San Bernardo di Clairvaux e la sua 
                          visione dei Templari
                          
                          
                          di Goffredo Viti (+) , Ordine Cistercense 
                          
                          
                          
                          
                          
                          Questo breve intervento vuole rimarcare, senza dire 
                          nulla di nuovo, quali furono i rapporti tra san 
                          Bernardo e l’Ordine dei Templari nei primi decenni di 
                          vita.
                          Le informazioni che qui riporto hanno come riferimento 
                          bibliografico i seguenti testi:
                          Guy de Valous, Quelques observations sur la toute 
                          primitive observance des Templiers et la Regula 
                          Pauperum commilitonum Christi Templi Salomonici, in 
                          Mélanges Saint Bernard, XXIV congrès de l’association 
                          bourguignonne des sociètes savantes, Dijon 1953, pp. 
                          32-40;
                          Patrice Cousin, Les débuts de l’Ordre des Templiers et 
                          saint Bernard, in Ibidem, pp. 41-52;
                          Opere di san Bernardo, a cura di Ferruccio 
                          Gastaldelli, vol. I, Milano 1984, Liber ad milites 
                          Templi. De laude novae militiae. Per i cavalieri del 
                          Tempio. Elogio della nuova milizia, introduzione, 
                          traduzione e note di Cosimo Damiano Fonseca, pp. 
                          425-483;
                          Opere di san Bernardo, a cura di Ferruccio 
                          Gastaldelli, voll. VI/1 e 2, Milano 1986 e 1987, 
                          Lettere, parte 1 Lettere. 1-210 e 211-548;
                          Opere di san Bernardo, a cura di Ferruccio 
                          Gastaldelli, vol. I, Milano 1984, De consideratione ad 
                          Eugenium Papam. La Considerazione a Eugenio papa, 
                          Introduzione di Pietro Zerbi, Traduzione e note di 
                          Ferruccio Gastaldelli, pp. 725-939;
                          Georges Bordonove, La vita quotidiana dei Templari nel 
                          XIII secolo, Milano 1989;
                          Aa. Vv., I Templari. Una vita tra riti cavallereschi e 
                          fedeltà alla chiesa. Atti del primo convegno «I 
                          Templari e san Bernardo di Chiaravalle», Certosa di 
                          Firenze, 23 -24 ottobre 1992, Certosa di Firenze 1995.
                          
                          
                          
                          
                          I fatti dal 1119 al 1127
                          
                          
                          I primi dati riguardanti la storia dei templari prima 
                          del 1128 ci sono offerti da Guglielmo di Tiro[1]. 
                          Egli ci riferisce che verso la fine del 1119 o 
                          l’inizio del 1120 il cavaliere Hugo di Payens decise 
                          di unirsi ad altri sette pii cavalieri, giunti a 
                          Gerusalemme come lui per combattere a favore di Cristo 
                          e formare una comunità religiosa impegnata alla difesa 
                          dei pellegrini e precisamente con lo scopo di 
                          garantire loro sicurezza lungo il viaggio ed il 
                          passaggio tranquillo dei punti d’acqua contro le 
                          incursioni dei ladroni e le insidie dei briganti[2]. 
                          Di comune accordo essi prestarono obbedienza al 
                          patriarca di Gerusalemme Garimond ed emisero nelle 
                          sue mani i voti religiosi di castità, obbedienza e 
                          povertà e si impegnarono a vivere secondo la Regola di 
                          Sant’Agostino[3]. 
                          Il re Baldovino concesse loro parte del Tempio detto 
                          comunemente il palazzo di Salomone[4] 
                          I compagni di Hugo di Payens furono: Goffroy de 
                          Saint-Omer, Goffroy Bisson, Roland, Payen de 
                          Montdidier, Archambaud de Saint Amand, André de 
                          Montbard e Gonthemar.
                          Intorno al 1125 il Conte Ugo di Champagne si reca per 
                          la terza volta in Terra Santa e diventa templare. 
                          Nella lettera 31[5] 
                          san Bernardo si congratula con Ugo per aver 
                          abbracciato la milizia sacra e ricorda i benefici 
                          concessi a Clairvaux:
                          «Se per grazia di Dio sei diventato da conte soldato e 
                          povero da ricco che eri, in questo mi congratulo con 
                          te, com’è giusto, e in te glorifico Dio, sapendo che 
                          «questo è mutamento della destra dell’Eccelso… Potrei 
                          scordare l’antico affetto e i benefici che hai 
                          prodigati con tanta larghezza alla nostra casa?… 
                          Quanto a me, e per quanto è in me, io non essendo 
                          affatto ingrato, tengo conficcato nella memoria il 
                          ricordo della tua munificenza…».
                          Prima del 1128 i Templari non avevano una propria 
                          regola scritta. Comunque la tradizione orale, 
                          scrupolosamente conservata, permetterà ai 
                          rappresentati dell’Ordine di fare una esatta e 
                          dettagliata relazione ai padri del concilio riunitosi 
                          a Troyes l’11 gennaio 1128.
                          
