COME IMPOSTARE IL PROBLEMA
L'interrogativo che più
m'interessa è quello sul
modo corretto di impostare
il problema: qual è o
quali sono le domande
precise a cui cercare di
rispondere? Se non c'è
accordo su questo, le
diverse posizioni si
scontreranno tra loro col
rischio che prevalga
quella che ha più potere e
non quella che ha più
ragione. Dirò il modo in
cui mi sembra non debba
essere impostato il
problema e quello che mi
sembra essere, invece, il
modo giusto.
Mi
sembra anzitutto che il
problema non debba essere
impostato in modo
generale: è lecito -
giusto - conveniente
esporre simboli religiosi
(simboli di una religione)
in edifici pubblici,
frequentati per principio
da tutti i cittadini?
Rispondere a una simile
domanda significa cercare
di partire mentalmente da
zero, dall'idea di una
società ideale: in questa
società ideale, aperta per
definizione a tutti, i
simboli dell'una o
dell'altra religione
avrebbero un posto
accettabile?
O sarebbe meglio usare
simboli universali, che
valgano per tutti (quelli
delle virtù civiche, per
intenderci)? O, ancora,
sarebbe meglio non
presentare nessun simbolo
in modo che ciascuno,
mentalmente e
privatamente, riempia gli
spazi coi simboli che
esprimono la sua
identità, la sua fede, i
suoi desideri?
Che questo non sia il modo
corretto d'impostare il
problema diventa manifesto
se pensiamo che la
risposta a questa domanda
dovrebbe essere
universale, quindi avere
valore per tutti i tempi e
tutti i luoghi, tutti i
contesti culturali,
religiosi, politici;
dovrebbe valere per
l'Italia ma anche per
l'Arabia Saudita, per
l'India, per l'Indonesia.
Ma è possibile pensare una
società nella quale il
passato, le abitudini
consolidate, le immagini
della tradizione siano
escluse dagli spazi della
vita comune?
Posto nei termini che
abbiamo detto il quesito
può essere teoricamente
interessante ma non serve
per risolvere il problema
molto concreto che
riguarda un simbolo
concreto (il crocifisso),
un paese preciso
(l'Italia), un tempo
particolare (oggi).
È GIUSTO ESPORRE IL
CROCIFISSO NEI LUOGHI
PUBBLICI?
Poniamo allora la domanda
in modo concreto: è giusto
oggi, in Italia, esporre
il crocifisso nei luoghi
pubblici, nelle aule
scolastiche, nelle stanze
d'ospedale, nelle aule dei
tribunali? Il crocifisso è
un simbolo religioso, uno
dei simboli più efficaci
della religione cristiana
e certamente il più
conosciuto e amato, almeno
in Occidente. La presenza
del crocifisso nell'arte è
pervasiva: dall'arte
medievale (il crocifisso
di san Damiano), ai
crocifissi rinascimentali
(Masaccio), a quelli
spagnoli del seicento (Vela-squez)
a quelli moderni. Se uno
si muove nelle nostre
città, s'incontra
inevitabilmente con
crocifissi: nelle numerose
chiese, nelle collezioni
d'arte e nei musei,
addirittura come ornamento
anche in contesti ben poco
sacri. Come valutare
questa presenza? Che senso
ha avuto in passato
l'esposizione del
crocifisso negli edifici
pubblici? E che cosa ha
prodotto in coloro che
hanno frequentato questi
edifici? Quali riflessi ha
avuto sulla vita sociale?
E qui, mi sembra, è
necessario distinguere tra
diversi tipi di edifici:
da una parte gli uffici
pubblici -tipo Posta,
Uffici comunali o statali;
poi i tribunali,
gli ospedali, le aule
scolastiche. La
distinzione mi pare venga
dal fatto che il
significato del crocifisso
non è lo stesso in questi
luoghi diversi; e il suo
impatto sulle persone che
frequentano il luogo non è
il medesimo.
negli uffici pubblici
Negli uffici pubblici mi
sembra che il significato
sia, generalmente, il
riconoscimento
dell'importanza profonda
che la esperienza
cristiana (di chiesa) ha
avuto nella formazione
della coscienza italiana.
Esiste un articolo della
Costituzione (l'ottavo)
che riconosce e rispetta
tutte le confessioni
religiose; ma ne esiste
anche uno (il settimo) che
si riferisce in
particolare alla chiesa
cattolica: segno che il
rapporto della chiesa
cattolica con l'Italia ha
un significato particolare
a motivo, s'intende, della
storia.
