Templari di San Bernardo
Congregazione laicale cattolico-cavalleresca di ispirazione templare
 
 
 
  Approfondimenti spirituali
 

 La nostra fede è basata su una tomba vuota: Cristo vive ed è vivo in noi

RISURREZIONE

1. Gesù Cristo nostro capo é risuscitato;

perché risuscitò il terzo giorno.

2. Anche noi risorgeremo.

 

1. GESÙ CRISTO, NOSTRO CAPO È RISUSCITATO; PERCHÈ RISUSCITÒ IL TERZO GIORNO.

 

- Il Vangelo parla così chiaramente della risurrezione di Gesù Cristo, ne registra così minutamente tutte le circostanze che la precedettero, l'accompagnarono e la seguirono, che il mettere in dubbio questo fatto sarebbe un negare le cose più palpabili e certe. Il negare la risurrezione del Salvatore equivale a togliere ogni fondamento alla storia, e fare dello stabilimento della religione cristiana che tutto riposa su lei, un enigma. Narra S. Matteo, che la sera stessa della morte di Gesù Cristo i prìncipi dei sacerdoti pregarono Pilato che mettesse dei soldati a custodire il luogo in cui era stato sepolto il corpo del crocifisso, perché non accadesse che i suoi discepoli, favoriti dalle tenebre, l'involassero e dessero poi fondamento a credere che si fosse avverata quella promessa data da lui ancora vivente: Dopo tre giorni risusciterò. - Non solamente ebbero dal Preside romano un drappello di soldati, ma chiusa accuratamente con un gran macigno l'entrata del sepolcro, vi apposero i suggelli. Ma contro i disegni di Dio non vale consiglio. All'alba della domenica, una spaventosa scossa fece tremare il monte; l'Angelo di Dio, dal viso di folgore e dalle vesti di neve, scese dal cielo, rovesciò il macigno che serviva di coperchio al sepolcro e vi si assise sopra. A quella vista allibite le guardie caddero tramortite al suolo. Alle donne poi che poco dopo giunsero al sepolcro, l'Angelo che ne stava a guardia, disse che non temessero per quello che vedevano, perché Gesù il quale esse cercavano non era più in quel luogo, ma era risorto, secondo che aveva predetto e loro ingiunse che andassero subito a portare la lieta novella agli Apostoli, avvisandoli che si portassero nella Galilea dove l'avrebbero veduto. Intanto le sentinelle, riavutesi dal loro sbalordimento, andarono a riferire ai principi dei sacerdoti l'avvenuto. E questi, riunitisi a deliberare, offrirono una somma di danaro ai soldati, perché dicessero che i discepoli del Nazareno erano venuti di notte e l'avevano rubato mentr'essi dormivano (MATTH. XXVII. XXVIII). Così non si poté negare la risurrezione di Gesù Cristo da coloro stessi che più avevano interesse a negarla, se non ricorrendo ad un ammasso di contraddizioni e di stolte bugie!
Infatti se le guardie dormivano, dice S. Remigio, come poterono vedere i discepoli a portarlo via? (De Resurr.). «O gli stolti! dice S. Agostino, portano per prova di quello che dicono, testimoni che dormivano! Veramente si vede che dormivate davvero voi che dopo tanto consultare, non sapeste trovare altra migliore risposta (In Psalm. LXIII)». E’ mai possibile che quei discepoli i quali ai primi rumori sollevatisi contro il loro maestro, si erano sbandati e nascosti, abbiano osato d'involarne il corpo guardato da soldati armati, posto pure che dormissero? Bell'audacia, per non dire stoltezza, ci voleva, per avventurarsi a infrangere sigilli, a rimuovere un grosso macigno in mezzo ad un drappello di guardie, fidando solo nella speranza che a quel rumore non si sarebbero svegliate! E poi com'è probabile che tanti soldati, minacciati di morte, Se lasciavano rubare il morto fidato alla loro custodia, si siano addormentati tutti a un tempo?... Certo il furto non poteva compirsi così quietamente, che non ne fosse nato tumulto tra i discepoli e le scolte. D'altronde, la risurrezione di Gesù Cristo ha per sua invincibile prova le molte e varie e tutte reali apparizioni del Salvatore, non a due, tre, o quattro persone, ma a centinaia; la sua ascensione avvenuta in presenza di una folla di gente, suggella ogni dimostrazione di quel fatto. Tutti i fedeli, tutto il Cristianesimo, e la grande solennità della Pasqua, . che da quel tempo si continuò a celebrare ogni anno, attestano incontrovertibilmente e visibilmente agli occhi dell'universo la risurrezione del Crocefisso.
