi 1945, 64, n. 2 scrive già: «...rien ne prouve que cette notice soit bien de 1114 ». Il testo che oggi conósciamo proviene dal Cartularium Pontiniacense che fu scritto intorno al 1170 (oggi ms. 9887 della Biblioteca Nazionale di Parigi). Nel testo non c'è nessuna data. van damme 1, 1958; 41, al n. 13: « ...Dans la charte de fondation de Pontigny, même dans l'hypothèse que son rédacteur en 1125 aurait eu l'intention... », dove egli non spiega perché abbia datato il documento al 1125. J. marilier, Chartes et documents concernant l'Abbaye de Cîteaux, Biblioteca Cister-ciensis, Roma 1961, 66 pensò che il testo fosse stato redatto dopo la morte del Vescovo Humboldo, e dunque dopo il 1116. È un fatto che il suddetto Vescovo Humboldo morì ad Auxerre al più tardi il 20 novembre 1115. Osserviamo anche che in questo testo Cîteaux viene chiamato « Novum Monasterium id est Cistercium ».

[cviii] Vedi la spiegazione di Lefèvre sulla già virtualiter avvenuta fondazione di Pontigny, a pag. 12, nota 4, Not. Cist. III (1970), n. 1-2.

[cix] Pullulare dice già secondo Lattanzio, San Girolamo ed altri autori una proliferazione non solo continua, ma anche abbondante. Cfr. A. blaise - H. chirat, Dictionnaire latin - français des auteurs chrétiens, Turnhout 1963, 684.

[cx] Così per esempio l'espressione « per abbatias in diversis mundi partibus corporibus divisis ». Van Damme pensa che l'autore del prologo (l'abate Stefano Harding, secondo lui) volesse nominare soltanto diverse provincie e intendesse provvedere al futuro. In base al capitolo XVIII dell'Exordiurrt Parvum egli pensa anche che l'espres­sione « quorum exemplo senes, juvenes diversaeque aetatis homines in diversis mundi partibus animati... superba colla jugo Christi suavi subdere » si debba applicare a coloro che sarebbero entrati nelle dodici abbazie esistenti allora in Francia: van damme 1, 1958, 158. Certo nel secolo XII ci si rappresentava le «partes mundi» diversamente da come ce le rappresentiamo noi oggi: tuttavia ci sembra che l'interpretazione surri­ferita non sia priva di difficoltà. C'è infatti da domandarci ancora se si può, qui, col capitolo XVIII provare qualche cosa. Torneremo più avanti su questa questione. Perfino Van Damme pensa che il prologo della CC oggi conosciuto sia stato interpolato in epoche successive. Vedi sotto, a pag. 100, nota 99.

[cxi] van damme 1, 1958, 167-168: « Avant de formuler la conclusion de ce paragraphe, extrayons de ce long examen la liste des passages dont l'appartenance à

[cxii] Vedi sopra, a pag. 93-95. Van Damme aggiunge un nuovo argomento: l'Exor-dium Cistercii e fa Summa CC formano un tutt'uno ed hanno lo stesso autore; nel-l'Exordium Cistercii si parla di Santo Stefano in terza persona; quindi Santo Stefano non è l'autore dell'Exordium Cistercii e non è neppure l'autore della Summa CC, mentre egli è, secondo tutte le fonti, l'autore (principale) della CC. Si potrebbe però obiettare a Van Damme che anche nel prologo della CC si parla di Santo Stefano Harding in terza persona. E se Van Damme accetta Santo Stefano quale autore del prologo della CC (VAN damme 1, 1958, 48), si potrebbe accettarlo anche come autore défia Summa CC.

[cxiii] van damme 1, 1958, 57: « Examinons maintenant la thèse de Dom Winandy qui voit la CC de 1119 dans une partie seulement de la Summa CC. Cette partie com­prendrait trois passages, retrouvés respectivement dans les chapitres III, IV et IX du Trente 1711 ».

[cxiv] Ibid., 57-58: « Pour déterminer ce choix le Reverendissime Père n'apporte aucune preuve tirée directement des découvertes paléographiques... pour soutenir des thèmes tellement neufs..., on aurait aimé une argumentation solide et détaillée ».

[cxv] Torneremo sulla questione nel prossimo punto.