Lo stato italiano non si
considera certamente
competente nel valutare il
valore delle diverse
confessioni religiose; ma
può prendere atto
dell'importanza che
storicamente la chiesa
cattolica ha avuto nella
formazione della comunità
degli Italiani.
Il crocifisso negli
edifici pubblici dice
semplicemente che gli
Italiani, nella loro
grande maggioranza, sono
cattolici e riconoscono un
legame particolare
religioso con Gesù Cristo.
Naturalmente questo
portato della storia è in
profonda evoluzione a
moti-
vo della crescente
secolarizzazione, della
molteplicità delle
confessioni religiose che
si fanno presenti sul
nostro territorio
attraverso l'immigrazione
o, più in genere, la
mobilità delle persone e
la dimensione mondiale
degli scambi. Ma fino ad
oggi la stragrande
maggioranza degli Italiani
fa battezzare i propri
figli e quindi riconosce
di essere cattolica.
La presenza del crocifisso
negli edifici pubblici
significa essenzialmente
questo. È un fatto
rispettoso della coscienza
di tutti i cittadini?
Credo di sì. In tutti gli
edifici pubblici è esposto
lo stemma della
Repubblica: ruota dentata,
ramo di quercia e ramo di
alloro intrecciati.
Ora, un edificio pubblico
può essere frequentato da
persone di convinzioni
monarchiche senza che
queste debbano sentire il
simbolo della repubblica
come lesivo della loro
convinzione; semplicemente
si trovano a vivere in una
repubblica; semplicemente
si trovano a vivere in una
comunità dove il
cristianesimo ha svolto
un'azione determinante e
mantiene una presenza
molto ampia.
Questo non costringe
nessuno a essere
repubblicano se vuole
vivere in Italia, né lo
costringe a essere
cattolico. Non vedo
obiezioni gravi; confesso,
però, che il problema non
mi scalda molto e non
vedrei problemi se questo
simbolo venisse tolto;
sarebbe solo il segno di
una secolarizzazione e di
un pluralismo maggiori di
quelli che c'erano in
precedenza.
nelle aule
dei tribunali
Diverso è invece il
significato del crocifisso
nelle aule dei tribunali.
Per spiegare quello che
vorrei dire cito da una
lezione di un eminente
penalista, l'avv. Coppi:
"Oggi è difficile trovare
con la stessa frequenza
[di un tempo] il
crocifisso nelle aule e
questo mi dispiace, e non
da un punto di vista
religioso (non faccio
affatto questione del
significato religioso del
Cristo). Io penso (invece)
che il Cristo nell'aula di
giustizia ci stesse bene
proprio perché esso è un
simbolo che ricorda come
anche un giusto possa
essere condannato ad una
pena, possa ricevere una
condanna ingiusta e
crudele. Penso che potesse
essere considerato un
simbolo di come il
processo si possa
risolvere spesso in una
farsa, possa risolversi in
un alibi utile per
nascondere la prepotenza e
la viltà del potere, la
paura che il potere ha
della verità. Sotto questo
punto di vista quella
piccola struttura, quella
innocua struttura avrebbe
potuto continuare a essere
presente nella aule di
giustizia".
Non dico che la percezione
dell'avv. Coppi sia
perfetta e universale, che
tutti coloro che
frequentano le aule dei
tribunali ricevano dal
simbolo del crocifisso il
suo stesso messaggio;
questa è problema empirico
che va risolto con l'esame
della realtà per vedere
come stanno effettivamente
le cose; per vedere, cioè,
se quel valore simbolico
che l'avv. Coppi
percepisce è percepito in
modo diffuso o no. Ma
l'interessante è il tipo
di riflessione. Non
m'interrogo sul simbolo
del crocifisso in sé ma
sull'effetto che la
presenza di questo simbolo
ha in un luogo concreto.
Tutto, naturalmente,
dipende dalla percezione
di coloro che frequentano
quel luogo: nella
fattispecie dai giudici,
dai giurati, dagli
avvocati, dagli imputati,
dal pubblico.
La domanda suona: se in
un'aula di tribunale è
presente un crocifisso, il
corso del processo che vi
viene celebrato è
alterato? O è aiutato?