                          
                          
                          I fatti del 1128
                          
                          
                          Il 1128 fu caratterizzato principalmente dalla 
                          celebrazione del concilio di Troyes. L’opera del 
                          concilio, per quanto riguarda l’approvazione 
                          dell’Ordine dei Templari, non fu rivoluzionaria, 
                          rispetto all’esperienza vissuta nel decennio 
                          precedente, e lo stesso san Bernardo e gli stessi 
                          padri del Concilio tennero in debita considerazione 
                          l’esistenza degli usi praticati anteriormente al 1128. 
                          Il prologo della regola approvata a Troyes ci offre 
                          delle espressioni, dovute ai redattori, che ci 
                          chiarisce molto bene il contesto e lo spirito dello 
                          stesso concilio:
                          «Deo duce in unum convenimus, et modum et observantiam 
                          equestris oridinis per singula capitula ex ore ipsius 
                          magistri Hugonis audire meruimus… quod nobis videbatur 
                          bonum et utile, collaudavimus, quod vero nobis 
                          videbatur absurdum vitavimus»[6].
                          Una attenta lettura della Regola, approvata al 
                          Concilio di Troyes, ci potrebbe permette di 
                          controllare quali siano i punti che si riferiscono 
                          maggiormente alla Regola di sant’Agostino e quali 
                          derivanti dalla Regola di san Benedetto.
                          
                          
                          
                          I templari nell’Epistolario di san 
                          Bernardo
                          
                          
                          Oltre la lettera 31 del 1125 e di cui già abbiamo 
                          accennato, tra le Lettere di san Bernardo ne troviamo 
                          altre otto che in qualche modo si riferiscono ai 
                          Templari.
                          Lettera 175. Indirizzata nel 1130 a Guglielmo di 
                          Messines, patriarca di Gerusalemme. Il patriarca gli 
                          aveva scritto diverse lettere e, finalmente Bernardo 
                          si decide a rispondergli in modo molto amichevole e 
                          gli raccomanda i cavalieri templari:
                          «…Vi prego di dirigerei vostri occhi sui cavalieri del 
                          Tempio e di aprire le viscere della vostra così grande 
                          pietà a così valorosi difensori della Chiesa. Sarà 
                          gradito a Dio e piacevole agli uomini che voi 
                          manifestiate il vostro favore a chi ha offerto la 
                          propria vita a difesa dei fratelli»[7].
                          
                          
                          Lettera 206. 
                          scritta probabilmente intorno al 1140 e indirizzata 
                          alla Regina di Gerusalemme, Melisenda. In questa 
                          lettera, Bernardo raccomanda alla Regina un proprio 
                          consanguineo:
                          «Gli uomini hanno udito che ho presso di voi un 
                          tantino di benevolenza, e molti che sono in procinto 
                          di partire per Gerusalemme chiedono di essere 
                          raccomandati da me a vostra Eccellenza. Fra questi vi 
                          è questo giovane mio consanguineo, un giovane, come mi 
                          dicono, molto valoroso e di buon carattere…»[8].
                          