[cxvi] winandy, 52: « Lorsqu'on lit attentivement la Summa CC, on s'aperçoit bientôt qu'on est en présence d'un texte hybride, aussi hybride que la CC Prior ». Cfr. pag. 94-95, nota 74.

[cxvii] van damme 1, 1958, 168: « A la rigueur on peut reconnaître que la CC-prior représente un état légèrement évolué de la CC de 1119 ».

[cxviii] van damme 1, 1958, 159-160: Egli cita anche il testo del manoscritto 30 di Laibach (cfr. turk l, 61): « Supradictum itaque decretum seu Cartam Caritatis cum praedicti patres ipsius conditores ab Apostolicae Sedis gratia confirmatum jure perpetuo obtinuissent, inter se non improvide statuerunt... quod nulla deinceps abbatia Ordinis in alicujus antistitis dyocesi fundaretur, antequam praedictum decretum... ipse ratum haberet propter materiam discordiae ac scandali inter alterutrum evitandum ».

[cxix] Si tratta di questa frase: «si vero (Abbas Novi Monasteri) praesens fuerit, nihil horum agat, sed in refectorio comedat; prior autem loci negocia cenobii disponat».

[cxx] Conosciamo un solo manoscritto (Codex Lat. Monacensis 28224) della CC2 che non abbia la prefazione; ma ciò può anche significare che il testo giaceva bene anche senza prefazione. Vale la pena citare la prefazione della CC2 dal manoscritto di Laibach 30 (testo di turk 1, 57): « Antequam Ordo Cysterciensiutn esset plurimum dilatatus, Domnus Stephanus abbas Cisterciensis cum conventu suo ceterique abbates praedicti Ordinis de conventuum suorum consensu unanimi quoddam statutum seu decretum concorditer ediderunt, in quo idem patres mutuae pacis, caritatis discipli-naeque naufragium praecaventes dilucide statueront ac in suis scriptis suis posteris reliquerunt quo pacto, quo modo, qua cantate tam ipsi quam monachi eorundem per abbatias diversis mundi partibus corporibus divisi animis indissolubiliter unirentur... ».

[cxxi] Vedi sopra, pag. 94, nota 71.

[cxxii] winandy, 53: « ...le texte actuel de la Summa CC ne représente nullement la codification présentée à l'approbation de Calliste II en 1119, mais une compilation postérieure, laquelfe a rassemblé tant bien que mal, à la suite de l'Exordium Cistercii, le résumé qui suivait primitivement ce dernier ». Ibid., 75 scrive sopra la datazione del-l'Exordium Cistercii: « Le premier de ces textes (Exordium Cistercii) a été rédigé entre 1119 et 1148. Il a dû se présenter dabord sous une forme purement narrative et descriptive: après un bref récit des origines de Cîteaux, il donnait un aperçu succinct de la Charte de Charité, que l'on peut, semble-t-il, retrouver au moins en partie dans l'amalgame juridique qui l'a remplacé dans la suite ». A pagina 53 egli ha già fatto la seguente costatazione: « Si donc il est vrai, comme je crois l'avoir montré, que le Exordium Cistercii est posté­rieur au 23 décembre 1119, date de l'approbation par Calliste II de la Charte de Charité... ».

[cxxiii] van damme 1, 1958, 57.

[cxxiv] Vedi sopra, pag. 93-95.

[cxxv] van damme 1, 1959, 156: «La Summa-CC date de 1123 ou 1124, et donne fidèlement le contenu de la CC authentique de 1119. Cette Summa-CC ne veut cependant pas être un résumé servile de la CC complète, mais elle en constitue une rédaction très personnelle ».

[cxxvi] Vedi a pag. 10-11, Not. Cist. III (1970), n. 1-2.

[cxxvii] winandy, 58 pensa che fin dal 1119 potevano esserci 20 abati, alcuni dei quali però erano forse semplici monaci, già designati abati di nuove fondazioni non ancora realizzate.

[cxxviii] Questo testo è stato da noi citato a pag. 9-10, Not. Cist. III (1970), n. 1-2.

[cxxix] van damme 1, 1958, 55: «Quant au terminus a quo de ces douze ans environ il est aussi plus conforme aux sources et à la tradition de la placer à l'entrée de Saint Bernard, dont la date la plus probable est le mois d'avril 1112 ».