Come dicevo, la risposta
dipende dalla sensibilità
delle persone. Se per loro
il crocifisso è un simbolo
ignorato, allora il
problema nemmeno si pone;
se invece è percepito,
bisogna vedere come
influisce sulla loro
immaginazione, sui loro
sentimenti e
comportamenti. Il giudice
è aiutato a giudicare bene
o è spinto ad alterare il
giudizio? L'avvocato a
parlare con verità o a
ingannare? L'imputato è
aiutato a essere sincero
con se stesso o a mentire?
La risposta a queste
domande non è astratta e
universale ma concreta e
particolare: riguarda noi,
oggi, in Italia; e
riguarda il crocifisso per
noi, oggi, in Italia.
Certo, si può dire che ci
sono altri simboli che
possono avere un
significato simile. Se
mettessimo, ad esempio, un
quadro che illustri il
processo a Socrate, anche
in questo caso il
messaggio sarebbe
prezioso.
Il motivo per cui si dice:
il crocifisso sì, Socrate
no o viceversa può
derivare solo dall'analisi
di ciò
che in concreto Socrate o
Gesù dicono o non dicono
ai protagonisti di un
processo.
negli ospedali
Per le camere d'ospedale
il ragionamento dovrebbe
procedere in modo simile.
I crocifissi ci sono non
per dire: siamo in un
ospedale cristiano, qui
comandano i cristiani. Il
senso è piuttosto: il
riferimento a Cristo,
Figlio di Dio che è
passato facendo del bene,
guarendo i malati,
perdonando i peccatori,
che ha sofferto ed è morto
per noi ha un significato
prezioso per il lavoro di
coloro che operano in
questo ospedale (medici,
infermieri, ausiliari,
volontari, personale
amministrativo) e per
coloro che in questo
ospedale sono curati
(malati).
Di fronte al crocifisso il
medico, l'infermiere che
curano i malati (se sono
credenti) possono sapere e
ricordare che non stanno
facendo semplicemente un
lavoro che ha esigenze
tecniche ma stanno
servendo la persona umana
in uno dei servizi che le
sono più necessari e
quindi stanno rendendo
culto a Dio. E, forse,
possono trovare nel
crocifisso una spinta a
fare il loro lavoro al
meglio, anche quando sono
stanchi, anche quando il
lavoro non è gratificante,
anche quando debbono
portare una pazienza
eroica e incontrano
critiche o incomprensioni.
A loro volta i malati (se
sono credenti) possono
trovare nel crocifisso un
motivo in più per portare
il
peso della malattia con
coraggio, per ritrovare
speranza, per guardare con
fiducia il futuro anche
nei momenti di
avvilimento.
Insomma: i malati ci
guadagnano o no se medici
e infermieri hanno davanti
ai loro occhi il
crocifisso? La cura dei
malati migliora o
peggiora? E i malati
trovano forza nella
visione del crocifisso o
vengono avviliti e
turbati?
Capisco la difficoltà che
può venire a un Musulmano
che trovi nella sua stanza
un crocifisso. La
difficoltà non viene dal
simbolo in sé che può
facilmente essere
accettato. Se mi dovesse
capitare di essere
ricoverato in un ospedale
indiano non mi farebbe
gran problema vedere sulla
parete un'immagine di
Ganesh o di Vishnù;
sarebbe semplicemente un
ricordo che sono in India
e, anzi, mi stimolerebbe a
pregare con maggiore
intensità il mio Dio.
Il problema del Musulmano
verso il crocifisso
dipende dal fatto che,
secondo il Corano, quello
che è morto in croce non
era il profeta Gesù ma
qualcuno che ha preso il
suo posto; il simbolo del
crocifisso è per loro,
proprio a motivo della
loro fede nel Corano,
semplicemente l'immagine
di un morto; e si capisce
che non sia gradevolissima
da vedere.
Ma credo che, in una
faccenda come questa,
debba valere la
sensibilità della grande
maggioranza. Che un
Italiano si senta
cristiano o no, non c'è
dubbio che egli riconosce
nel crocifisso Gesù
Cristo, simbolo della fede
cristiana.
nelle scuole
Più delicato, mi sembra, è
il problema del crocifisso
nelle aule scolastiche.
L'aula scolastica è
deputata all'insegnamento
e, di fatto,
l'insegnamento ha in
Italia una valenza
ideologica per cui il
cristianesimo appare come
una delle possibili
'visioni del mondo in
opposizione e conflitto
con le altre.
