Templari di San Bernardo
Congregazione laicale cattolico cavalleresca di ispirazione templare
 
 
 
  La Congregazione
 

 

31 ottobre e 1 - 2 - 3 - novembre 2013

 

Capitolo Generale

di Tutti i Santi

 
Monastero di San Sosio Martire
Falvaterra - Frosinone

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La Battaglia
cui siamo chiamati
 

«Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura»: sono le parole dette da Gesù Risorto agli Undici, riportate in Mc 16,15. E' questa la missione affidata loro, Chiesa primitiva, poco prima che Cristo fosse assunto in Cielo e sedesse alla destra di Dio. «Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la Parola con i prodigi che l'accompagnavano».
E' questo dunque ciò che Cristo chiede a chiunque intenda porsi alla Sua sequela: non di compiere imprese, non di stupire con opere mirabolanti, non di meravigliare con gesti prodigiosi. Ma di andare ed annunciarLo. Il che comporta tre passaggi fondamentali.
Innanzi tutto, l'andare. E l'andare in tutto il mondo. Non Lo si annuncia, standosene fermi, immobili, chiusi nelle proprie case. Occorre muoversi, percorrere tutte le strade, incontrare il nostro prossimo.
Poi il predicare. Ciò che il Beato Giovanni Paolo II chiamò «nuova evangelizzazione». E' interessante andare alle origini di tale definizione, capire dove fu coniata e perché. Per la prima volta Papa Wojtyla parlò di «nuova evangelizzazione» il 9 giugno 1979 a Nowa Huta, il quartiere industriale di Cracovia, divenuto famoso per la lotta dei credenti contro il comunismo. Nowa Huta era stata progettata come una città senza Dio, un complesso abitato totalmente privo di simboli religiosi e senza chiesa. Gli operai però si ribellarono, sfidarono l'ideologia e si riunirono, per erigere una Croce, la prima Croce. Ciò scatenò la reazione della dittatura, ne nacquero contrasti, scontri. Ma, subito dopo quella Croce, si riuscì a costruire anche la prima chiesa, frutto -come disse Giovanni Paolo II- del sudore e della resistenza di quegli operai. Anche noi oggi siamo chiamati ad erigere, a levare in alto, verso il Cielo, quella Croce. Anche noi oggi siamo chiamati a costruire con le nostre mani, col nostro sudore e con il nostro sangue quella Chiesa. Saranno inevitabili le incomprensioni, le ostilità, gli scontri. Come a Nowa Huta. Ma, alla fine, come sottolineò l'allora Pontefice, «dalla Croce di Nowa Huta è cominciata la nuova evangelizzazione: l'evangelizzazione del secondo millennio». Ovvero, di questo nostro millennio, quello in cui siamo, in cui ci troviamo, che stiamo vivendo. Chiamati ad un compito specifico.
Compito, fatto non di parole vuote, di astrazioni, di teorie, di concettualizzazioni, di sociologie, per quanto sottili, per quanto logiche, per quanto calzanti. Ciò che occorre oggi, ciò che serve, ciò che urge è predicare il Vangelo.
Nell'Enciclica Redemptoris Missio, il Beato Giovanni Paolo II bene spiegò come il Regno di Dio non sia «un concetto, una dottrina, un programma soggetto a libera elaborazione», ma sia «innanzi tutto una persona, che ha il volto ed il nome di Gesù di Nazareth, immagine del Dio invisibile» (n. 17).
Infine, terzo passaggio importante, occorre predicare il Vangelo ad ogni creatura, senza limiti, senza confini. Non sta a noi prevenire, giudicare, programmare, selezionare, scegliere. Occorre annunciare Cristo a tutti. Accogliere o meno la Sua Parola sarà poi eventualmente compito di chi La riceva e della sua coscienza.
Il 18 aprile 2005, alla S.Messa pro eligendo Romano Pontifice, l'ancora Card. Ratzinger affermò a chiare lettere: «Dobbiamo essere animati da una santa inquietudine, di portare a tutti il dono della fede, dell'amicizia con Cristo. In verità, l'amore, l'amicizia di Dio ci è stata data, perché arrivi anche agli altri. Abbiamo ricevuto la fede per donarla ad altri. E che il nostro frutto rimanga». Ed ancora tratteggiò un pericolo incombente, come cioè si andasse «costituendo una dittatura del relativismo, che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie. Noi, invece, abbiamo un'altra misura: il Figlio di Dio. 'Adulta' non è una fede che segue le onde della moda e l'ultima novità: adulta e matura è una fede profondamente radicata nell'amicizia con Cristo».
Ciò, non in quanto santi, perfetti o semplicemente migliori. Marco, nel suo Vangelo, poco prima del brano citato, precisa come Gesù sia apparso agli Undici, rimproverandoli «per la loro incredulità e durezza di cuore». Dunque, Egli sa bene di rivolgersi a gente retta ma fragile, buona ma debole, facile all'inciampo, alla caduta. Ciò cui guarda, tuttavia, è il fatto che siano pronti a pentirsi, a chiedere perdono ed a rialzarsi. Non vuole santini, chiama i peccatori, consci d'esserlo e pronti alla conversione, pronti a seguirLo. Ora sappiamo come seguirLo voglia dire annunciarLo.