Inoltre già da secoli innanzi il Signore aveva predetto, per bocca dei Profeti, questa sua risurrezione; infatti alludeva certamente a Gesù Cristo il Salmi sta, quando diceva: « Non permettere, o Signore, che il vostro santo veda la corruzione del sepolcro» (Psalm. XV, 10); e in altro luogo: «Io mi sono addormentato e fui sepolto in profondo sonno, dal quale sono risorto, perché mio appoggio è il Signore » (Psalm. III, 6). «In quel giorno, profetava Isaia, il rampollo di Iesse sarà inalberato a guisa d'insegna alla vista di tutti i popoli: tutte le nazioni accorreranno a lui, e glorioso sarà il suo sepolcro» (ISAI. XI, 10).
Chi ha resa così gloriosa la tomba di Gesù Cristo? Certamente la sua gloriosa risurrezione.
Gesù Cristo medesimo unì la sua voce a quella dei suoi profeti e nel tempo della sua vita mortale apertamente in varie occorrenze predisse la sua risurrezione, dopo tre giorni, dal sepolcro. Come Giona fu tre giorni e tre notti nel ventre del cetaceo, leggiamo che disse agli Scribi e ai Farisei; così il Figliuolo dell'uomo starà tre giorni e tre notti nel seno della terra (MATTH. XI, 40). Prenunziando poi agli Apostoli le vicende della sua passione e della sua morte, e il molto che avrebbe dovuto soffrire per parte dei magistrati, dei prìncipi e dei sacerdoti e degli scribi, finché lo avrebbero ucciso, terminò con l'aggiungere che il terzo giorno sarebbe risorto (MATTH. XVI, 21). E ancora un'altra volta disse loro: «Il Figliuolo dell'uomo deve essere consegnato nelle mani degli uomini i quali lo uccideranno, ed egli risorgerà il terzo giorno» (Ib. XVII, 21, 22). Finalmente nell'Apocalisse dice di se medesimo: «Sono stato morto ed ecco ch'io vivo nei secoli; ed ho le chiavi della morte e dell'inferno» (I, 18). Anche Osea aveva veduto e profetato la risurrezione del Messia, Il terzo giorno della sua morte (VI, 3).
Tutti gli Apostoli annunziano pubblicamente e ad alta voce proclamano, sia tra i Giudei contemporanei, sia tra le genti, la risurrezione del Crocefisso. S. Paolo per esempio scriveva ai Corinti: Il Cristo è morto, secondo le Scritture, per i nostri peccati; fu sepolto, ed il terzo giorno risuscitò. Fu prima veduto da Cefa, poi dagli undici. Dopo comparve a più di cinquecento fratelli insieme riuniti, dei quali molti sono tuttora viventi; in seguito si fece vedere a Giacomo, poi ai dodici Apostoli, ultimamente anche a me che sono dopo tutti e come abortivo; essendo io l'ultimo degli Apostoli (I Cor XV, 3-9). Ma non solamente tutti gli Apostoli videro Gesù dopo la sua risurrezione, per quaranta giorni; non solamente divulgarono la cosa ai quattro venti; non solamente l'affermarono, ma suggellarono tutti quanti la loro testimonianza col proprio sangue... La Chiesa intera ha sempre creduto e riguardato come dogma di fede la risurrezione di Gesù Cristo.
In quanto all'essere risorto il terzo giorno, non senza motivo così dispose Iddio; anzitutto perché tre giorni stette Giona nel ventre della balena. In secondo luogo perché così aveva predetto Gesù con quelle parole: «Distruggete questo tempio, ed in tre giorni io lo riedificherò; e parlava del tempio del suo corpo» (IOANN. II, 19-21). In terzo luogo per insegnarci che la croce e la morte dei fedeli non saranno di lunga durata, paragonate all'eternità beata.