Paradossalmente, se il
crocifisso fosse
interpretato come simbolo
religioso, non ci
sarebbero soverchi
problemi: chi è ateo lo
guarderebbe con lo stesso
distacco con cui un
monarchico guarda il
simbolo della Repubblica e
tutto sarebbe tranquillo.
Ma il crocifisso viene
considerato come un
simbolo della
'cristianità' così come
storicamente si è
sviluppata e suscita
allora l'opposizione
risentita dei nemici
culturali della
'cristianità' che sono
tanti.
In una scuola che intende
essere 'laica' e quindi
non optare per l'una o
l'altra visione del mondo,
il crocifisso è sentito da
alcuni come una forma di
scelta ideologica. Capisco
abbastanza il problema, ma
provo a dire perché,
nonostante questo, mi
sembra che il crocifisso
abbia una valenza positiva
importante.
Tra i simboli che
contribuiscono ad
arricchire il nostro
immaginario uno dei più
belli e significativi è
l'uomo di Leonardo. C'è
tutto il rinascimento in
quel disegno: l'uomo nella
bellezza del suo corpo,
nell'armonia delle sue
membra, che si iscrive
perfettamente dentro un
cerchio, simbolo della
totalità e della
perfezione. Mettetelo
accanto al crocifisso e
immediatamente salterà
agli occhi la somiglianza
e la differenza dei due
simboli. Somiglianza: sono
entrambi la figura umana
che ci viene posta di
fronte come uno specchio
nel quale scoprire noi
stessi, la nostra identità
e dignità. Ma la figura di
Leonardo è quella
dell'uomo perfetto,
integro, il kalòs ka'gathòs
dei greci; il crocifisso è
figura di amore, di
sofferenza e di peccato,
grido di angoscia e
speranza di resurrezione.
Due concezioni abbastanza
diverse dell'uomo: una,
quella leonardiana, vede
l'uomo nella sua
completezza, vincente;
l'altra, quella del
crocifisso, lo vede nella
sua debolezza e
nell'ambiguità della sua
vita tesa tra il bene e il
male, tra la vita e la
morte.
Credo che ogni umanesimo
si ritrovi nell'uomo di
Leonardo e, da parte mia,
lo percepisco come
stupendo. Ma proprio per
questo considero una
perdita grave
l'oscuramento del
crocifisso: l'uomo di
Leonardo giustifica i
perfetti, i vincenti; e
gli altri? Non ci
rimangono molte chances
per difendere l'uomo
povero, debole, perdente;
ma è possibile costruire
una cultura sulla misura
dell'uomo forte? È giusto?
Il rischio è che il mito
dell'uomo vincente
prevalga a tutti i livelli
e non ci sia più posto,
nella società, per i
deboli; o, perlomeno, che
i deboli vengano
considerati zavorra da
sopportare. Già stiamo
andando a grandi passi in
questa direzione; se ci
viene meno anche la figura
del Figlio di Dio, uomo
crocifisso ci troveremo
tutti più insicuri. Chi ha
la percezione di essere un
'povero Cristo' capisce
cosa voglio dire. A questo
livello non siamo
nell'ambito
dell'ideologia, ma del
riconoscimento del valore
di ogni uomo, del
vincente, ma anche del
perdente.
valutare con serenità di
giudizio
Non ho delle soluzioni
assolute. Quello che ho
tentato di dire è che
forse vale la pena
impostare il problema non
come una questione di
principio da risolvere
facendo riferimento ai
massimi sistemi (laicità,
tolleranza, uguaglianza
per tutti eccetera), ma
come una questione
concreta, empirica, da
risolvere facendo
riferimento ai dati di
fatto, ai vantaggi e agli
svantaggi che l'una o
l'altra scelta producono.
E, probabilmente, la cosa
più saggia sarebbe
lasciare a coloro che
hanno la responsabilità
dei singoli luoghi di
decidere se esporre o no
il crocifisso. Il che
dovrebbero fare non
secondo i loro gusti
personali, ma valutando la
posizione delle persone
(della maggioranza delle
persone) che frequentano
quei luoghi, senza
animosità. Ma allora
bisognerebbe guardare le
eventuali decisioni con
una certa serenità, non
come se si stessero
decidendo le sorti
dell'Italia. E forse
questa serenità è proprio
quello che più ci manca.
Tratto dal supplemento a
"il Nuovo Giornale",
settimanale della diocesi
di Piacenza-Bobbio n. 3 di
venerdì 28 gennaio 2005 |