Quale situazione si presenta oggi ai nostri occhi ed ai nostri cuori? Essa è stata ben tratteggiata e delineata nella Nota dottrinale su alcuni aspetti dell'evangelizzazione, emanata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede il 3 dicembre 2007, voluta ed approvata da Papa Benedetto XVI. Vi si legge: «Si verifica oggi una crescente confusione, che induce molti a lasciare inascoltato ed inoperante il comando missionario del Signore: “Andate e fate diventare miei discepoli tutti gli uomini del mondo, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28,19)». Tale confusione è una tentazione ancor più pericolosa in un tempo quale l'attuale, in cui si è «sviluppata una cultura, che costituisce la contraddizione in assoluto più radicale non solo del Cristianesimo, ma delle tradizioni religiose e morali dell'umanità», come ebbe ad evidenziare già il primo aprile del 2005, l'allora Card. Ratzinger nel corso della conferenza tenuta a Subiaco sul tema «L'Europa e la crisi delle culture». Di più e di peggio: ricorderete la drammatica meditazione dello stesso Card. Ratzinger in occasione della Via Crucis al Colosseo nel Venerdì Santo 2005, pronunciata poche ore prima della morte di Giovanni Paolo II. In quell'occasione colui che di lì a poco sarebbe divenuto Benedetto XVI ebbe a dire, anzi a tuonare: «Non dobbiamo pensare anche a quanto Cristo debba soffrire nella sua stessa Chiesa? Quante volte la Sua Parola viene distorta e abusata! Quanta poca fede c'è in tante teorie, quante parole vuote! Quanta sporcizia c'è nella Chiesa!». Niente di nuovo sotto il sole: già San Bernardo di Chiaravalle ebbe a scrivere: «Maledette siano le volpi, che vengono a devastare la vigna del Signore!». Ed ancora, commentando il Cantico dei Cantici ai confratelli di Clairvaux, ebbe a dire in un sermone: «La recente devastazione della vigna fa vedere che c'è stata la volpe; ma capisco con quale arte nel fingere questo astutissimo animale riesca a confondere le impronte, di modo che un uomo non possa facilmente scoprire di dove esca. Si vede l'effetto, non appare l'autore. La conosceremo dai suoi frutti. Quel che è certo è che il danno alla vigna prova la presenza della volpe». Anche oggi il danno alla vigna è evidente: ignoranza della propria fede, indifferenza, secolarismo, relativismo, materialismo dilagano. Dunque, c'è la volpe.
Come cacciare la volpe? Torniamo alle fonti. San Bernardo scrisse a Ugo di Payens, Maestro della Milizia di Cristo: «E' senza dubbio impavido e sicuro su tutti i lati quel Cavaliere, che riveste il corpo della corazza di ferro, l'anima della corazza della fede; munito di ambedue le corazze, non teme né demonio, né uomo. E neppure teme la morte, egli che anzi aspira a morire: e che cosa infatti potrebbe temere, nella vita o nella morte, colui per il quale il vivere è il Cristo e il morire un guadagno? Avanzate dunque sicuri, o Cavalieri, e con animo intrepido respingete i nemici della Croce di Cristo! Siate certi che né la morte, né la vita potranno separarvi dall'amore di Dio che è nel Cristo Gesù». Del resto, che «Militia est vita hominis super terram» è scritto nel Libro di Giobbe (Gb 7,1).
Le circostanze, le urgenze, le emergenze del tempo presente ci chiamano allora ad uscire da questo Capitolo, consci di avere un compito preciso, una missione impellente, un dovere chiaro: far nostro l'annuncio della nuova “Crociata”, lanciato dalla stesso Benedetto XVI in modo specifico ed esplicito nel Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale del 2008. L'appello, benché sfuggito ai più, fu chiaro e più di una semplice esortazione: «Vorrei invitarvi a riflettere sull'urgenza di annunciare il Vangelo anche in questo nostro tempo. Il mandato missionario continua ad essere una priorità assoluta per tutti i battezzati». Per tutti i battezzati. Anche per noi. Soprattutto per noi.
Che non siamo chiamati alla carità materiale, pur non essendone esonerati per la nostra salvezza personale. Altri lo fanno in nome di Cristo, sosteniamo piuttosto le loro opere. Ciò che altri non fanno, dar aiuto e conforto spirituale e pastorale, pregare e predicare è esattamente ciò da cui occorre ripartire: dalla S.Messa, dai Dieci Comandamenti, dal Catechismo, senza dare nulla per scontato, poiché nulla ormai lo è più. Decenni di relativismo hanno scosso la Barca di Pietro sin nelle fondamenta, corrotto le coscienze, inquinato i cuori, indotto l'ignoranza. Ciò richiede di convertirci e di convertire.
Combattiamo per la Barca di Pietro la Buona Battaglia, cui San Paolo ci chiama: «Ho combattuto la Buona Battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede» (II Tm, 4, 7). Lo scorso 29 giugno lo stesso Papa Francesco, rivolgendosi agli Arcivescovi metropoliti cui ha imposto il pallio, si chiese: «Di quale battaglia si tratta? E' la battaglia del martirio. San Paolo ha un'unica arma: il messaggio di Cristo e il dono di tutta la sua vita per Cristo e per gli altri. Ed è proprio l'esporsi in prima persona, il lasciarsi consumare per il Vangelo, che lo ha reso credibile ed ha edificato la Chiesa». Allora, forza! Facciamo nostra questa battaglia. Facciamo nostra quest'arma. Annunciamo Cristo ovunque. Nella rettitudine dei nostri cuori, purificati dalla preghiera quotidiana, il Signore saprà indicarci gli strumenti ed i modi migliori, per farlo.

 

fra' Mauro Faverzani


Scudetto della Congregazione T.S.B.

 

 
   

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