 


 

2. ANCHE NOI RISORGEREMO.

 

- Udite come annunzia Davide la risurrezione generale: «Il Signore custodisce tutte le loro ossa; nemmeno uno sarà consunto» (Psalm. XXXIII, 21). Che i morti risuscitino, dice Gesù Cristo, lo dichiara apertamente Mosè con quello che riferisce come detto a lui dal Signore nel roveto ardente: Io sono il Dio di Abramo, il Dio d'Isacco, il Dio di Giacobbe. Ora Dio non è il Dio dei morti, ma dei vivi (Luc. XX, 37-38).
Intorno a questo dogma, nessuno si espresse meglio né con maggiore precisione di S. Paolo. Dopo di avere. osservato, scrivendo ai Corinzi, che il Cristo risuscitò di mezzo ai morti, primizia dei dormenti (I Cor XV, 20), così continua: Se io ho combattuto contro le fiere in Efeso, a che mi giova questo, se i morti non risorgono? Ma dirà tal uno: come mai i morti risusciteranno, o in qual corpo risusciteranno essi? Stolto, quello che tu semini, non è punto vivificato se prima non muore. E quello che tu semini non è il corpo che sarà, ma un semplice grano di frumento, per esempio, o di altra qualunque semenza. Ma Dio gli dà quel corpo che vuole, ed a ciascuna semente il proprio corpo. Così è della risurrezione dei morti; quello che è seminato nella corruzione, risusciterà nell'incorruzione; quello che si semina nell'abiezione, risusciterà nella gloria; quello che si semina nella debolezza, risusciterà nella forza; quello che si semina è un corpo animale, quello che risorgerà sarà un corpo spirituale (Ib. 42-45). Udite, mistero! Noi tutti risorgeremo, ma non tutti saremo cambiati. In un attimo, in un batter d'occhio, all'ultimo squillo della tromba, perché la tromba sonerà, i morti risorgeranno incorrotti, e noi saremo mutati. Poiché bisogna che questo corpo corruttibile vesta l'incorruttibilità, e questo corpo mortale vesta l'immortalità. E quando il corpo mortale avrà vestito l'immortalità, allora sarà compita la scrittura che dice: È stata inghiottita la morte dalla vittoria. Dov'è, o morte, la tua vittoria? dov'è, o morte, il tuo pungolo? (Ib. 51-54).
Ai Filippesi diceva: «In quanto a noi veri cristiani, la nostra vita è quella dei cieli, dande aspettiamo che venga il Salvatore e Signor nostro Gesù Cristo il quale trasformerà questo nostro vile corpo, configurandolo al suo corpo glorioso, per energia di quella potenza, con cui tiene soggette tutte le cose» (Philipp. III, 20-21). Più chiaro ancora dice ai Tessalonicesi: «Io non voglio, fratelli miei, che vai ignoriate quanto riguarda coloro che dormono, affinché non vi rattristiate (della morte dei vostri) come tutti gli altri che non hanno speranza (oltre la presente vita). Perché se noi crediamo che Gesù è morto e risuscitata, nello stesso modo ancora Iddio ricongiungerà a lui quelli che si sono addormentati in Gesù Cristo. Infatti su la parola del Signore vi dico che noi i quali siamo riservati per la venuta del Signore, non preverremo quelli che si addormentarono. Poiché lo stesso Signore, al comando ed alla voce dell'Arcangelo, ed al suono della tromba di Dio, scenderà dal cielo, e quelli che sono morti in Gesù risorgeranno i primi. Quindi noi che siamo superstiti, saremo trasportati sopra le nubi in aria con essi incontro al Signore, e così col Signore saremo perpetuamente. Consolatevi dunque scambievolmente con queste parole» (1 Thess. IV, 13-17).