[cxxx] Ibid., 54-55.

[cxxxi] Ibid., 59:  «Le terminus ad quem est plus difficile à déterminer ».

[cxxxii] Vedi pag. 9, nota 8, Not. Cist. III (1970), n. 1-2.

[cxxxiii] Vedi WINANDY 60-63. Frattanto H. Bredero ha pubblicato il suo lavoro fondamentale sulla «Vita prima» di San Bernardo: Analecta S.O.Cist. 17 (1961) 3-72; 215-260 e 18 (1962) 3-59. Bredero ha dimostrato che tutti i manoscritti della prima recensione (A) e quelli più antichi della seconda recensione (B) indicano il 1113 come anno di ingresso di San Bernardo nell'Ordine. Cfr. Analecta S.O.Cist., 17 (1961) 33 nota 1, e ibid., pag. 62, nota 2, dove per un errore di stampa « anno...millesimo tertio » è naturalmente da leggersi « anno...millesimo tertio decimo ». Bredero conclude affermando che lo spostamento della data di ingresso di San Bernardo dal 1113 al 1112, ed in alcuni manoscritti più tardivi persino al 1111, sia una cosciente falsificazione per attribuire a San Bernardo un ruolo maggiore nella espansione dell'Ordine: «L'anticipation de la date d'entrée dans certains mss est une falsification volontaire, qui avait pour but de mettre le développement de l'Ordre Cistercien entièrement à l'actif de Saint Bernard, et de détruire ainsi l'objection de La Ferté qui se savait fondée dès avant l'entrée de Saint Bernard à Cîteaux». Cfr. Ibid., pag. 217, numéro 1.

[cxxxiv] van damme, 1, 1958, 60: «Un récit historique est généralement daté, a moins de raisons positives en sens contraire, de l'événement qui le termine ».

[cxxxv] Vedi sopra, a pag. 102, nota 110, dove abbiamo citato il testo. Se San Ber­nardo è entrato a Cîteaux nel 1113, allora gli otto anni dell'Exordium Parvum ter­minano nel 1121, e non nel 1119 come pensa P. Van Damme.

[cxxxvi] Cfr. L. janauschek, Originum Cisterciensium t. 1, Vienna 1877, 3-11 e winandy 56, al n. 4.

[cxxxvii] Secondo I. J. van den westelaken, Premonstratenser wetgeving (1120-65) Analecta Praemonstratensia 38 (1962) 7-43, il testo della prima codificazione dei Pre-mostratensi (che deve essere anteriore al 1131, perché ratificata nell'aprile 1131 da Innocenzo II) è finora sconosciuta. La codificazione pubblicata da R. Van Waefelghem (Cfr. turk 2, 142-43) viene da lui attribuita agli anni 1140-1165. Ma Van de Westelaken crede che in questa codificazione degli anni 1140-1165 si possano trovare elementi che i Premostratensi presero dai Cistercensi ancor prima del 1131.

[cxxxviii] Vedi pag. 15, Not. Cist. III (1970), n. 1-2.

[cxxxix] van damme 1, 1958, 374-390 e 1959, 70-86. Non vogliamo discutere questo argomento. Le relative teorie di Lefèvre furono confutate da ch. dereine, La fondation de Cîteaux d'après l'Exordium Cistercii et l'Exordium Parvum, Cîteaux 10 (1959), 125-139.

[cxl] van damme 1, 1959, 156: « L'abbé Etienne Harding rédigea l'Exordium Parvum au nom et avec le concours des co-fondateurs encore en vie au moment de la composition, qui se fit par étapes et se termina ayant le 23 décembre 1119 ». Ibid., 156, dice anche che a questa datazione egli attribuisce una grande probabilità.

[cxli] van damme, 1, 1959, 152.

[cxlii] È bene ricordare che lo stile della introduzione all'Exordium Parvum non è conseguente: « Nos... fundatores successoribus nostris stilo praesenti notificamus, quam canonice... cenobium et tenor vitae illorum exordium sumpserit ». Dove ci aspet­teremmo un pronome di prima persona, troviamo la parola « illorum », la quale non è del tutto ben riferita alla parola « successoribus ».