                          
                          Lettera 288. 
                          Inidirizzata nel 1153 a suo zio Andrea di Monrbard, 
                          fratello della madre di Bernardo Aleth. Andrea, 
                          attraverso il matrimonio del fratello Gauderico si 
                          imparentò con la famiglia di Ugo di Payens, fondatore 
                          dei Templari. Sebbene viene ricordato da Guglielmo di 
                          Tiro tra i primi compagni di Ugo di Payens sembra che 
                          divenne Templare in Terra Santa solo intorno al 1129 e 
                          salì i gradi gerarchici fino a diventare Gran Maestro 
                          verso il 1153. Avendo saputo che Bernardo era 
                          gravemente malato, scrisse al nipote per manifestargli 
                          l’intenzione di venirlo a trovare. La lettera 288 è la 
                          risposta di Bernardo alle premure di Andrea:
                          «…Che abbondanza ricava l’uomo “dall’immensità del 
                          lavoro con cui si affatica sotto il sole”? Perciò 
                          eleviamoci sopra il sole e la nostra considerazione 
                          riguardi i cieli, facendo ascendere in anticipo la 
                          nostra mente là dove ci troveremo in seguito col 
                          corpo. Lì, mio Andrea, lì è il frutto della tua 
                          fatica: lì sarà la tua ricompensa. Tu militi sotto il 
                          sole ma a servizio di chi s’erge sopra il sole. Pur 
                          militando qui, aspettiamo la ricompensa di lassù. La 
                          retribuzione della nostra milizia non proviene dalla 
                          terra, non si trova qui giù: “di lontano, dagli 
                          estremi confini giunge il premio”. Sotto il sole c’è 
                          povertà; l’abbondanza è al di là del sole… Da un lato 
                          desidero che tu venga, dall’altro lo temo»[9]
                          (Bernardo teme che l’assenza di Andrea «maxima 
                          columna» del territorio di Gerusalemme, possa 
                          risultare dannosa per i cristiani della Palestina 
                          esposti agli attacchi dei musulmani).
                          
                          
                          Lettera 289. 
                          Scritta nel 1153 alla Regina Melisenda esortandola sul 
                          modo di comportarsi ora che il marito è morto, 
                          sostenendo la parte di vedova virtuosa di fronte a Dio 
                          e di Regina di fronte agli uomini. Ma non manca un 
                          passaggio riservato ai Templari:
                          «…Per fortuna è intervenuto Andrea, mio carissimo zio 
                          materno, al quale non posso non credere, che con un 
                          suo scritto mi ha comunicato notizie migliori, che 
                          cioè tu ti comporti in pace e con mansuetudine, che 
                          avvalendoti dei più saggi governi rettamente te e il 
                          tuo stato, che ami e consideri tuoi familiari i 
                          fratelli del Tempio, e che cerchi di porre destramente 
                          e provvidamente rimedio ai pericoli che incombono 
                          sulla tua terra, secondo la saggezza fornitati da Dio 
                          e valendoti dei migliori consigli ed aiuti»[10].
                          Lettera 354. Lettera scritta tra il 1143-1144, sempre 
                          alla Regina Melisenda, figlia del Re Baldovino e 
                          moglie di Folco d’Anjou. Essendo morto il marito, la 
                          consiglia sul modo di comportarsi nella reggenza del 
                          figlio. Non tocca il mondo templare[11].
                          
                          
                          
                          Lettera 355. 
                          Scritta nel 1141, ancora alla Regina Melisenda per 
                          raccomandarle alcuni monaci premonstratensi che si 
                          sono recati in pellegrinaggio a Gerusalemme. Non parla 
                          di Templari.
                          «…Se non erro, li troverete (questi monaci di 
                          Premontré) uomini pieni di saggezza, “accesi nello 
                          spirito, pazienti nelle tribolazioni”? altamente 
                          capaci nelle opere e nelle parole. Si sono rivestiti 
                          dell’armatura di Dio e hanno impugnato la spada dello 
                          Spirito, che è il verbo di Dio, non per “squarciare 
                          carne e sangue, ma contro le malefiche forze 
                          spirituali che insidiano il Cielo”»[12].
                          
                          
                          
                          Lettere 392 e 393. Entrambe scritte 
                          nel 1138 e dirette a Rodolfo, patriarca di Antiochia 
                          esortandolo a nutrire soprattutto sentimenti di 
                          umiltà. Non parlano dei Templari[13].
                          
                          
                          
                          Liber ad milites templi. De laude novae 
                          militiae[14]
                          L’incontro ufficiale di Bernardo con la Fraternitas 
                          dei Cavalieri del Tempio avvenne in occasione del 
                          Concilio di Troyes nel 1128 quando, tutto lascia 
                          supporre con il suo determinante aiuto, venne redatta 
                          la Regola che, nella redazione definitiva, avrebbe 
                          trasformato il gruppo spontaneo dei milites, già 
                          votato alla pratica penitenziale, in Ordine vero e 
                          proprio.
                          Il trattato fu scritto, dietro insistenza del gran 
                          Maestro Ugo di Payens, con ogni probabilità, tra gli 
                          anni 1132-1135.
                          