Da ciò si vede come per S. Paolo la morte non è che un sonno; nel che non fa altro che ripetere le parale del divin Maestro il quale, parlando della morte di Lazzaro (e sì che era morto davvero, perché da quattro giorni stava chiuso nel sepolcro) non la chiama con altro nome che di sonno, dal quale andava a svegliarlo (IOANN. XI, 11). Così si espresse anche quando risuscitò la figlia di Giairo; così l'Evangelista parlando di quei molti i quali alla morte di Gesù sorsero dai sepolcri e ritornarono in vita, dice: «I sepolcri si aprirono, e molti corpi di santi che vi dormivano, risuscitarono» (MATTH. XXVII, 52). Da questa credenza ne venne l'uso presso i nostri padri di chiamare i cimiteri col nome di dormitori, e i Greci chiamano dormizione la morte dei cristiani. Noi risusciteremo ad esempio di Gesù Cristo e per questi due titoli: 1° perché Gesù Cristo è stato uomo simile a noi, ed è morto come moriamo noi; 2° perché Gesù Cristo è nostro capo ed ha posto in noi, come suoi membri, le virtù della risurrezione.
La fede nella risurrezione ci attestano i Patriarchi, i Profeti, i più illustri personaggi dell'antichità. «Le vostre ossa si rianimeranno come l'erba al tepido soffio della primavera», scrive Isaia (LXVI). «Io li strapperò alle mani della morte, dice il Signore per bocca di Osea; o morte, io sarò la tua morte!» (OSE. XIII, 14). «Quelli che dormono nella polvere della terra, si sveglieranno, leggiamo in Daniele, gli uni per la vita eterna, gli altri per l'obbrobrio, affinché se lo vedano sempre dinanzi» (DAN. XII, 2). «Oh! io so, esclamava Giobbe, che il mio Redentore vive, e che io nell'ultimo giorno mi rialzerò dalla terra. Vestirò di bel nuovo la mia carne, ed in questa carne mia vedrò il mio Signore. Sì, lo vedrò proprio io stesso, e lo contemplerò con questi occhi medesimi; sarò io e non un altro: questa speranza porto riposta nel mio cuore» (IOB. XIX, 25-27). Non si poteva dire cosa né più vera, né più precisa, né più chiara.
Questa speranza della risurrezione è stata anche quella che sostenne il coraggio dei giovani Maccabei, martirizzati dal re Antioco; infatti, uno di essi, essendo agli estremi, disse: «Certamente, o uomo perverso, tu ci fai morire alla vita presente, ma il re del mondo ci risusciterà». - Un altro, mentre già stava spirando, disse: «Dal cielo ricevetti questo corpo; ora per le leggi del Signore lo sacrifico, perché spero che egli me lo restituirà». - Un terzo, prima di dare l'ultimo respiro, disse: «Buona e dolce cosa è, per quelli che aspettano di essere risuscitati dal Signore, il morire; ma non per te che non risusciterai alla vita» (II Mach. VII, 14).
Gesù Cristo ci risusciterà, perché egli non ha fatto la morte, che anzi l'ha uccisa con la sua morte... I nostri corpi risorgeranno, 1° perché Dio lo vuole e lo ha detto...; 2° perché il nostro corpo è una porzione di noi medesimi...; 3° affinché i nostri corpi o partecipino alla ricompensa delle anime nostre, se concorsero al merito; o dividano il castigo con l'anima, se delle iniquità furono complici...

Da Totus Tuus – paginecattoliche.it - Vita - Vita interior: I TESORI DI CORNELIO A LAPIDE: Risurrezione


 Scudetto della Congregazione T.S.B.

 

 

   

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