[cxliii] La divisione in diciotto capitoli avvenne probabilmente più tardi.

[cxliv] P. Van Damme pensa che il capitolo XVIII sia solo un'appendice all'Exordium Parvum perché esso non tratta più dell'Exordium di Cîteaux. Effettivamente questo capitolo manca in alcuni manoscritti. Cfr. Lefèvre 14. Inoltre ci sembra che per l'autore dell'Exordium Parvum il terminus a quo dell' « esempio » siano gli otto anni dalla fondazione di La Fette k quale del resto coincide con l'anno di ingresso di San Bernardo a Cîteaux. Cfr. a pag. 104, nota 117. Sorprende infatti la mancanza, nel capitolo XVIII, dei nomi delle prime fondazioni di Cîteaux, e di un accenno alla CC, k quale secondo Van Damme doveva esistere nella sua forma primitiva al più tardi fin dal 1113.

[cxlv] Forse varrebbe la pena esaminare la connessione esistente fra il capitolo XVIII dell'Exordium Parvum e k prefazione della CC, la cui origine molto probabilmente è posteriore alla CC stessa: vedi sopra a pag. 100. Abbiamo l'impressione -ed è solo un'impressione -che nella prefazione con la parola « antequam » si risalga al tempo in cui esistevano già alcune abbazie ma non dodici fondazioni.

[cxlvi] turk 1, 28-34, dove tuttavia egli ha visto che k visita di teaux fatta dai primi quattro proto-abati venne prescritta soltanto sotto Alessandro III, e quindi la CC2 potè avere solo allora la forma da noi oggi conosciuta.

[cxlvii] Vedi pag. 12-13, Not. Cist. III (1970), n. 1-2.

[cxlviii] lefèvre 15, 13. Il manoscritto 601 (già 354) di Bigione il quale contiene già la CC2, è stato scritto secondo Guignard, LXX tra il 1191 e il 1194. Così la CC2 potrebbe sicuramente essere stata redatta prima del 1194. Va tuttavia osservato che della CC non c'è traccia nel manoscritto 114 (già 82) il quale è stato scritto tra il 1173 e il 1191.

[cxlix] van damme 4.

[cl] Vedi turk 1, 28-34; turk 2, 114-128 e Fiches 28, pag. 111-112. Citiamo le conclusioni del P. Bouton: « Après la dernière approbation d'Alexandre III en 1165, il fallait un simple remaniement dans l'ordre des status pour transformer la CC prior ainsi évoluée en CC posterior. A quelle date fut opéré ce remaniement? Avant 1191, sans aucun doute...». Egli pensa inoltre di poter precisare: « Si cette hypothèse est exacte (cioè che l'Ordine di Chalais assunse nel 1178 k CC2 dei Cistercensi), c'est entre 1165 et 1178 que la CC posterior a été établie ». Circa la CC di Chalais vedi J. B. Van Damme, La Charte de Charité de Chalais, Cîteaux 14 (1963) 81-104.

[cli] Ibid., 52. Crediamo di capire che per il P. Van Damme k Summa CC e il compendio della CC trasformata nel 1124 si identifichino.

[clii] van damme 4, 52 e 55.

[cliii] lefèvre 11.

[cliv] Cfr. turk 1, 57-61. La CC2 venne divisa in capitoli da Van Damme in base ai manoscritti della Clementina (VAN damme 4, 55 n. 1). A nostro parere sa­rebbe stato meglio omettere del tutto i titoli di questa divisione posteriore, o almeno cercare di chiarirli e meglio comprenderli. Solo nel secolo decimoquarto, probabilmente, furono introdotti i titoli dei singoli capitoli, titoli che in seguito influirono non poco nella interpretazione dei testi.

[clv] van damme 4, 52.

[clvi] Ibid., 55: « Ces remarques, si elles nous mettent d'une part en garde contre la prétention d'une information complète et de conclusions définitives... ».

[clvii] Ibid., 99-104.

[clviii] Ibid., 59-67.

[clix] Ibid., 78-79.

[clx] Ibid., 102-103.

[clxi] Ibid., 87-88.

[clxii] Cfr. lefevre 1, 7, nota 7.

[clxiii] Cfr. l'opinione di P. Bouton, sopra a pag. 90, nota 47.

