Templari di San Bernardo
Congregazione laicale cattolico-cavalleresca di ispirazione templare
 
 
 
 Preghiere
 

La preghiera

 

Prima di narrare la parabola del giudice iniquo, Luca ci fa sapere perché Cristo l’ha inserita nel proprio insegnamento: “Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre senza stancarsi” (Lc 18,1).

La preghiera cristiana, secondo questo insegnamento, ha insomma bisogno di due principali caratteristiche: essere ininterrotta; non essere soggetta alla stanchezza.

 

Ma quale stanchezza?

Cominciamo col secondo elemento: “pregare senza stancarsi”. Di che stanchezza si tratta? Certo, la preghiera esige concentrazione, lotta contro le distrazioni, in certo qual modo un affaticamento mentale. E’ questa la stanchezza di cui parla Gesù? Non ci sembra proprio. Non è in questione la stanchezza fisica o quella psicologica. Infatti, quando uno è stanco fisicamente o mentalmente, il suggerimento di Cristo è prima di tutto il riposo: cfr. Mc 6,31 e Mt 9,36.

Inoltre, se è una stanchezza di cui si può dire “non stancarti”, allora è di diversa natura da quella fisico-psichica. L’unica stanchezza di cui si può dire “non ti stancare” è infatti quella stanchezza che risulta dall’affievolimento della fede. La stanchezza che non dobbiamo avere è quella del dubbio, del cedimento interiore della certezza dell’aiuto di Dio. In tal modo la preghiera sarebbe indebolita in partenza e sterilizzata alla radice. Ecco perché se la preghiera vuole essere efficace non può e non deve essere soggetta alla “stanchezza” della fede.

 

E’ possibile pregare ininterrottamente?

Più difficile a capirsi (oltre che a farsi) ci sembra quest’altra esigenza della preghiera cristiana. Pregare ininterrottamente! Ma come si fa con tutti gli impegni che ci sommergono appena ci alziamo dal letto?

Per capire cosa sia la “preghiera continua” occorre ampliare la prospettiva sull’intera rivelazione biblica, dal momento che la preghiera ininterrotta è richiesta anche ai Patriarchi, e precisamente ad Abramo. Ci riferiamo al brano di Gen 17,1, dove incontriamo il primo insegnamento biblico sulla preghiera ininterrotta: “Io sono Dio onnipotente: cammina davanti a Me e sii integro”. Da qui comprendiamo una cosa essenziale: la preghiera non consiste nel parlare con Dio, ma nel vivere ogni istante della vita quotidiana alla sua Presenza. Questo insegnamento ritorna chiaramente nel racconto della Passione; nell’orto degli Ulivi, Gesù dice ai suoi discepoli: “La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate” (Mc 14,34). Gesù non chiede che i discepoli si mettano lì a conversare con Lui, ma chiede solo la loro presenza. Pregare significa infatti essere presenti a Colui che è Presente. In definitiva, pregare è amare. E non si ama con le parole. Nell’amore le parole esprimono “una disposizione di dono” della persona; ma talvolta può esserci la “disposizione di dono” senza le parole. Come nella vita di coppia, non sempre si parla, ma ciò che conta è la disposizione personale del reciproco dono.

Chi giunge a vivere la propria giornata “alla presenza di Dio”, si può dire che ha attuato l’insegnamento evangelico della preghiera continua, ripreso anche dall’Apostolo Paolo: cfr. Ef 6,18 e 1 Ts 5,17, ma anche nell’intendere il vivere cristiano, cioè la quotidianità, e non solo la preghiera liturgica, come un culto spirituale reso a Dio (cfr. Rm 12,1-2).

 

Quale padre darà una pietra al figlio che gli chiede un pane?” (cfr Lc 11,9-13)

Prima di parlare della preghiera, Cristo tiene a precisare chi è Colui a cui la nostra preghiera si rivolge. Al discepolo che gli chiede “insegnaci a pregare”, Gesù risponde: “Quando pregate, dite: Padre...” (11,2). Il tema della paternità di Dio è poi ripreso dopo la parabola dell’amico importuno: un uomo può anche soccorrere un amico solo per la sua insistenza, ma un padre non ha bisogno dell’insistenza dei figli, per beneficarli, perché li ama. Anche un uomo malvagio può fare del bene solo per essere lasciato in pace (Lc 18,4-5), ma al proprio figlio non darà un sasso se gli chiede del pane (11,13). Nella stessa maniera il Padre celeste dà il necessario all’uomo, ma soprattutto gli dà il regalo che in senso assoluto è necessario: lo Spirito Santo (v. 13). Ma è proprio su questo terreno che si gioca l’autenticità della preghiera cristiana. Cfr. anche 1 Re 3,5-15.

Un altro elemento di estrema importanza nell’insegnamento di Gesù è la fede che deve accompagnare la preghiera. La mancanza di fede o il tarlo del dubbio rischiano di vanificare l’efficacia della preghiera cristiana: “Se avrete fede e non dubiterete… direte a questo monte levati di lì e gettati nel mare, e ciò avverrà. Tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete” (Mt 21,21-22). E il passo parallelo di Marco: “Abbiate fede in Dio! In verità vi dico: chi dicesse a questo monte: Lèvati e gettati nel mare, senza dubitare in cuor suo ma credendo che quanto dice avverrà, ciò gli sarà accordato. Per questo vi dico: tutto quello che domandate nella preghiera abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato” (Mc 11,22.24). In altre parole, la mancanza di fede, che poi altro non è se non sfiducia in Dio, o mancanza di aspettative, come se Dio non fosse abbastanza buono o abbastanza potente da soccorrerci nelle nostre necessità, la mancanza di fede, insomma, sterilizza la preghiera che così rischia di ridursi a una vuota recitazione di formule.


 

Scudetto della Congregazione T.S.B.

 

 

   

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