                          
                          
                          Il nuovo Cavaliere
                          Il cavaliere templare, secondo il progetto di san 
                          Bernardo è un monaco-guerriero, un laico-cavaliere, 
                          nello stesso tempo legato al mondo religioso e al 
                          mondo profano, inserito a diverso titolo nell’«Ordo 
                          monachorum» e in quello «laicorum» rappresenta, sempre 
                          secondo la visione di san Bernardo, un nuovo tentativo 
                          di trasferire la vita laicale nell’alveo della 
                          struttura tipicamente monastica[15].
                          Fu proprio su questi binomi che si inserì l’intervento 
                          di Bernardo preoccupato di dare strutture monastiche 
                          ai milites Christi, impegnati nella guerra santa 
                          contro gli infedeli, nella vigilanza al Sepolcro di 
                          Cristo, nella protezione ai pellegrini in viaggio 
                          verso i Luoghi Santi.
                          A Troyes è visibile la mano dell’abate Bernardo. Al 
                          nudus nudum Christum sequi, si aggiungeva per i 
                          Cavalieri del Tempio l’altro ideale Christum ducem 
                          militum sequi. La sequela Christi diventa un perfetto 
                          modello di vita, simile per molti versi a quello 
                          delineato da Bernardo per i suoi monaci. Non a caso la 
                          concessione del mantello bianco, pur emblematica del 
                          suo valore nella proiezione escatologica della scelta 
                          templare, accostava l’abito del cavaliere del Tempio a 
                          quello del monaco di Cîteaux.
                          Su questa componente monastica della vocazione 
                          templare Bernardo si intratterrà proprio nella stesura 
                          del trattato De laude novae militiae. Questo trattato 
                          più che espressione dell’orientamento dell’abate di 
                          Clairvaux a favore della guerra, rappresenta, invece, 
                          il più compiuto tentativo di verifica della 
                          originalità della vocazione templare colta nei suoi 
                          contenuti ascetici e in consapevole contrapposizione 
                          tra i valori della militia Dei e quelli della militia 
                          saeculi.
                          La struttura del De laude novae militiae[16]
                          Il trattato, dopo la lettera dedicatoria a Ugo di 
                          Payens, si articola in tredici capitoli, di cui i 
                          primi quattro hanno carattere sistematico in quanto 
                          finalizzati a delineare l’istituto della nova militia, 
                          quella templare, contrapponendola alla militia 
                          profana:
                          
                          
                          
                          Prologo
                          
                          
                          I. Esortazione ai cavalieri del Tempio
                          II. La cavalleria secolare
                          III. La nuova cavalleria
                          IV.Il comportamento dei Cavalieri del Tempio
                          Il quinto capitolo, indugia, in chiave simbolica sul 
                          nome della sede dell’Ordine
                          V. Il Tempio
                          Gli altri otto capitoli costituiscono un itinerario 
                          attraverso i principali Luoghi Santi (Betlemme, 
                          Nazareth, il monte degli Ulivi e la valle di Giosafat, 
                          il Giordano, il Calvario, il Sepolcro, Betfage, 
                          Betania) con lo scopo di consentire un approfondimento 
                          dei valori teologico-mistici sottesi sia al nome che 
                          agli eventi connessi alle singole località.
                          Il De laude novae militiae nell’intenzione di Bernardo 
                          non è un testo celebrativo, ma esortativo, indirizzato 
                          a dare aiuto ai novi milites contro l’hostilem 
                          tirannidem, il nemico per eccellenza, di cui gli 
                          infedeli sono solo simbolo e figura.
                          Le caratteristiche di questa nova militia sono 
                          individuati da Bernardo su un duplice piano, quello 
                          della professio monastica ( combattere contro il 
                          demonio e il peccato che si annidano continuamente 
                          nell’animo di ciascuno di noi) e quello della lotta 
                          contro il nemico terreno, incarnazione del demonio. 
                          Emerge così la figura del monaco-cavaliere, cioè di 
                          colui che combatte e, vincitore o vinto che sia, è 
                          destinato a ricevere il premio: l’alloro del trionfo o 
                          la corona del martirio. Queste prospettive non fanno 
                          temere al Templare neppure la morte.
                          A questo punto Bernardo coglie in negativo il 
                          significato della saecularis militia, cioè della 
                          cavalleria profana, succube del peccato, fautrice 
                          della guerra ingiusta, superba, vanitosa, effeminata, 
                          iraconda, vanagloriosa, avida. L’insistenza sugli 
                          aspetti negativi della saecularis militia apre a 
                          Bernardo il passaggio obbligato per mettere in 
                          evidenza il carattere della nova militia che non teme 
                          di peccare uccidendo il nemico e non ha paura della 
                          morte, in quanto ha la certezza della grazia del 
                          Signore, anzi considera un segno privilegiato della 
                          grazia lo stesso martirio. San Bernardo avverte il 
                          bisogno di giustificare l’immagine di un monaco che 
                          pur combatteva e uccideva. A questo punto Bernardo, 
                          senza non lieve imbarazzo, introduce il concetto del 
                          malecidio. l’uccisione del nemico nella guerra contro 
                          i pagani non fa che contribuire ad eliminare il male 
                          dal mondo, e far trionfare il bene sul male e sul 
                          peccato. Bernardo ritiene che sarebbe meglio non 
                          uccidere nessuno, nemmeno i pagani, nonostante che in 
                          questo periodo non sia proibito dalla morale cristiana 
                          il ricorso all’uso legittimo delle armi.
                          Comunque Bernardo tenta di offrire i connotati 
                          caratteristici dei Cavalieri del Tempio, in netta 
                          antitesi con quelli della cavalleria profana: la fuga 
                          dall’ozio, l’obbedienza totale, la modestia del 
                          tratto, la prudenza del combattimento, la continenza, 
                          la rinunzia al lusso, specialmente all’opulenza del 
                          vestiario e alla ricercatezza degli ornamenti. Tutti 
                          questi atteggiamenti costituiscono i tratti più 
                          autentici di una profonda e radicale conversio del 
                          cavaliere votato alla milizia di Cristo[17].
                          