[clxiv] Il significato di questi documenti venne bene illustrato da van damme 3, 128-131.

[clxv] Zurigo, Biblioteca Centrale, Car C. 175.

[clxvi] P. Van Damme afferma che non voleva in nessun modo dare una edizione «critica ». A pagina 5 egli scrive: « In adnotationibus...solummodo prout intellectui necessarium videtur, comparatici fit istius codicis (T) cum aliis codd. ». Ma in un libro a carattere scientifico, il testo, oltre che essere in qualche modo comprensibile, deve essere anche preciso.

[clxvii] Gli «Instituta Monachorum Cisterciensium de Molismo venientiutn» costi­tuiscono il capitolo XV dell'Exordium Parvum in tutte le edizioni, nella maggior parte dei manoscritti, ed anche nell'elenco dei capitoli del manoscritto di Zurigo. Ma nel testo di questo manoscritto il capitolo non è numerato (p. 13), così che il capitolo seguente appare come capitolo XV ecc...,anziché come capitolo XVI ecc...P. Van Damme quando pubblicava questo manoscritto avrebbe dovuto correggere l'errore del copista e uniformare l'enumerazione della sua edizione alla enumerazione delle altre edizioni.

[clxviii] Ai lettori del libriccino sarà utile indicare alcuni errori tipografici:

pagina

riga:

invece di:

leggi:

5

22

carni sarcina

carnis sarcina

11

22

ne pauperes

utpote pauperes

11

33

assunt

adsunt

15

27

antistis

antistitis

17

37

die qua inter se constituent

die quam inter se constituent

19

21

diffusione

discussione

21

 1

statuimus

statuistis

21

33

qui singulos movent

quod singulos movet

26

18

regulam

regula

26

26

cibro

cribro

[clxix] Si pensi ad esempio al suo The Monastic Order in England (943-1216), Cambridge 1940 (21949), The Religious Orders in England, 3 volumi, Cambridge 1948.1959, ecc.

[clxx] Vedi KNOWLES nell'elenco delle abbreviazioni.

[clxxi] WINANDY e van damme 1 (solamente i primi due articoli) sono menzio­nati unicamente a pag. 220. Effettivamente non sono stati neppure consultati tutti gli articoli di Lefèvre, benché siano enumerati a pag. 198. Ad esempio a pag. 204 si parla contemporaneamente di tutte e quattro le Bolle « Sacrosancta », mentre Lefèvre per l'esattezza ne scoprì una quinta. Peraltro lèfevre il non fu usato da Knowles, anche se egli indica l'unica Bolla di Alessandro III da lui conosciuta con l'anno 1163 invece del 1165.

[clxxii] knowles, 211. L'anno 1153 è certamente un errore di stampa o una svista. La «Sacrosancta» di Eugenio III è del 1 agosto 1152. Alcuni righi prima Knowles ascriveva il dossier di Eugenio III al 1152.

[clxxiii] Così knowles, 211; ma a pag. 212 scrive che secondo Lefèvre, la CC2 nella sua forma definitiva è da collocarsi circa al 1180.

[clxxiv] Vedi sopra pag. 107, nota 127.

[clxxv] knowles, 199, dove egli espressamente ricorda che il manoscritto 601 contiene la CC2, il 633 l'Exordium Parvum e il 114 gli « Instituta ».

[clxxvi] Ibid., 201-202 egli descrive il manoscritto 601 nel modo seguente: «II testo (della CC) era apparentemente puro, e quando poi Guignard ne aveva stampata l'edizione dal ms. 601 della Biblioteca Municipale di Digione, allora vi fu un generale convincimento che fosse stata detta l'ultima parola. Il manoscritto di Digione, scritto nelle diverse parti tra il 1191 e il 1236, proveniva da Cîteaux ed in esso si asseriva che era l'esemplare per tutto l'Ordine, con l'iscrizione 'ut praesens liber sit exemplum invariabile...Il testo stesso - come dimostrò Guignard - era stato composto tra il 1173 ed il 1191, perché esso contiene nel suo calendario la festa di S. Tommaso di Canterbury, che fu canonizzato nel 1173...». Knowles qui confonde il manoscritto 601 (già 354) della CC2 con quello 114 (già 82) che non contiene la CC, ma solamente le Consuetudines e che da Gui­gnard (XXVI) è datato tra il 1173-1191. Il manoscritto 114 è quello che spesso viene chiamato « manuscrit-type » per le parole riportate anche da Knowles. Il manoscritto 601, che contiene la CC2, secondo Guignard (LXX) fu scritto tra il 1191-1194 e fu proprietà dell'abbazia di Belleveaux e solo dopo il 1480 pervenne a Cîteaux; infatti non appare ancora nel catalogo del 1480.

[clxxvii] knowles, 210-211: « Lefèvre... sostiene che essi mostrano l'esistenza. di tre gruppi di manoscritti, ciascuno fatto in base a quattro documenti secondo lo schema seguente. L'enumerazione procede con ordine cronologico dei manoscritti di ciascun gruppo:...Gruppo III: Exordium Cisterciensis Cenobii - Carta Caritatis (CC2) - Consuetudines (parecchi decreti) - officia Ecclesiastica, etc. Collezione dei M(onumenti) P(rimitivi) ». Qui c'è da notare che a) l'Ex Cisterciensis Cenobii (Ex.P.) nei Monuments Primitifs di Guignard fu preso dal manoscritto 633 (già 378) il quale è da datarsi tra il 1224-1236 (Guignard LX); b) k CC fu presa dal manoscritto 601 (vedi sopra nota 157); c) Le Consuetudines in Guignard comprendono gli Ecclesiastica Officia, gli Instituta Generalis Capituli apud Cistercium e gli Usus Conversorum che si trovano in quest'ordine nel manoscritto 114. Quindi le Consuetudines, da una parte non sono da mettersi al medesimo livello con gli Instituta Generalis Capituli come fece Knowles - d'altra parte esse contengono gli Officia Ecclesiastica che Knowles espres­samente indica a parte. A pag. 215 per es. scrive: « Esso (l'Ex.P.) serve come una introduzione alla Carta Caritatis (CC2) nella collezione ufficiale dei M(onuments) P(rimitifs). - « Raccolta ufficiale » fatta da Guignard nel 1878...

[clxxviii] knowles, 211: « Lefèvre con una quantità di argomenti complicati, ma nello stesso tempo convincenti, dimostrò che il gruppo II (Ex.P. - CC1 - Instituta cap. gen. - Officia Eccl. del ms. di Laibach 31) era la collezione di Eugenio III nel 1152-3 » - Knowles un po' più avanti pagg. 212-213 crede di seguire Lefèvre e tuttavia data la CC1 al 1119.

[clxxix] knowles, 219.

[clxxx] knowles, 209: «Né Turk né Lefèvre possono pretendere di essere maestri per chiarezza». Ibid., 220-221: «Gli storici che desiderano rendersi familiari con gli argomenti di questa materia devono percorrere un faticoso esercizio di cesello e quindi rendersi padroni dei suoi (di Lefèvre) sparsi e non bene assimilati articoli. Né Turk né Lefèvre hanno mostrato di essere padroni di tutti gli esercizi della perizia di uno studioso. Entrambi sono stati troppo precipitosi nel pubblicare le loro scoperte prima che esse potessero essere pienamente digerite e vagliate; entrambi di conseguenza hanno usato una enorme quantità di spazio su una materia che avrebbe meritato di essere esaminata severamente ed ordinata prima della stesura finale dell'articolo ed entrambi infine si sono dimostrati scrittori disordinati e giudici impulsivi ».

[clxxxi] Oltre ai sopracitati errori siano puntualizzati anche i seguenti: a pag. 203 Knowles per es. scrive: « Turk descrive le sue scoperte in un articolo in sloveno in una oscurissima pubblicazione nel periodico Kapistran Nyomda, pp. 5-10, 27-8). In questa proposizione ci sono alcuni errori: a) Kapisztrán Nyomda non è una rivista ma è la tipografia S. Giovanni da Capistrano di Vác (Ungheria) presso cui il P. Hümpfner pub­blicò il suo libretto (Exordium Cistercii...). (Knowles taccia questo libretto come una oscura pubblicazione, anche se, evidentemente, neppure lo conobbe). Se la Kapisztrán Nyomda fosse una rivista come Knowles pensava, avrebbe dovuto citare non solo la pagina ma anche l'annata della rivista; b) Il lavoro di Turk è apparso come libro nella serie delle pubblicazioni dell'Accademia slovena delle scienze (vedi Not. Cist. III (1970), p. 5, nota 7) quindi non è un articolo e non si tratta di una pubblicazione « oscurissima ». A pag. 210 Knowles scrive: «...della così detta Summa CC si è pensato a lungo che fosse un tardivo riassunto della CC edita da Guignard (CC2 di Turk)...». Ma chi ha sostenuto questa opinione? La Summa CC fu pubblicata per la prima volta nel 1932 e già Hümpfner (vedi Not. Cist. III (1970), p. 4, nota 5) ha rilevato che è anteriore alla CC allora conosciuta (= CC2).