                          
                          
                          Il significato della «Peregrinatio» in 
                          Bernardo
                          
                          
                          Lo specifico della «conversatio»[18] 
                          templare per Bernardo è la radicale revisione di 
                          vita accompagnato da una forte carica soteriologica. 
                          Anche in questo caso Bernardo si esprime su un duplice 
                          livello, quello della ricerca di Gerusalemme connessa 
                          alla «peregrinatio» verso la città Santa e più ancora 
                          quello della conquista della grazia di Dio e il 
                          possesso del regno dei Cieli attraverso la stessa 
                          «peregrinatio» in Terrasanta. Proprio su questo 
                          duplice binario si colloca l’itinerario ai Luoghi 
                          Santi che Bernardo inculca ai Templari. Questo 
                          itinerario, in definitiva, è un pretesto per suggerire 
                          un ben altro cammino, quello della continua ricerca di 
                          Dio, attraverso alcuni punti nodali della storia della 
                          Salvezza.
                          Betlemme offre suggestive riflessioni sul mistero 
                          dell’Incarnazione; Nazareth sull’attesa messianica; il 
                          monte degli Ulivi e la valle di Giosafat sulla 
                          misericordia e sulla giustizia di Dio; il Giordano sul 
                          Battesimo; il Calvario e il Sepolcro sull’evento 
                          centrale del cristianesimo costituito dalla 
                          Redenzione, dalla Morte e dalla Resurrezione del 
                          Signore; Betfage sulla necessità della purificazione 
                          attraverso la penitenza; Betania sull’obbedienza.
                          In questa prospettiva la scelta di far professione 
                          templare diventa un vero « Itinerarium mentis et 
                          cordis in Deo» alla ricerca di una Gerusalemme 
                          interiore, dove, debellato il male, la morte e il 
                          peccato, il monaco-cavaliere incontra il Cristo, e 
                          questo incontro tende a giustificare la sua intera 
                          avventura umana.
                          
                          
                          
                          Conclusione
                          Al termine di questa brevissima esposizione ritengo 
                          che sia quanto mai utile qualche riflessione 
                          conclusiva.
                          Rispetto all’intera produzione letteraria di Bernardo, 
                          lo spazio riservato ai Templari è veramente esiguo. 
                          Alcune lettere e un trattato la cui portata storica è 
                          forse ancora da analizzare. L’attenzione di Bernardo 
                          verso i templari forse va vista e compresa anche nel 
                          contesto di un intreccio di rapporti familiari e 
                          amichevoli. Lo zio di Bernardo Andrea di Montbard è un 
                          del primo nucleo di cavalieri Templari: Il matrimonio 
                          del fratello Gauderico lo imparentò con Ugo di Payens, 
                          fondatore dei Templari. Infine, il conte Ugo di 
                          Champagne, grande benefattore di Clairvaux, ma 
                          soprattutto di Trois-Fontaines, nel 1125 diventa 
                          anch’egli templare.
                          Alla vigilia del Concilio di Troyes, celebratosi nel 
                          1128, tra i Templari, che non sono ancora molti, ben 
                          tre e di grande spicco, sono legati a Bernardo, due 
                          con parentela ed un con profonda amicizia. Ancora non 
                          si conosce con esattezza il reale contributo di 
                          Bernardo alla causa Templare sia nell’approvazione 
                          dell’Ordine che nella stesura della prima Regola, 
                          approvata proprio nello stesso Concilio di Troyes. 
                          Nonostante la presenza, non casuale, di Bernardo al 
                          Concilio, la massima attenzione di Bernardo nei 
                          confronti dei Cavalieri del Tempio si riscontra nel 
                          trattato Per i Cavalieri del Tempio. Elogio della 
                          nuova Milizia. A dispetto del titolo, il trattato non 
                          è da considerarsi un testo celebrativo, ma esortativo. 
                          Dal testo e dal contesto si ricava che Bernardo ha 
                          inteso esporre un ideale di vita. L’analisi degli 
                          avvenimenti concreti nella storia di questo Ordine 
                          cavalleresco che ha avuto solo 185 anni di vita ci 
                          potrà dimostrare fino a che punto l’ideale tracciato 
                          da Bernardo sia stato realmente inteso, compreso e 
                          tradotto nel vissuto quotidiano. 
                          
                          
                          Certosa di Firenze, 10 maggio 2001
                          P. Goffredo Prof. Viti, O. Cist.Docente di Storia 
                          Medievale e ModernaFacoltà Teologica dell’Italia 
                          Centrale
                          
                          
                          
                          
                          
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                          [1] G. di 
                          Tiro, Belli sacri historia, libro 12, cap. 7.
                          [2] Ibidem, 
                          «Prima autem eorum professio, quodque eis a domino 
                          patriarcha et reliquis episcopis in remissionem 
                          peccatorum iniunctum est : ut vias et itinera, maxime 
                          ad salutem peregrinorum, contra latronum insidias, pro 
                          viribus conservarent».
                          [3] Ibidem, 
                          «In manibus domini patriarchae, Christi servitio se 
                          mancipantes, more canonicorum regularium, in castitate 
                          et obedientiae, et sine proprio velle perpetuo vivere 
                          professi sunt».
                          [4] Ibidem, 
                          «Quibus quoniam neque ecclesia erat neque certum 
                          habebant domicilium, rex in palatio suo, quod secus 
                          templum Domini ad australem habet, eis ad tempus 
                          concessit habitaculum: Canonici vero Templi Domini 
                          plateam, quam circa praedictum habebant palatium, ad 
                          opus officinarum quibusdam conditionibus 
                          concesserunt::: Qui quoniam juxta templum Domini, ut 
                          praeduximus, in palatio regio mansionem habent, 
                          fratres militiae templi dicuntur». Anche Giacomo di 
                          Vitry, nella sua Historia orientalis, Libro I, cap. 65 
                          riferisce in modo analogo: «Est praeterea Hierosolymis 
                          templum aliud immensae quantitatis et amplitudinis, a 
                          quo fratres militiae templi Templarii nominantur, quod 
                          templum Salomonis nuncupantur, forsitan ad 
                          distinctionem alterius, quod specialiter templum 
                          Domini appellatur»
                          [5] Opere di 
                          san Bernardo, Lettere, ed. F. Gastaldelli, vol. VI/1, 
                          Milano 1986, pp. 160-161.
                          [6] Regula 
                          pauperum commilitonum Christi Templi Salomonici, 
                          Prefatio, II.
                          [7] Opere di 
                          San Bernardo, Lettere, vol. VI/1, cit., pp. 738-739.
                          [8] Ibidem, 
                          pp. 882-883.
                          [9] Opere di 
                          San Bernardo, Lettere, vol. VI/2, cit., pp. 258-261.
                          [10] Ibidem, 
                          pp. 262-265.
                          [11] Ibidem, 
                          pp. 410-413.
                          [12] Ibidem, 
                          pp. 412- 415.
                          [13] Ibidem, 
                          rispettivamente pp. 508-513 e 512-519.
                          [14] Opere di 
                          san Bernardo, a cura di Ferruccio Gastaldelli, vol. I, 
                          Milano 1984, Liber ad milites Templi. De laude novae 
                          militiae. Per i cavalieri del Tempio. Elogio della 
                          nuova milizia, introduzione, traduzione e note di 
                          Cosimo Damiano Fonseca, pp. 425-483.
                          [15] Ibidem, 
                          pp. 429-431.
                          [16] Ibidem, 
                          pp. 433-434.
                          [17] Ibidem, 
                          p. 433.
                          [18] Ibidem, 
                          pp. 433.434.