[clxxxii] Vedi la nota di presentazione: Notizie Cistercensi, III (1970) p. 1.

[clxxxiii] E. pásztor, Studi e problemi relativi alle prime fonti cisterciensi: Annali della Scuola Speciale per Archivisti e Bibliotecari dell'Università di Roma 4(1964) 137-144.

[clxxxiv] E. pásztor, Le origini dell'Ordine Cisterciense e la riforma monastica: Analecta Cist. 21(1965) 112-127.

[clxxxv] Ivi, 113.

[clxxxvi] Ivi, 113-119.

[clxxxvii] Ivi, 119-126.

[clxxxviii] Ivi, 126 s. Ci contentiamo di questi brevi cenni, dato che l'articolo della Pásztor è scritto in italiano, ed è facilmente accessibile nelle Analecta Cisterciensia (Reda­zione e amministrazione: Piazza Tempio di Diana, 14 - 00153 Roma).

[clxxxix] J. B. van damme, Les origines cisterciennes, Cîteaux 18 (1967) 263-265.

[cxc] Ibid., 263.

[cxci] Dato che non si tratta di questioni di maggior rilievo, per le particularità rimandiamo alla recensione stessa del Van Damme. Ci sia però permesso di domandare come mai arriva il Van Damme ad affermare che secondo la Pásztor i fondatori di Cîteaux sarebbero stati due volte a Lione per la prima lettera del legato Ugo: « ... la lettre du légat Hugues nie implicitement que les fondateurs soient allés deux fois à Lyon pour avoir une audience...» (Cîteaux 18[1967] 263), quando la Pásztor scrive semplicemente: « I monaci tornano da Lione à Molesmes... » (p. 125).

[cxcii] J. A. lefÈvre, La bulle « Apostolicae Sedis » pour Cîteaux avait-elle une sous, cription longue?, Revue Bénédectitre 74(1964) 111-143. Nel seguito citeremo questo arti­colo colla sigla lefèvre 16. Notiamo subito qui che la bolla non comincia colle parole « Apostolicae Sedis » come farebbe supporre il titolo dell'articolo del Lefèvre, ma bensì con « Ad hoc in Apostolicae Sedis »...

[cxciii] Vedi l'edizione nel J. B. van damme, Documenta pro Cisterciensis Ordinis historiae ac juris studio, Westmalle 1959, 21. Il testo è notato già nel turk 1, 18.

[cxciv] Questo esame occupa ben 24 pagine: lefèvre 16, 113-135.

[cxcv] Sono i manoscritti Metz 1247, Donaueschingen 413 e Tatragona 88.

[cxcvi] Sono i manoscritti Heiligenkreuz 131, Lilienfeld 108, Zwettl 141 e Zurigo Biblioteca Centrale Car. C. 175. (Notiamo che Lefèvre in questo articolo invece di Car. C. 175 scrive quasi sempre erroneamente C. 275 (pp. 120, 130, 131, 132, invece nelle p. 134 e 142 sta « C. 175 »).

[cxcvii] Si tratta di due manoscritti inglesi: Londra, Brit. Mus. Addit 18148 e Manchester, Rylands Libr. lat. 319.

[cxcviii] Sottolineamo che questa volta lo stesso Lefèvre parla di una ipotesi: «Je me rallie quant à moi, à cette hypothèse qui permet d'expliquer d'une manière plausible la composition du texte »: lefÈvre 16, 139.

[cxcix] Ibid., 140: « II n'est plus possible d'affirmer que la présence d'une souscription longue à la bulle de Calixte II soit due à la fantaisie d'un copiste, ni à une interpolation du XIIIe siècle, dont on ne voit pas le motif ou l'intérêt à cette époque-là. La souscription longue a donc bien été donnée, en 1119, par Calixte II à la demande des capitulants, désireux de voir approuver solennellement un statut d'actualité sur la pitance des abbés.

[cc] lefèvre 16, 135 s. I due esempi invocati nella nota 1 della p. 136 però non sono affatto ad remi

[cci] Sarebbe statò meglio dire: «...ad subscriptionem papae inepte titulum alicuius statuti adjunxit... ».

[ccii] TURK 1, 18.

[cciii] J. B. van damme, Problème des origines de Cîteaux: Collectanea Cist. 27(1965) 239-242.;

[cciv] Si tratta dei manoscritti indicati nella nota 176 et dei manoscritti Pa-rigi,Bibl. Nat. lat. 15292, fol. 236v. e Digione, Bibl. Municip. 598, p. 135s. (Di quest'ultimo non parla Lefèvre nel suo articolo).

[ccv] Sono Laibach (Ljubljana), Bibl. Univ. 31, Metz 1247, Tarragona 88 e 162, Poblet EC 27, Lisbona, Bibl. Nat. F. Alcobaça 187, Zurigo, Bibl. Centrale Car. C. 175. Non contiamo qui il ms. 413 di Donaueschingen, il quale ha una struttura particolare e contiene soltanto i capp. 10 e 11 della CC1.

[ccvi] J. B. van damme, Documenta..., .Westmalle 1959, 21.

[ccvii] Questa ipotesi ci sembra la più semplice spiegazione del fatto. Purtroppo nes­suno dei manoscritti colla « sottoscrizione lunga » conosciuta oggi contiene gli Instituta Cap. Gen.: per cui questa ipotesi non può essere comprovata.

[ccviii] Vedi Dos textos más de la Carta Caritatis Prior: Poblet 2(1949)59.

[ccix] Cf. B. griesser, Consuetudines Domus Cisterciensis:  Analecta S. O. Cist 3(1947) 138-146.

[ccx] lefèvre 16, 111.

[ccxi] Ecco l'elenco delle sviste di Lefèvre: lefèvre 16, 142 s. Ecco l'elenco delle sviste di Lefèvre: lefèvre 16, 142 s.

linea

loco

lege

9

gratulemur

congratulantes

14

necessariis

necessaria

17

gratulantes

congaudentes

19

decrevimus

decrevistis

22

nostri

nòstre

25

satisfaciat

satisfaciant

30

confirmavi

confirmavi et subscripsi

32

Datur

Datum

32

Sedeloco

Sedeloci

33

diacono

diaconi

[ccxii] H. séjalon, Nomasticon Cisterciense,  Solesmes  1892, 73 s.

[ccxiii] mansi 21, 190 et migne, Patr. Lat. 163, 1147 contengono quattro errori: numerando le linee secondo l'edizione del Lefèvre:

linea 5

loco

recta

lege

recte

23

loco

confirmationi et constitutioni

lege

confirmationi huic et constitutioni

29

loco

laicos professos

lege

laicos vel professos

32

loco

Sodoloci

lege

Sedeloci

J. marilier, Chartes et documents concernant l'Abbaye de Cîteaux (1098-1182), Biblio-theca Cisterciensis, 1, Roma 1961, 81 s contiene le sviste seguenti: (Numeriamo le linee dell'edizione del Marilier)

Linea 18

loco

nostre

lege

vestre

19

loco

perturbatione

lege

perturbatrix

25

loco

diaconus

lege

diaconi

[ccxiv] Anche il P. Van Damme sembra essere di questo avviso: «Nous sommes toujours conscients de n'avoir fait que du provisoire. En vue d'aboutir à des conclusions valables, on devra abandonner les disputes non fondées sur des textes critiquement établis, et souhaiter que l'édition de ces textes ne se fasse plus attendre longtemps. Hic labor, hoc opus! »: J. B. van damme, Les origines Cisterciennes, Cîteaux 18 (1967) 265.

 

Scudetto della Congregazione T.S.B.

 

 

   

 home page - index

top               «      »